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mercoledì, dicembre 31, 2008

Viaggio in Sicilia (ottava parte)


Faccio un salto in avanti di un paio di giorni, così mi è dato modo di fare gli Auguri di Buon Anno ai miei Affezionati Lettori. In particolare a Nessie, che, pur in vacanza, ha avuto modo di far capolino da queste parti, per fare gli auguri a tutti noi del Gruppo.

Auguri particolarmente utili e graditi, stando alle fosche prospettive che pare si debbano dover attendere gli abitanti della Terra.
Dunque. Qui a Milano, oggi splendeva il sole come quel giorno di San Silvestro là a Palermo. Ma qua, dopo le nove è sparito, avvolto da una coltre di nubi, mentre là aveva dominato per tutto il giorno. Eravamo arrivati a Palermo il giorno prima, provenienti dalla Valle dei Templi di Agrigento, ed avevamo preso alloggio in quell'albergo di via Errante, diretto da una persona squisitamente dai modi affabili e gentili: un gentleman, forse d'altri tempi. Ci mise subito a nostro agio. Non c'era più posto nel garage interno, fece allora portar fuori la vettura di qualche suo dipendente, facendovi alloggiare la nostra.

Palermo, in quegli anni, non era molto raccomandabile, per via del "comportamento" "poco civile" di alcuni suoi abitanti; così lui ci evitò "spontaneamente" un "pericolo", e ci diede pure preziose informazioni per come muoverci e comporarci all'interno della città. In poche parole: ci fu molto prezioso.

Ci spostammo a piedi, quel pomeriggio, per le vie del centro della Palermo Vecchia. Una città multicolore e multicolormente variopinta. Camminavamo guardinghi, seguendo i preziosi consigli dell'albergatore, ma eravamo estasiati alla vista di una moltitudine di negozi multivariegati, tra i quali ve n'era uno stuolo di quelli che vendevano i classici dolcetti siciliani e i souvenir di quella magica terra di sicilia: carrettino siciliano, e scacciapensieri (marranzano), in primis. Saltavamo da un lato all'altro delle vie, per non perderci neanche una vetrina. E' assai probabile che qualcuno mi abbia anche sentito esclamare: Oh bej, Oh bej; dalla ragazza di fianco a me, no, perchè all'epoca non spiccicava una sola parola di milanese.

La sera del giorno del nostro arrivo a Palermo, a nanna presto, come pure la sera dopo, quella di San Silvestro di ventotto anni fa. San Silvestro: come oggi qui a Milano.
Niente veglione di Fine d'anno. I botti, che a Palermo sono particolarmente fragorosi, ce li eravamo goduti da sotto le coltri. Eravamo reduci dai quei quattro giorni nel ragusano che ci avevano "spossato" e ci avevano sconvolto la cironferenza addominale. Colei, che mi accompagna da quei giorni, ci tiene molto a "quella misura circonferenziale", e, per tenerla sotto controllo, fin d'allora, la prima operazione mattutina è quella di procedere alla "pesatura". E devo dire che, in tutti questi anni, ha saputo mantenersi costante come allora. Questione di carattere: tosto, orgoglioso e puntiglioso, come è tipico dei siciliani veraci.

E, in aggiunta, quella sera di San Silvestro, prima del rientro, obbligo di santa messa in Cattedrale. Officiava il Cardinale Salvatore Pappalardo, lo stesso che ho rivisto ieri sera (personalmente lui, e non un attore) nella fiction televisiva "Il Capo dei Capi", su Canale5. Nel rivederlo mi sono commosso, pensando a quella sera di ventotto anni fa, in quella splendida Cattedrale.

Alla fine della funzione religiosa, il Cardinale si era intrattenuto un poco a fraternizzare con i presenti, sfilando poi via in mezzo a loro, affiancato e seguito da uno stuolo di alti prelati abbigliati a tutta festa.
Passò proprio di fianco a noi, sfiorandoci e benedicendoci.
Foto in alto: Cattedrale di Palermo. Da Wikipedia. Per ingrandire, cliccare sulla foto.

martedì, dicembre 30, 2008

Viaggio in Sicilia (settima parte)

Vigeva, in quella parte della Sicilia, ma credo esista tuttora, come credo esistesse ed esista da altre parti dell'Isola, e non solo, l'usanza di dare sfoggio o pubblicità dello stato di avanzamento del proprio status sociale.
Le case di quei parenti, che visitammo in quei giorni, presentavano tutte la particolarità d'avere il doppio di tutto, escluse le camere da letto: doppia cucina, doppio bagno, doppia sala soggiorno. E il "doppio" era mantenuto assai bene: lindo, pulito, immacolato: serviva solo per e in caso di ospiti di riguardo, fuori dal comune, che non fossero i frequentatori abituali della casa.
M'era così capitato d'intravedere, in quella che per loro era diventata un'usanza popolare, una sorta di gara sommersa a chi facesse meglio; a chi riuscisse meglio a ristrutturare, modificare, arredare, arricchire la propria casa.
Ecco, se voi volete pensare al termine "mafioso", così per come l'aveva coniato Gesualdo Bufalino, proprio per gli abitanti del ragusano, e immediati dintorni, questa, che era una manifestazione di sfoggio per darsi importanza, può darvene esattamente l'idea.
Del "mafioso" qui veniva dato a colui o coloro che davano largo sfoggio del proprio maggior benessere acquisito. Non era rado sentire che di notte, furtivamente qualcuno scendesse nelle strade a misurare la lunghezza dell'auto del vicino, perchè, in occasione del proprio acquisto, o cambio di vettura, l'avrebbe scelta purchè fosse di lunghezza maggiore.

I doppioni di servizi, e quantaltro, erano solitamente dislocati nel piano fuori terra, al primo piano e, a volte, in altri piani più in alto. E, nonostante fosse una zona povera d'acqua "comunale", questa non mancava e scorreva normalmente: ciascuno s'era creato ampi e invisibili serbatoi d'acqua piovana sui tetti.

In una casa come queste, avvenne quel mio pranzo di Natale 1980, e lì vi trascorremmo quattro giorni e quattro notti, nonostante il nostro intendimento fosse stato ben altro: visitare tutti i luoghi magici della Sicilia.

Lì scoprii la cordialità e l'affettuosità siciliana. All'indomani del già ricordato pranzo all'aperto all'aranceto, nel Circolo del paese, locale di ritrovo dove solitamente avvengono i "discorsi" e i "dibattiti" tra la gente del posto e fuori posto, fu improvvisato uno spettacolo musicale, per far vedere a me, venuto dal nord, come ci si divertiva da quelle parti. G. e N., cugini della mia "accompagnatrice di viaggio", si misero uno alla tastiera e l'altro alla batteria, ma non disdegnarono neanche fisarmonica, tamburelli e lo "scacciapensieri", antico strumento musicale, siciliano per antonomasia. Scoprii che erano artisti provetti. Frammiste alle canzoni in italiano, con altri elementi del loro gruppo band diedero sfoggio della loro eccezionale bravura, interpretando motivi del loro repertorio, sia in italiano che in siciliano, ma soprattutto antichi e vecchi brani del folclore siciliano (sciuri, sciuri - vicchi nà crozza - e altri a me completamente sconosciuti e difficilmente rammentabili).

Per questo ed altri imprevisti "contrattempi", dovemmo limitare il tempo da dedicare alla visita dell'Isola. Fummo costretti a brevi e fugaci "salti" nei luoghi e località cui avremmo voluto dedicare più tempo. Fu così per la Valle dei Templi, il Palazzo dei Normanni, la Cattedrale e il Centro di Palermo, il Duomo e il Chiostro di Monreale e il Parco della Favorita con il Monte Pellegrino e la "Conca d'Oro".

Poichè ci tenevo molto, riuscimmo a dedicare più tempo a Siracusa: lo avevamo raggranellato sottraendolo alle escursioni dei tre giorni precedenti.

Ma, "tutto il resto", tutte le altre "ricchezze" dell'Isola, dovettero essere "tagliate" via.

lunedì, dicembre 29, 2008

Viaggio in Sicilia (sesta parte)

Anche per arrivare al paese "della meta", avevamo due possibilità: scender giù dritto, passando da Niscemi, per poi prendere la statale 115 sicula meridionale, oppure, tagliar di traverso e andar per Comiso. Optai per la seconda alternativa, anche perchè, a Niscemi ci sarei dovuto andare comunque: per un'ambasciata, un impegno, un incarico dovuto a scambio di cortesie. E poi, la via di traverso era anche la più breve, anche se più zigzagata, e con frequenti saliscendi; al contrario dell'altra, che da Niscemi è quasi una lenta discesa unica verso il mare.
Arrivammo, dopo che nel luogo dove eravamo attesi, i ragazzi si erano alternati sul balcone, di vedetta, per vederci arrivare. E fu G. a scorgerci, lanciando subito "l'allarme" ai tre fratelli e agli altri quattro della famiglia.
E qui, serve una divagazione per descrivere quelle case e quel paese.
L'avo, per parte femminile della mia "presentatrice" in quella casa, era uno di quelli che, da quelle parti, si sarebbe detto che "se l'era passata bene". Aveva avuto un'attività di commercio all'ingrosso, con annesso forno e vendita di pane e pasta, nonchè di ogni altro ben di Dio che potesse essere tale in quel suo periodo. Era anche stato un tipo molto intraprendente, tanto che aveva anche una piccola impresa edile. Aveva avuto cinque figlie femmine e un solo maschio, al quale andò l'impresa familiare. Alle cinque figlie, come si usava, e come forse si usa tuttora da quelle parti, era, e forse lo è ancora, quasi d'obbligo fare o lasciare in dote alle figlie una casa, per quanto grande o piccina essa fosse.
Si dà il caso che, in quel paese, nelle estreme vicinanze del centro storico, "colui" possedesse un ampio terreno edificabile. Pensò bene, allora, di costruirvi cinque case, ognuna per ciascuna figlia. E, di fronte al loro ingresso, fece in modo che il Comune vi costruisse una "grande strada", che non esisteva, cedendogli l'area necessaria. La strada divenne il proseguimento di un'altra già esistente, e dalla quale era separata da un'altra più larga, posta di traverso a loro, perpendicolarmente, che poi è quella che costituisce il Corso principale del paese, e conduce dritti al Castello.
Quel Castello, di cui ho già raccontato, nei secoli passati era appartenuto alla dinastia dei Principi Biscari, "padroni" della Sicilia Orientale, per antichissima nomina Imperiale.
Il Castello era per lo più abitato dal Barone, che ne era il custode unico responsabile, e al Principe doveva rispondere "in tutto e per tutto", essendo questi il "padrone indiscusso" di tutte le terre.

In una di quelle cinque case, la prima, posta in fondo della "grande strada nuova", avvenne la fine di quel nostro lungo viaggio d'andata.
Erano le 13,30 del giorno di Natale 1980.
Allegato: Grand Tour

Viaggio in Sicilia (quinta parte)

Ho trovato gli appunti di quel viaggio "modificato strada facendo", di 28 anni fa, conservati nell'Atlante Automobilistico 3, del Touring Club Italiano. Se fossimo scesi dal Traghetto Napoli-Palermo, anzichè arrivare in Sicilia via auto (ed entrando da Messina), per arrivare alla meta avremmo dovuto percorrere 240 km. Così, invece, ne avevo già percorsi 600, da Napoli a Catania, e me ne restavano ancora 100 o 130 (a seconda dell'itinerario) da percorrere. Inoltre, facendo l'autostrada che transita da Buonfornello, Caltanissetta ed Enna, sarei uscito a Mulinello e, diretto a Piazza Armerina, che avrei trovato nel mio tragitto verso Gela, avremmo sostato alla celebre Villa Romana del Casale, per ammirarne gli antichi mosaici romani. Ma non fu così, e me li sono persi per sempre: chi ci va ora fin là per ammirarli? Dal centro di Palermo a Piazza Armerina ci sono solo 163,3 chilometri di comoda autostrada e superstrada (nel tratto dopo Mulinello); il fatto è che prima devi arrivare a Palermo, da qualunque parte del mondo in cui ti trovi.

Ma ora ero a Catania, e dovevo arrivare fino a sud della Sicilia, sul litorale. Avevamo due alternative: arrivarci passando da Caltagirone, oppure da Vizzini. Scegliemmo la prima, dove la strada è più lunga, ma forse più veloce, e senzaltro più panoramica. La soluzione più corta, ce la saremmo riservata per il ritorno.

La Catania - Caltagirone è detta strada a scorrimento veloce, ma solo 2 km lo sono dichiaratamente, al contrario della Catania-Vizzini che ne ha 13. In compenso, però, quella per Caltagirone riserva ben 23 km di strade panoramiche (e lo sono veramente, perchè li ho provati), mentre l'altra ne ha solo 11. Da Caltagirone alla meta, ci sarebbero stati altri 24 km di strade panoramiche, al contrario dell'altro itinerario che, da Vizzini alla meta non ne avrebbe più riservati.

Vado ai ricordi di 28 anni fa.

Lo scorrimento, in ogni caso veloce, di quella strada per Caltagirone, era dovuto al fatto che non incontrammo un solo semaforo, un dare la precedenza, uno stop: precedenza assoluta su tutto il tragitto. Ce lo dissero, che avremmo fatto presto, e, quel ritardo di un'ora, sul ruolino di marcia, fu dovuto all'incantesimazione procuratici dai paesaggi.

C'è da premettere che in tutti quei 55 km, dal ponte Buttaceto secondo, fuori Catania, fino al
ponte Dattaino, prima del bivio per Gela, incontrammo rare macchine: forse 20, 30, 40, comunque poche. Rispetto a me, che ero abituato agli ingorghi perenni di Milano, fu già come toccare il cielo con un dito. Poi, vi erano da contemplare i panorami della campagna, completamente diversa da quella ammirata fino a due giorni prima, qui al nord.

Il terreno, e le zolle, fresche di aratura e forse semina, nonostante fosse pieno inverno mi apparivano come bruciate dal sole, come, forse, in pieno agosto qui da noi, al nord, nei periodi di forte siccità. Radi animali scarni al pascolo, brulicavano la scarsa erba. Era un aspetto abbastanza desolante, quello che ci appariva in prossimità di Caltagirone, il cuore della Sicilia, ma veramente unico, per chi non vi è abituato.

Entrati per breve tratto in città, percorremmo forse il viale Principe Eugenio, perchè fui veramente stupito nel vedere, dopo tutto quel terreno "bruciato dal sole", un lungo viale costeggiato da enormi alberi di eucalipto, lussereggianti di foglie sempreverdi in pieno inverno.

Quel lieve timore che mi aveva pervaso a Catania, mi prese anche lì a Caltagirone, ma mi passò subito perchè mi rincuorò il fatto che sapevo che in quella città era nato Don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano.

domenica, dicembre 28, 2008

Viaggio in Sicilia (quarta parte)

Natale 1980, eravamo a Catania, quella mattina. Il sole sfavillante e il cielo terso: sarebbe stata una gran bella giornata.
Ci avviammo frettosolamente verso il luogo d'appuntamento, ma una piccola deviazione me la volli concedere, prima di indirizzarmi verso la Strada Statale 417, più popolarmente nota come Strada ad Alto Scorrimento Catania-Gela.
Volevo passare davanti al Teatro Massimo "V.Bellini".

Vincenzo Bellini, catanese, è stato uno dei forse dieci più grandi musicisti, che hanno reso immortale l'opera lirica italiana nel mondo. Nelle sue opere, c'è molto della sua terra: ha inserito brani dell'antico folklore siciliano, trasformandoli in sinfonie, melodie ed arie di incomparabili bellezza. Ne è esempio eloquente la sinfonia d'apertura di Norma, poi richiamata varie volte, nel corso di svolgimento dell'opera.
Avanzavo ed ammiravo la struttura cittadina, ma con una certa circospezione. Sentivo uno strano disagio. Non era più come l'aria di "casa mia", l'aria della Milano operosa. Quella stessa aria che aveva respirato anche Catania negli anni '60, e in quasi tutti i '70. Non era più la Milano del Sud. Definizione che era stata coniata per lei, a motivo dell'operosità "onesta" della città. Ora, la Piovra aveva allungato i suoi tentacoli anche da quelle parti, ed aveva infranto il sogno di tanti miei connazionali, i quali avevano tanto sperato nella "rinascita" siciliana, operabile attraverso il possibile contagio del "buon esempio" che le sarebbe potuto venire dai catanesi. Purtroppo, non era stato così: ce lo ha insegnato la storia degli ultimi trent'anni. E ora, si spera tanto nel possibile mutamento "d'abitudini" degli isolani.
Imboccai finalmente quel tratto di Strada Statale, e, di mano in mano che ci allontanavamo dalla città, l'aria ci diventava meno greve: c'inoltravamo verso la provincia babba, quella di Ragusa.

Viaggio in Sicilia (terza parte)

Per ragioni diverse, ma convergenti, ambivamo molto a quel viaggio: lei, per ricalcare il suolo natio e riabbracciare i consanguinei, io, per ammirare dal vero i luoghi favoleggiati della Sicilia: Castello di Eurialo e Valle dei Templi, in modo particolare.
Di quei Luoghi, me ne aveva parlato, con enfasi e particolari da favola, un caro collega che, negli anni '60, vi aveva fatto il suo viaggio di nozze. Favoleggiare su Eurialo e Niso, e Archimede, e gli Specchi Ustori, e le navi Romane ancorate nel mar Egeo, di fronte a Siracusa, sotto quel promontorio dove si ergeva la Fortezza, per quel mio collega fu un tutt'uno, ed era stato di gran lunga il suo argomento preferito di divagazione, per lungo tempo.
E quella sera della vigilia di Natale 1980 avevamo entrambi fretta di arrivare a quelle mete "diverse, ma convergenti".
Poichè la traversata da Reggio sarebbe stata più lunga, e l'attesa per il traghetto, ancor più lunga, tornammo a Villa San Giovanni e c'imbarcammo sul traghetto delle FF.SS. Stranamente, non c'erano code, e arrivammo all'imbarco, e posizionati sulla nave in un baleno. Dopo mezz'ora eravamo di là dallo Stretto. Erano da poco passate le 19.
Iniziava il tragitto dei sogni e delle favole.
L'arrivo dalla parte sicula-orientale, non era stato previsto nè preventivato, e quindi dovemmo andare alla ventura.
Scartammo risolutamente Taormina e Giardini Naxos, che ritenavamo proibitivi per le nostre tasche e ci avviammo senza indugio verso Catania.
Eravamo entrambi sfiniti, quando arrivammo a Giarre. L'insegna di un albergo dall'aspetto economico ci consigliò una sosta di perlustrazione. C'era posto, ma ne uscimmo quasi subito, dopo che l'albergatore ci aveva fatto visionare la stanza e il bagno, che era in comune con altre stanze, era dislocato in una zona molto angusta dell'edificio ed era alquanto obsoleto. Non ricordo più il nome di quella sorta di albergo, che si trovava sulla statale per Catania, ma, me ne ricordo ancora di lui, per quei particolari che, se fosse ancora così, lo renderebbero poco consigliabile.
Non fu facile trovare posto quella sera di Vigilia, e questo mi riporta alla mente San Giuseppe e la Madonna quando non trovarono posto in nessun albergo o locanda di Betlemme.
Ci fermammo ad un Motel, e lì trovammo posto. Era rimasta solo la suite presidenziale, che costò un occhio della testa, ma che valse la pena per una serie di particolari non da poco. Tra i quali c'era che, la mattina di Natale, svegliati da un sole caldo e sfavillante, i cui raggi penetravano violentemente dalle intercapedini delle tapparelle, non perfettamente abbassate, ci fecero scoprire di aver alloggiato in riva al mare, ai bordi, e quasi a ridosso di un porticciolo nel quale stavano ancorate innumerevoli barche di pescatori, multidipinte.
Eravamo forse in un luogo come quello descritto da Verga nei Malavoglia?
Non avevamo tempo di indagare, anche perchè altrimenti non sarei ripartito senza aver fatto una serie di foto del posto. E s'era fatto molto tardi, e dovevamo ancora percorrere più di cento chilometri per arrivare all'appuntamento delle ore 13, per il pranzo collegiale di Natale.
(Per notizie sul Castello di Eurialo: http://www.ibmsnet.it/siracusa/eurialo.html
e Archimede: http://it.wikipedia.org/wiki/Archimede
e I Malavoglia: http://it.wikipedia.org/wiki/I_Malavoglia
Nota: esattamente 100 anni fà avvenne il Terremoto di Messina.

(segue)

sabato, dicembre 27, 2008

Viaggio in Sicilia (seconda parte)

Quella volta, il Natale era venuto di giovedì, come quest'anno: era il 1980. I cinque ponti infrasettimanali, con le due feste più importanti, Natale e Capodanno, che cadevano a metà settimana e l'Epifania, di martedì, ci avevano consentito di realizzare quel suo sogno, senza intralciare più di tanto l'attività lavorativa di équipe: lei, collaboratrice nella sua azienda di famiglia; io, produttore per una nota Cartiera.

I preparativi per la casa andavano a rilento e un imprevisto ci costrinse a rinviare di due giorni l'inizio di quel viaggio. Lunedì 22 sarebbe stata necessaria la mia presenza in "cantiere"; lo slittamento mi obbligò così a cancellare la tappa di Firenze, a cui avrei tenuto moltissimo. Lei non ne fù contrariata, perchè a Firenze c'era già stata.

Alle 15 di martedì 23 varcammo il casello di Melegnano. La giornata era splendida, come quella che c'è oggi, qui a Milano. Ero alla guida di un'Alfa Romeo "Giulietta 1600", in "perfetto assetto di guida", avuta in prestito. Per me, che fino a un'ora prima ero stato abituato a condurre una Fiat 127 e, prima ancora, ero stato possessore di due Fiat 500, non avrei abbastanza parole adatte per descrivere i pregi di quella favolosa (a dir poco) macchina Alfa Romeo. Maneggevolezza ed elasticità e sicurezza di guida, che, secondo il mio parere da "profano", sono ancor oggi ineguagliabili da un qualsiasi modello in commercio. Fino a Bologna, non feci altro che decantarne i pregi.

In quelle condizioni di spirito e di "situazione generale" il viaggio si preannunciava sotto i migliori auspici. Sosta di qualche ora, tra Firenze e Roma, per essere alle sette dell'indomani mattina al Porto di Napoli, dove avevamo in programma il traghettamento per Palermo. Ma il viaggio, fin lì, era stato confortevole; non c'era neve o ghiaccio sulle strade, solo un pò di umido, che si sarebbe dissolto ai primi raggi del sole; la visibilità era ottima. Con pochi minuti di ragionamento scartammo la soluzione del Traghetto Tirrenia per Palermo e ci inoltrammo verso l'autostrada in direzione di Reggio Calabria. Aveva inizio un tratto di percorso che non era stato previsto, ma del quale non avrei dovuto perdere la possibilità per fare due soste: alla Certosa di Padula e, a Reggio, per ammirare cosa fosse quel chilometro più bello d'Italia decantato da Gabriele D'Annunzio.

La Certosa di Padula, in quel periodo, mi era parsa come in uno stato di pietoso abbandono. Da dietro le reti di protezione, avevamo scorto cumuli di macerie che sembravano abbandonate là. A dare speranza sulla sua rinascita, s'intravvedeva, però, un certo fervore per lavori di restauro che, forse, erano stati iniziati da poco tempo. Se dovessi tornare oggi sul posto, resterei senzaltro stupito nel vedere come quei lavori, che sembravano andare assai a rilento, hanno riportato fascino, poesia e pace e raccoglimento spirituale che erano propri di quella splendida, austera, rinomata località. Coloro che, del mio nord, ne avessero sentito parlare in termini appropriati, ne venivano attratti come una calamita. Era stato proprio il caso mio.

Per tappe forzate, perchè la stanchezza cominciava a farsi sentire, e al contrario della mia compagna di viaggio, che non vedeva l'ora d'arrivare alla sua terra natia, ripresi a malinquore il viaggio e, dopo aver percorso il lungo rettilineo sopraelevato dell'autostrada calabra, senza quasi accorgerci arrivammo in vista dello Stretto. C'era ancora un sole caldo, e, a segnalarci il suo approssimarsi, prima ancora della vista fu l'odorato: l'aria cominciava ad essere impregnata del "profumo di mare". Sorbendo i rimbrotti di colei che mi stava seduta di fianco, con la scusa di voler prendere un traghetto delle linee private, anzichè quello delle FF.SS, deviai, uscendo dall'autostrada per dirigermi verso il Lungomare di Reggio: avevo sentito parlare, con enfasi, del Chilometro più bello d'Italia. Non volevo perdermelo.

Erano circa le 17 della vigilia di Natale, c'era rimasta ormai poca luce, ma ne volli approfittare comunque, per ammirare la sponda siciliana, vista "dall'al di quà dello Stretto", anche se il motivo principale fu quello che ho detto. La definizione di chilometro più bello d'Italia fu coniata da Gabriele D'Annunzio durante una sua visita sul posto, dopo che quel tratto di lungomare era stato ricostruito, a quanto si diceva molto bello, in seguito al devastante terremoto del 1908.

Ma anche questo, al pari della Certosa di Padula, mi aveva fatto vedere segni di un certo decadimento, che non erano meritori di quella fama acquisita negli anni '20. E soltanto più tardi, in seguito ai lunghi e costosi lavori di completamento e ammodernamento, avvenuti dopo il 1980 - anno in cui sono avvenuti i fatti di cui scrivo - sarebbe venuto a splendere della bellezza di cui il turista attuale può godere.
Il lungomare reggino, ben più lungo dei mille metri ai quali ci fa pensare la definizione, è talmente bello che, nel 2005, l'organizzazione del Giro d'Italia, vi fece partire quell'edizione, mostrando così, al mondo intero, i lavori fatti per riportare ai fasti uno degli angoli d'Italia fra i più belli e suggestivi d'Europa.

(segue)



Le foto sono di proprietà Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Lungomare_Falcomat%C3%A0 , e Certosa di Padula, e verranno cancellate qualora ce ne proibisse l'uso. Sono attuali e, ad esempio il Lungomare, che vedete, non è come lo vidi il tardo pomeriggio del 24 dicembre1980.

venerdì, dicembre 26, 2008

Viaggio in Sicilia

Era una giornata di sole, splendida e soleggiata come questa, con la differenza che oggi, dietro una lieve foschia, vedo le alpi innevate e il Pirellone, dalle finestre di casa mia; allora, ero intento a contemplare una larga distesa di lunghi filari di aranci carichi del loro frutto dolce-agrumoso, dalla buccia arancio carico: i migliori in assoluto.
Mi trovavo a 1500 km d'auto da dove sono oggi.
Vicino a quel casale, sotto il cui bel porticato abbiamo pranzato, all'aperto, quasi in maniche di camicia, scorreva lento e sonnacchioso il fiume Dirillo: ero in Val di Noto. Il Castello lì vicino, proprietà dei Principi Paternò, aveva ospitato, circa 160 anni prima, il poeta inglese George Gordon Byron, e, 33 anni prima di lui, Johann Wolfgang von Goethe.

Programmai quel viaggio, settimane prima, insieme a colei che è diventata la compagna della mia sorte. Ci teneva tanto a presentarmi alla folta schiera di coloro che mi sarebbero poi diventati zii e cugini.

All'epoca del mio viaggio, vi era, in quella parte sud orientale della Sicilia, la provincia siciliana detta "babba"; e ancor oggi, forse, è chiamata così.
Della provincia Babba aveva una grande conoscenza Leonardo Sciascia, ma colui che ne ha dato la miglior definizione è stato Gesualdo Bufalino, che di lei ha scritto:

"a Comiso come in tutta la contea - fino a pochi anni addietro "mafioso" era soltanto un aggettivo: ad esaltare le qualità di qualcuno o qualcosa. Che non è differenza da poco, tra quella sicilia in cui "mafioso" è sostantivo, e di criminale sostanza, e questa in cui - senza i giornali, la televisione e i libri - ancora sarebbe un vago aggettivo. Nella contea insomma è ancora possibile cogliere qualche reliquia della serenità del vivere, del toccare a momenti - fuggevolmente, con tenerezza e rimpianto il giusto della vita. "Affè mia, qui più sicuri corsero i tempi" - direbbe il marchese di Villabianca. »"

Eravamo nel pieno degli anni di fuoco del "Capo dei Capi", e, tutti coloro che in quegli anni visitavano l'isola, lo facevano col grande timore di vedersi trovati coinvolti in una delle battaglie sanguinarie da lui ingaggiate. Guerra tra bande, e guerra allo Stato, che noi abbiamo conosciuto dal vivo e che sembrava non avesse mai fine. I più giovani, invece, stanno imparando a conoscerla, oggi, attraverso la mirabile fiction televisiva che Mediaset ha realizzato allo scopo, accollandosene critiche, onori ed oneri.

(segue)

mercoledì, dicembre 24, 2008

Per Amore, solo per Amore

Col messaggio augurale natalizio, Sarcastycon ha pubblicato la foto di un suo quadro raffigurante la Sacra Famiglia. Come in tutti i quadri di questo genere, che sono posti solitamente nelle stanze di riposo, sopra le testate dei letti (usanza risalente ai secoli scorsi e che ora pare si stia perdendo), San Giuseppe è raffigurato come un uomo molto attempato, al limite dell'anzianità decrepita. Maria, al contrario, è dipinta nella sua bellezza fatta di candida purezza.

Ed è proprio nella figura della Madonna che più si concentrava l'arte espressiva del pittore; neanche tanto nel Bambino Gesù, che, della Sacra Famiglia, era forse il più facile da raffigurare.

Maria, che, per poterne raffigurare adeguatamente la bellezza sovrumana, spirituale, avrà fatto letteralmente "impazzire" chissà quanti pittori.

Ma perchè al suo fianco mettevano quasi sempre la figura di un uomo anzianotto, se non proprio vecchio; sicuramente acciaccato, per via di quel bastone che, quasi immancabilmente, gli ponevano tra le mani?

Suppongo si sia dato libero sfogo alla fantasia.

A me piace raffigurare San Giuseppe con pochi più anni di Maria: forte e robusto, prestante e aitante, ben visto e anche, perchè no, bello e supercorteggiato dalle donne. Proprio così come lo raffigura Pasquale Festa Campanile nel suo romanzo "fantasiosamente storico" Per Amore, solo per Amore (Premio Campiello 1984).

Però, nella trama del romanzo, fantasiosamente storico, non sarei mai andato oltre, con quell'aggiunta di "particolari un pò piccanti", che invece avrei evitato, per non rovinare il valore intrinseco dell'opera. Avrei mantenuto ugualmente la bellezza, in chiave quasi fiabesca, di tutti gli antefatti relativi alla narrazione storica della Natività, senza però "andare oltre".

Quell'eccessivo volersi addentrare nella particolarità di certi episodi, che descrivono l'immagine del Padre putativo di Gesù quasi fosse uno strapazza donne incallito, finchè non sposa Maria, ha un pò "rovinato" il "candore" che tutti i cristiani si attenderebbero da un opera che tratta, se pur in chiave quasi fiabesca, la genesi del Cristianesimo.

Penso di intravvedere, nella trasposizione cinematografica del regista Giovanni Veronesi, il tentativo di smussare quelle parti considerabili "blasfeme" - dove Campanile potrebbe essersi spinto "oltre" - facendo interpretare la parte di San Giuseppe ad un attore del genere semiserio, semicomico, che è insito nella personalità del bravo attore Diego Abatantuono.
Quella parte, comunque essa sia, e per ricalcarne meglio la figura creata dalla fantasia dell'autore del romanzo, sarebbe stata meglio interpretata da attori che, nel 1993, periodo in cui è stato prodotto il film, avessero avuto le caratteristiche fisiche e interpretative di un Raoul Bova o di un Daniele Liotti odierni.

Ad ogni buon conto, colgo questa precisa occasione per inviare, a tutti i lettori, i miei più fervidi Auguri di Buon Natale e Buone Feste.

lunedì, dicembre 22, 2008

La catena di Sant'Antonio

Poichè il post precedente ha dato adito a discussioni - che non era mie intenzioni accendere, su ebrei e affare Mardoff - serve un chiarimento all'espressione: siamo tutti benefattori.
E devo farlo partendo dalla catena di sant'Antonio.

Nella mia carriera di venditore, ho avuto anche clienti sagaci e buontemponi, che oggi, a distanza di anni, ricordo comunque con grande piacere.
Ce n'era uno, in particolare, che condizionava i suoi ordini al fatto che io aderissi, ogni volta, a qualche sua "iniziativa!" o "strepitosa invenzione!". E così, un giorno, mi avrebbe passato un succulento ordine se avessi finalmente deciso di partecipare ad una catena di sant'Antonio, della quale mi parlava da tempo (era sempre alla ricerca di "iniziative" per cercare di far soldi con facilità!") e nella quale si era evidentemente trovato "immischiato". Aderii a malincuore, perchè sapevo che era una stupidata solenne: un mezzo goliardico per buttar soldi.
Si trattava di mandare, a mezzo vaglia postale, una determinata somma al primo di una lista di sette o otto persone, fornitami dall'ultimo di quella lista, che, nel mio caso, era stato quell'amico buontempone. La "lunghezza" di quell'elenco, sette o otto, ma che potevano/possono anche essere cinque o sei oppure nove o dieci ecc., lo decide l' "organizzatore" del gioco, colui che trarrà senzaltro il massimo del beneficio da tale "gioco/catena".
Spedita la somma a quel tale, avrei dovuto compilare tre liste simili a quella che mi era stata consegnata, dopo aver trovato tre "gonzi" come me a cui "impartire" le medesime istruzioni che mi erano a mia volta state impartite, depennando il primo (quello al quale avevo spedito i soldi) e mettendo al suo posto, quindi al primo posto, quello che nella lista consegnatami era al secondo posto.
In tal caso, se tutti avessero rispettato a perfezione, e senza alcuna interruzione, le regole del "gioco", colui, che, nelle tre liste da me compilate, era passato dal secondo al primo posto, veniva citato al primo posto di 81 oppure 243 oppure 729 oppure 2187 oppure 6.561 oppure 19.683 (se non addirittura il tutto moltiplicato per tre, a seconda se dovetti spedire tre e non un solo vaglia) a seconda se l'elenco da me compilato doveva essere costituito da una lista di 5 oppure 6 oppure 7 oppure 8 oppure 9 oppure 1o nominativi con tanto di indirizzo cui far spedire i soldi.
A seconda delle varie possibilità, fate voi il calcolo di quanto avrebbe incassato il primo della lista!!
E' evidente che si tratta di una truffa in grande stile. Con piccoli singoli versamenti, il primo della lista riceverebbe (teoricamente) una montagna di soldi e, prima o poi, la catena si verrebbe comunque ad interrompere, per "esaurimento" di persone da "immischiare nel giro", lasciando così gli ultimi della catena con il classico cerino acceso in mano. Nel caso mio, anche grazie all'aiuto di una circostanza fortuita, che mi fece salvare capra e cavoli, la interruppi al mio "anello".
Era successo questo fatto.
Sapevo che era una grande cavolata, che mi avrebbe fatto fare la figura del bamba, ma sapevo anche che avrei dovuto mostrare, a quel mio cliente, la prova che avevo spedito il vaglia (o forse tre vaglia). Ma non volevo fare la figura del macaco, verso amici e paesani. Decisi così di compiere "l'operazione postale" in una posta periferica, lontana dal mio paese, dove invece tanti m'avrebbero riconosciuto e avrei così dovuto, in un certo qual senso, raccontare i fatti miei, spiattellando così la bambanaggine o citrullineria derivantami dall'essermi fatto accalappiare dalla "famigerata" catena di sant'Antonio.
Ma successe un fatto che mi fece recuperare i soldi, salvò la mia "reputazione popolare", e non mi fece andare in "disgrazia" agli occhi del mio cliente/amico buontempone.
Era successo che, durante i vari passaggi, la lista, pervenuta a mie mani, era stata compilata in modo sbagliato. L'indirizzo a cui dovevo mandare i soldi era errato o inesistente, per cui il vaglia (o uno dei tre; non ricordo se dovetti spedirne uno o tre, a tre nomi diversi) tornò al mittente, con "preghiera di controllare l'esattezza dell'indirizzo destinatario". Ciò che mi guardai bene dal fare, nonostante l'insistenza della sportellista postale (evidentemente anche lei caduta nella "trappola della catena") la quale si sarebbe spontaneamente prodigata nel cercare l'indirizzo esatto del destinatario, e cercando di convincermi a "non interrompere la catena". Ma io approfittai dell'inconveniente per salvare capra e cavoli e riportare a casa tutti o parte dei miei soldi * (qualora fossero stati tre i vaglia che dovetti fare. Nel qual caso, due saranno andati a "buon fine").

Il meccanismo "ideato" da Mardoff, a quanto si è appreso, è stato simile ad una catena di sant'Antonio.
E il seguito della vicenda, e quanto ad essa collegato, sarà oggetto di un successivo post.

* si sta parlando di due o tremila lire, e quindi di una cifra che non porta nessuno al fallimento!

Link a cui è interessata Sara: http://eleonoraemme.blogspot.com/2008/12/inquisitori-e-inquisiti-partiti-puliti.html

sabato, dicembre 20, 2008

Siamo tutti benefattori

In questo periodo prenatalizio, ho ricevuto molte richieste di offerte da parte di vari enti, associazioni ecc., ma solo a un paio ho aderito, a parte quegli acquisti a scopo benefico, di libri usati, fatti sulle bancarelle della mia cittadina, dove ho acquistato pregevoli fascicoli dei Maestri del Colore, una corposa biografia di San Carlo e quel Guareschi, che mi hanno molto illuminato.
Nientaltro.
Ma se penso alla beneficienza che siamo stati costretti a fare, con il crollo pilotato delle borse mondiali, affermo che nessuno, e puntualizzo nessuno, può dirsi totalmente estraneo dall'essere un benefattore.
Personalmente, sicuro di questa realtà affermata, mi accingerò a trascorrere un Santo Natale in letizia ed in armonia con tutte le genti della Terra. Altrettanto sicuro che una parte delle mie perdite di borsa, diretta e indiretta - e, ripeto, tutti ne abbiamo avute, anche chi crede di essere stato al riparo da questo "castigo" - sono andate o andranno comunque anche a beneficio di meno abbienti.
Questo concetto, quello che a beneficiare dei soldi di chi ha perso in borsa, sono stati comunque gran parte dei meno abbienti, lo espliciterò in un post ad esso riservato.
Ora, mi premeva far passare semplicemente il concetto che, chi più, chi meno, i possessori di ricchezze della terra sono stati, quest'anno, generosi inconsapevoli benefattori.
E, come al solito, questa "illuminazione" m'è venuta leggendo e meditando sull'articolo di Ida Magli che ho trovato sul nuovo blog di Eleonora.
http://www.italianiliberi.it/Edito08/progettoebraico.html

venerdì, dicembre 19, 2008

Un Bamba al femminile

Da qualche settimana, Pensieri & Bamba ha cambiato format, facendosi ora chiamare Due Tempi col Bamba. Il primo tempo, e la conclusione del programma, momento in cui viene assegnato il Premio, vede la consueta presenza di Vittorio Feltri, intervistato da Roberto Vallini. Nel secondo tempo, Oscar Giannino, Claudio Martelli e il conduttore discutono di attualità politica ed economica; e lo fanno assai bene.
Il Bamba di oggi è veramente speciale, tanto è inconsueto.
E' stato assegnato nientemeno che ad Alba Parietti.
Costei, per meritarselo, ne ha detta una grande come...quelle che dice un attore molto noto nel corso di un suo sketch pubblicitario. In una intervista, alla presenza di alcuni giornalisti, la Parietti ha detto che vuole candidarsi alle prossime elezioni politiche. Lo farà, così ha detto, per salvare l'Italia, candidandosi nelle fila del Partito Democratico.
Avete inteso bene? Lo farà per salvare l'Italia!
E qui sospendo sulla cronaca al Premio Bamba di questa sera, evitando anche di citare le motivazioni e i commenti espressi da Vittorio Feltri sul premio.
Lascio invece spazio, per eventuali commenti, a Barbara e a Marcello, se mai dovessero passare da queste parti.
Barbara è nota per arguzia e preparazione intellettuale e politica, Marcello è conosciuto per sarcasmo pungente, unito a conoscenza del mondo politico. Chissà mai che ci vorranno deliziare con qualche loro prelibatezza?

Per chi volesse vedere la puntata di oggi, o quelle precedenti, c'è ora a disposizione il canale internet: http://www.odeontw.tw/default.asp?dprogramma=100025

Per chi volesse qualche delucidazione sulle motivazioni del premio odierno, ho trovato questo post, del quale consiglio la lettura: http://orpheus.ilcannocchiale.it/?TAG=parietti , e nel quale troverete il commento della "nostra" Nessie, che, come volevasi dimostrare, spicca per arguzia sopra gli altri commenti (senza voler minimizzare costoro).
E, per stare in tema con questo post, consiglio intanto di sorridere con la vignetta forattiniana del nostro Sarcastycon: http://sarcastycon.wordpress.com/2008/12/20/nuova-alba-politica-per-il-pd/

Il seguente link non ha nulla a che vedere col presente post, è stato qui inserito per studiarmelo e non perderlo di vista: http://sarcastycon.wordpress.com/2007/11/18/il-pericolo-numero-uno-la-stupidita/

mercoledì, dicembre 17, 2008

Satira benvista e satira malvista

Per me, che sono un tardivo conoscitore di Giovannino Guareschi (tardivo nel senso che l'ho scoperto troppo tardi per potermi adeguatamente appropriare dell'immenso patrimonio scritto, illustrato e cinematografato che ha lasciato), cominciava a risultare alquanto incredibile che un tale personaggio fosse stato relegato nel limbo del dimenticatoio, per opera - ed ora comincio a capirne pian piano il perchè - di una certa parte politica, letteraria e quantaltro.
L'intervista a Giorgio Forattini, trasmessa oggi, durante il Tg5 delle 13, in occasione della presentazione del suo ultimo libro di vignette, Revoluscon, mi ha dato modo di comprenderne parzialmente le ragioni.

Durante l'intervista, ha dichiarato che nella sua lunga carriera è stato querelato venti volte, a causa di sue vignette che non erano piaciute a qualcuno. E questi "qualcuno" erano tutti esponenti di sinistra. Da destra, ha detto di non aver mai ricevuto querele.

Ha poi aggiunto che "la sinistra non gradisce la satira".

E' bastata questa frase, per farmi comprendere il perchè di tante "stranezze" sulla politica. A me che, negli anni in cui avrei potuto e dovuto occuparmene un pò di più, mi occupavo invece quasi esclusivamente di economia e finanza (Il Sole 24 Ore era il mio quotidiano preferito).

Ed ora, a proposito di Giorgio Forattini, riesco anche a comprendere perchè sue opere della "prima ora" raggiungono cifre da capogiro nei mercatini di modernariato, o in quello online di Ebay, dove una sua opera, messa all'asta, aveva raggiunto, fino a ieri sera, purtroppo (purtroppo, perchè non la posso documentare senza tema di smentita), la cifra di quasi 400 euro (http://stores.ebay.it/La-VOCE-dellinchiostro ). E, di recente, avevo visto aggiudicare, su pagine similari a questa, opere prime di Forattini anche a 1000 euro.

p.s. per fortuna ci pensa http://sarcastycon.wordpress.com/ a pareggiare i conti!
Sito Forattini: http://www.forattini.it/cordex.htm

martedì, dicembre 16, 2008

Il coraggio di Alessandro Di Pietro

E bravo Alessandro Di Pietro, che oggi, nel siparietto Io Protesto, che va in onda all'interno del programma Occhio alla Spesa, su Rai1, ha elogiato con larga enfasi la Social Card, o Carta Sociale.

Social Card, la carta acquisti da 40 euro al mese, che il Governo italiano ha messa a disposizione delle famiglie più povere, e alle quali sta arrivando in questi giorni, permetterà a molti di risolvere il problema della quarta settimana: di tirare avanti.

La protesta, invece, l'ha scagliata contro quella stampa che ha sparlato della Carta Sociale, denigrandola, anche in modo molto dispregiativo, a rango di carta dei poveri.
Saranno anche pochi 40 euro al mese per loro, per quelli che la disprezzano in quel modo, per coloro che magari sono abituati a spendere 40 euro solamente per un'uscita al bar con amici, e, quindi, per essi, quei 40 euro rappresentano "elemosine" (per dirla come alcuni di loro l'hanno definita). Ma per i "poveri", quelli veri, 40 euro al mese possono rappresentare "molto denaro": dipende solo dall'altezza dalla quale queste cifre vengono stimate.
Oltre che contro tali "giornalisti" (alquanto scadenti), il conduttore si è anche scagliato con veemenza contro i lavativi, i lazzaroni, i perdigiorno che vivono sulle spalle di altri. E' a tali categorie, a tali individui che quei giornalisti dovrebbero rivolgere le loro attenzioni.

Tanto di cappello, quindi, ad Alessandro di Pietro, che, fra i tanti motivi di protesta, dei quali avrebbe potuto parlare, ha scelto di portare alla ribalta del suo siparietto due argomenti un tantino scabrosi, che gli costeranno sì qualche inimicizia, ma molta più simpatia, stando anche ai calorosi applausi ricevuti al termine della propria "esibizione".

Il che, fatto attraverso la rete ammiraglia della Tv di stato, una rete televisiva che è stata spesso additata, anche dalle pagine di questo blog, di essere alquanto ingrata e ingiusta verso decisioni e provvedimenti presi dall'attuale governo, gli fa molto onore.

lunedì, dicembre 15, 2008

Sentenza d'altri tempi

Per Capire Guareschi

L'articolo sotto è l'articolo di fondo, ricopiato qui integralmente, pubblicato nel N.52 del 28 Dicembre 1946 di Candido settimanale del sabato. E' firmato con tre asterischi, ma non abbiamo dubbi nel supporre sia stato scritto da Guareschi, in quanto egli ne era il direttore responsabile. La copia anastatica, dalla quale è stato qui ricopiato, fa parte della collezione omaggiata l'estate scorsa dal quotidiano Libero, diretto da Vittorio Feltri, grande ed entusiasta estimatore di Giovannino Guareschi, e del quale ha appreso pienamente l'arte di ironizzare, in maniera corretta e soft, su qualsiasi genere di fatti avvengano (non come fanno certi nostri attori comici o giornalisti, i quali vanno in un'unica direzione, e all'unisono, e che avrebbero molto da imparare da Guareschi).

""Il tribunale militare straordinario ha condannato a quattro anni di reclusione il ventenne Rino Veronesi, autore di una rapina a mano armata ai danni di un orefice.
Il Veronesi, fino a ieri onestissimo giovane (*), aveva tentato di impadronirsi di denaro e gioielli non già per profonderli con donne o in altri divertimenti illeciti (*), bensì per sovvenzionare una sezione del partito comunista.
Del suo partito.
I nostri giovani si fanno sempre più austeri. Non si perdono più per i begli occhi di una maliarda (*). Essi rapinano i gioielleri solo per dar pane al loro partito. E poichè il partito, naturalmente (*), era all'oscuro delle intenzioni del suo giovane innamorato (*), tanto maggior valore acquista la rapina in quanto il gesto del Veronesi è stato spontaneo (*). E quale monito, nello stesso tempo, a tutti i partiti di centro o di destra! (*)
Mai e poi mai che un giovane liberale accoppi uno zio abbiente (*) per procurare danaro a una sezione del suo partito; mai che un giovane democristiano svaligi una banca per rimpinguare le casse dello scudo crociato (*); mai che un giovane monarchico assalga i passanti per mettere insieme la somma occorrente a dare una lussuosa sede ai tenebrosi complotti contro la repubblica (*). Questa apatia, questo disinteresse politico dei giovani d'oggi vanno seriamente meditati (*) e combattuti se veramente vogliamo, non soltanto a parole, ma a fatti, il trionfo della democrazia (*).
Inspiegabile, perciò, e sommamente antidemocratica la sentenza del tribunale militare straordinario (*): quattr'anni di reclusione a un giovane vissuto fino ad ora onestamente e divenuto ladro e rapinatore solo per un alto e nobile ideale politico! (***) Tutta Italia si aspettava un'assoluzione, e un'assoluzione piena con la nuova formula: "Per aver commesso il fatto". (****)
L'aspettativa è andata delusa. (**)
E ciò induce a una sconfortante conclusione. (*)
Non siamo ancora maturi per la democrazia. L'ingiusta condanna del giovane Veronesi (*) così convinto della necessità di non astenersi dalla politica da rapinare i gioiellieri per amore del suo partito (**), dice chiaramente che il cammino che dobbiamo percorrere per una maturità almeno sufficiente, è aspro e ancora lungo.
Non ci rimane, per riscattare l'onta dell'errata condanna (**), che una sola speranza: il trionfo rapido dei comunisti (***).
Quel giorno, che tutti auspichiamo (***), il giovane Veronesi verrà dal popolo festante, liberato dal carcere, e i poeti popolari celebreranno il suo nome (**).""

Annotazione all'articolo: l'asterisco indica il riconoscimento, da parte dell'autore del post, dello spirito ilare-gioioso-"sanamenteironico" dell'autore. E, il numero di asterischi, ne stà ad indicare il grado.

Al di là di ogni altra considerazione, occorre mettere in risalto lo stridente contrasto esistente nell'emettere sentenze da parte di giudici "moderni", rispetto a questi "antichi": quattro anni per una semplice rapina ai danni di un gioielliere, tre anni ad un giovane straniero che ha stroncato, colpendoli a morte, la vita di quattro adolescenti italiani (vedere: http://sauraplesio.blogspot.com/2008/12/ahmetovic-neanche-un-anno-di-galera-per.html ).

sabato, dicembre 13, 2008

Un Premio Bamba da indovinare

Avviso: attendiamo commentatori che indovinino il nome del vincitore o vincitrice.

Ormai non dò più retta alle dichirazioni dei politici, di certi politici, quando parlano nei telegiornali.
Come mi ha anche riferito Sarcastycon, noi due potremmo già immaginare a priori quali saranno le dichirazioni che verranno fatte dai vari leader politici, in seguito a qualsiasi genere di avvenimento. Ma la mia chiusura totale a questo genere di dichiarazioni, questa volta deve avermene fatta perdere una di quelle grandiose. Tanto grandiosa che al dichiarante ha fatto perfino meritare un grandioso Premio Bamba. Non lo cito nemmeno per nome, il vincitore di ieri sera, e non cito nemmeno il motivo che glielo ha fatto meritare. Lo potrete scoprire in maniera semplice da voi stessi, leggendo l'articolo di Maria Giovanna Maglie che qui linko e che ho trovato nel nuovo blog di eleonoraemme.blogspot. Buona lettura.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=313928
Un aiutino: il vincitore lo ha già vinto altre volte.

giovedì, dicembre 11, 2008

Il mio incontro con Guareschi


Avvertenza: Trattasi di un racconto, e l'incontro tra me e lo scrittore è puramente immaginario. Qui è tutto immaginario tranne il fatto che questo scritto è stato liberamente tratto da un racconto di Giovannino Guareschi. Tra l'altro, esso avviene in un luogo che, al tempo di cui si narra il fatto, non era ancora stato reso di pubblica fruizione (infatti Villa Ghirlanda è diventata proprietà comunale dopo il 1970, e, a quell'epoca, Guareschi era già scomparso).
Questo racconto mi sarebbe servito, com'è vero che mi servirà, da introduzione per un post di attualità politica che ho già in mente, e che rimando per non ingolfare me stesso e il lettore.
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Era una mattina limpida, piena di sole, e lo scrittore-giornalista, arrivato all'incrocio Casignolo-De Vizzi, anzichè proseguire per Milano, decise improvvisamente di svoltare a destra, per quella strada che conosceva molto bene. Tutte le volte che si recava a Monza per servizio, faceva immancabilmente tappa a quel ristorante rinomato di inizio via. Era una strada, questa, che nel corso degli anni è diventata molto trafficata, ed ora è un bel viale alberato, ornato di giganteschi platani, che, purtroppo, si sono molto diradati in quantità, per dare spazio e accesso alle strade e i passaggi laterali, che nel frattempo sono stati edificati. Quel Ristorante esiste tuttora, e, al tempo del racconto, era stato inaugurato da pochi anni.

C'era ancora tempo per l'ora di pranzo, e quindi, anzichè fermarsi, pensò bene di proseguire dritto in direzione del Parco Cipelletti di Villa Ghirlanda. Ne volle approfittare per andarsi a documentare su quel parco, in vista degli articoli che avrebbe dovuto scrivere sui grandi parchi privati lombardi, che stavano per essere lentamente acquisiti dai comuni, onde metterli a disposizione della popolazione.

Non fu semplice, per lui, distrarsi in quel modo. Anche se andava là per documentarsi, la considerava comunque una divagazione ed un venir meno ai propri doveri professionali. Essendogli avanzato parecchio tempo, dopo quel servizio a Monza, avrebbe dovuto proseguire dritto per Milano, alla sua redazione, dove lo attendeva una mole di lavoro arretrato. Ma il sole chiaro di quella mattina, che aveva illuminato angolini nascosti del suo animo e del suo passato, gli fecero sentire l'acuta nostalgia del fogone (dalle parti di Parma, è il marinare la scuola).

Risentiva improvvisamente il gusto per i piaceri semplici, sani e onesti della sua prima giovinezza. La primavera aveva riscaldato le sue vecchie ossa ed era una primavera di tanti anni fa. Decise allora di considerare quella scappatella come un fogone, una bigiatura di scuola come quelle che faceva tanti anni prima.

Fermò l'auto al parcheggio, e, fatti pochi passi, si trovò di fronte a una enorme e antica cancellata in ferro battuto. Oltrepassò la piccola radura circolare di alberi pregiati, dietro la quale faceva bella mostra un'ampia scalinata di sapore antico e il grandioso portico d'ingresso alla villa, e, svoltato a sinistra, si inoltrò per andare verso l'accesso al parco.

Incamminatosi per quel vialetto, giunse alle spalle della villa, di bellezza superiore alla facciata, dove, un grande tappeto erboso, disseminato di piccole siepi cespugliose, ben disposte e ben curate, gli si parava di fronte. Era un giorno lavorativo di maggio inoltrato, un giorno di scuola, e non si vedeva quasi anima viva. Girò per quasi tutto il parco, senza aver visto un solo ragazzo.
Ai suoi tempi, quando andava al liceo, in una giornata simile avrebbe incontrato parecchi ragazzi bigioni, nel parco ducale della sua Parma. Con un sole come quello, trovò quindi strano che nessuno bigiasse la scuola. A meno che, gli venne in sospetto, costoro non avessero cambiato abitudine e, anzichè imboscarsi nel parco, si andavano a rifugiare da altre parti.

Girovagò per un pò, fino a quando, in fondo al tappeto erboso, nei pressi del bosco, sotto un magnifico tiglio ombroso e profumato, vide un ragazzo seduto e con la schiena appoggiata all'albero. Se ne stava come in meditazione, inclinato di lato e con il gomito destro appoggiato sopra un pacco di libri legati con una cinghia. Si fermò a guardarlo ed egli levò gli occhi sospettosi.
- Hai bigiato eh? - gli disse.
- Il ragazzo sorrise. Aveva una faccia simpatica e due occhi intelligenti.
- Perchè hai bigiato?
- Sono in pausa di studio: mi piace pensare delle cose. E poi, comunque, non ho bigiato, sono in aspettativa di lavoro. Sono uno studente lavoratore. Di giorno lavoro e la sera vado a scuola. Ho chiesto l'aspettativa dal lavoro, e oggi sono qui, approfittando di questa bella giornata di sole, per prepararmi agli esami di fine anno.
- Non le puoi pensare questa sera a scuola, quelle cose?
- No, le cose che dico io non si possono pensare a scuola.
Lo guardò commosso:
- Bravo - gli disse - Ricordati che le uniche cose che ti aiuteranno veramente nella vita saranno quelle che avrai pensato qui, sotto questo cielo favoloso. Perchè se sai osservare, qui tu puoi capire le cose essenziali della vita. Questo sole, fra anni ed anni, ti riscalderà e ti illuminerà nelle ore più buie.

mercoledì, dicembre 10, 2008

Un aiuto dalle favole

Ho ricevuto via mail, da Alberto, la seguente favola moralistica che pubblico volentieri per il grande insegnamento che essa può dare a quanti si vogliano avvicinare alla borsa. Il consiglio nascosto, che se ne potrebbe trarre, è quello che alla borsa, specie per un principiante neofita, ci si debba avvicinare in modo molto prudenziale, o, al limite, con grande distacco, senza cioè farsi mai coinvolgere o prendere dall'entusiasmo dell'occasionale momento di euforia. "Commercianti" (leggi: chi vende azioni), e "assistenti" (coloro che si aggregano al venditore di azioni, facendogli da spalla durante le operazioni di "lievitazione" artificiosa del corso delle azioni, e, leggi, anche: commentatori di borsa scarsi o impreparati, prezzolati o interessati, ecc.) come questo della favola, esistono ed esisteranno sempre; sta al "compratore" cercare di non "farsi infinocchiare".
La favola è anche rivolta soprattutto a coloro che non riescono a comprendere le vere cause della attuale crisi delle borse di tutto il mondo.
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Un giorno, in un villaggio in India, un commerciante annunciò ai contadini che voleva comprare delle scimmie per 10$. I contadini, vedendo che nei dintorni del loro villaggio c'erano molte scimmie, iniziarono a catturarle. Il commerciante ne comprò migliaia a 10$, ma, quando la disponibilità di scimmie cominciò a diminuire, i contadini cessarono i loro sforzi. Il commerciante annunciò allora che avrebbe acquistato a 20$. Ciò rinnovò gli sforzi dei contadini che ripresero la cattura delle scimmie. Presto il rifornimento diminuì progressivamente e i contadini ritornarono alle loro case. L'offerta salì a 25$, ma la disponibilità di scimmie divenne così scarsa che era fatica immane vederne una, figurarsi a prenderla. Il compratore annunciò allora che l'offerta era salita a 50$ e che, dovendo assentarsi per alcuni affari in città, il suo assistente avrebbe fatto da compratore in sua vece. In assenza del commerciante, l'assistente disse ai contadini: "guardate tutte queste scimmie che il mio padrone ha radunato in queste gabbie, ora voglio rivendervele a 35 $, così, quando lui tornerà, potrete rivendergliele a 50$". I contadini allora misero insieme tutti i loro risparmi e comprarono tutte le scimmie del commerciante.
Da quel momento non videro più ne il commerciante, ne il suo assistente, solo scimmie dappertutto.

Avete ora compreso la morale della favola?
E, se volete entrare nel clima natalizio, vi consiglio la lettura di due favole "scacciapensieri" dal blog di Hesperia: http://esperidi.blogspot.com/2008/12/la-leggenda-del-vischio-natalizio.html

martedì, dicembre 09, 2008

Anomalie del mercato - antefatto introduttivo

Dopo avervi parlato di quell'orologio Mortima, mi sono reso conto, dopo oltre trent'anni, e grazie all'acuto spirito d'osservazione di Marcello, di essere probabilmente incappato in quella che, forse, è stata un'anomalia del mercato. Ma, prima di parlarvi di quell'episodio, devo spiegare il significato di questo concetto, analizzato dal mio punto di vista.

Nelle anomalie del mercato vi possono incappare, ad esempio, tutti quelli che vanno a fare la spesa; e in special modo coloro che la vanno a fare nei mercati rionali.

Un'idea semplice, sul che cosa essa sia, potrebbe farvela venire in mente un articolo di Luca (il Rumor Risparmio linkato qui a lato), dove egli parla, con esatta cognizione di causa, essendo lui stesso del "mestiere" (anche se lo fa solo per suo uso e cosumo), dei prezzi minimi che dovrebbero avere tre quarti di litro vino, fatto con uva (possibilmente italiana e senza additivazione di diserbanti e antidefoglianti), come sarebbe normale che esso fosse, e immesso in una bottiglia di vetro sigillata con un tappo di vero sughero sardo. Oppure, una bottiglia d'olio, fatto solo con olive (possibilmente italiane, e della migliore qualità), come sarebbe normale esso fosse.

Ma qui, voglio andare più sul sottile e trattare la questione di tali anomalie dal punto di vista dei mercati finanziari. E voglio farlo esponendo l'esempio di quello che è avvenuto quando ho esperimentato dal vero tali anomalie dei mercati. E, per farlo, dovrò andare alle "origini della fonte di esperienza". E quindi al 1984.

Mi ero già trasferito in provincia da qualche anno, ed avevo cominciato a metter via qualche risparmio in previsione degli imprevisti della vita, che immancabilmente a me sono capitati e mi sono piombati addosso come una tegolata.
Avevo depositato i primi spiccioli di risparmio nell'unica banca locale che non fosse CARIPLO, perchè in codesta c'erano sempre da fare file interminabili, e la scartai (a quei tempi, era rimasto ancora il retaggio che la gente del popolo minuto non si fidava molto di altre banche e quindi si accalcava negli sportelli spesso angusti della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, che, specie nei piccoli paesi della grande Lombardia, erano gli unici ad esistere).

Ma, non ero molto soddisfatto del trattamento che mi riservava la mia banca: una serie di costi accessori erodeva esageratamente l' "incasso netto cedole". Era successo che in quegli anni avevo acquistato (nella previsione di quegli imprevisti) obbligazioni convertibili IRI-Comit, con cedole fisse, da pagarsi il I° maggio e il I° novembre di ogni anno, fino alla scadenza, quando si sarebbe potuto optare per la conversione in azioni Comit. Ma, tra costi di apertura deposito titoli, spese semestrali per custodia titoli, spese gestione titoli, tassa deposito titoli, spese per incasso cedole, avevo accertato che un quarto dell'incasso netto cedole mi veniva sottratto da quella serie di spese e ammenicoli. Decisi così di farmi consegnare i titoli e gestirmeli in proprio, chiudendo anche il deposito titoli.
Avvenne così che per alcuni anni, nei primi giorni di maggio e di novembre, mi recassi presso lo sportello titoli della Banca Commerciale Italiana (Comit), di una città qui vicino, per incassare direttamente le cedole del mio "investimento". Sembravo una mosca bianca perchè credo che nessuno agisse nel mio modo. E molti presero a considerare la mia puntigliosità come una forma nascosta di "tirchieria"; ma il fatto era che non volevo essere preso per il collo da nessuno, e men che meno da quella banca dove avevo in deposito i titoli e che mi faceva pagare cifre esorbitanti per quelle semplici prestazioni.

E, mentre andavo ad incassare le cedole (due volte all'anno), studiavo quella grande banca in tutti i suoi aspetti: funzionamento degli sportelli, celerità nell'esecuzione delle operazioni, costi operativi, ecc. Ma l'aspetto che più di tutti m'interessò d'approfondire fu quello del funzionamento dello sportello titoli, che in quella banca era un ufficio distaccato, e trovai che era gestito in maniera inconsueta, antitradizionale, avveniristica. Distaccato e lontano da viste e visite indiscrete, con tanto di telefoni, fax e terminali vari, quotidiani, giornali di economia d'ogni genere e stato di provenienza, documentazioni, l'immancabile collezione di Calepini delle ultime annate, ecc., a poco a poco mi riempì d'entusiasmo finchè, in occasione dell'incasso cedole del maggio '87, decisi di aprirvi il conto. Consegnai così i titoli in deposito gratuito ed iniziò per me uno dei periodi più gratificanti e significativi della mia vita. Devo a quella banca, e ai tre funzionari che nel frattempo vi si sono alternati, tutto quello che sò di borsa e di mercati finanziari. Abituato a ragionare coi numeri, la mia specializzazione erano diventati i premi (dont, put, stellage, strip, strap, ed altri più sofisticati) per i quali ero finito per diventare una sorta di consulente per tutti coloro che hanno frequentato quel borsino nei 13 anni di mia frequentazione, fino al 2000, quando è cessato tutto, ma proprio tutto, anche a causa della mia sopravvenuta difficoltà motoria. E tutto quello lo potei anche fare perchè nel frattempo ero diventato un libero professionista: Agente di commercio che guadagna solo su venduto e incassato, e non pesa sulle spalle di nessuno, "se non" dei propri clienti.

(a seguire)

lunedì, dicembre 08, 2008

Sant'Ambrogio e Immacolata Concezione

Oggi, su Milano splende un magnifico sole, che accecherebbe chiunque volesse contemplarlo per più della frazione di un attimo. E così, immerso in meditazione, per più di un'ora, fino alle 10, me lo sono goduto da dietro il vetro della mia soleggiata finestra: privilegio di chi abita nei piani superiori dei palazzi più alti. E, ora che me lo sono goduto, ne ha avuto un grande giovamento anche la spasticità che m'accompagna da oltre otto anni: riesco perfino a muovermi un pochino meglio. E mentre ero esposto ai raggi del sole, pensavo ai commenti di ieri di Marcello: a quello che succede all'interno del sole, con i suoi oltre cento milioni di gradi di temperatura interna. E, pensando a questo, ho meditato sulla Fisica dei Plasmi, cui mi ha lui testè magistralmente introdotto, accendendomi la curiosità.
Ma, con questo sole, ho pensato anche alla Fiera degli "O'bei, o'bei!", poichè dalle mie finestre riesco a vedere i tetti più alti di una discreto angolo del Nord di Milano: la copertura a volta della Stazione Centrale, il Pirellone fin dai suoi piani più bassi, il grattacielo Galfa, la sommità della Torre Velasca. Unico cruccio: non riesco a vedere il Duomo di Milano, perchè il fianco di un palazzo, il cui tetto arriva solo all'altezza delle mie finestre, ma si frappone proprio nella sua direzione, me ne impedisce il godimento visivo; l'unica soddisfazione è che riesco a vedere la punta estrema della Madonnina. Madonnina della quale proprio oggi è la sua festa.
Ed è gran festa a Milano, in questi due giorni, di Sant'Ambrogio e dell'Immacolata, il cui momento clou è l'inaugurazione della stagione lirica sinfonica della Scala, tempio mondiale della musica, che avviene proprio nella serata del 7 dicembre, come da tradizione secolare. Ma vi è una festa assai più importante per le classi popolari e meno abbienti dei milanesi: è la Fiera di Sant'Ambrogio, o degli O'bei, O'bei, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, e che si svolge proprio nei dintorni della Basilica di Sant'Ambrogio (è da ritenere che le origini della fiera risalgano al secolo in cui Sant'Ambrogio era il vescovo di Milano).
Con un sole come quello di oggi è prevedibile che alla fiera ci sarà una ressa immensa. Già quando ci andavo io, diversi anni fa, e quando non c'era ancora il pienone di bancarelle degli extracomunitari, era impossibile fermarsi nelle corsie di camminamento, durante le ore centrali del giorno: oggi, quindi, a maggior ragione. Già allora, per fermarsi ci si doveva accostare ad una bancarella e fingere di ammirare o trattare l'acquisto di un qualcosa (altrimenti venivi invitato a sloggiare), altrimenti eri immerso in quel flusso incessante di folla (ecco da cosa è nata l'idea di questo post: dal Sole e dai "flussi" di plasma descritti da Marcello in quei commenti). Per le ragioni dette qui sopra, è praticamente impossibile tornare dalla Fiera degli O'bei o'bei senza aver effettuato anche un pur minimo acquisto. Ed è per questo che ogni anno c'è una vera battaglia per accaparrarsi anche il più piccolo posto dove un qualsiasi venditore di un qualsiasi prodotto voglia impiantarvi anche la propria pur piccola bancarella: chi va lì per vendere, sa di fare affari d'oro, nonostante le varie crisi economiche periodiche.

Concludendo, questo post era nato per parlare di "anomalie dei mercati", agganciato al post precedente, ma, strada facendo, è successo quel che avete letto. Ad una prossima puntata, quindi, per quel che avevo in mente.
Immagine sopra: foto d'archivio Google di una affollata via di Milano, dove si svolge la fiera degli O'bei O'bei.

sabato, dicembre 06, 2008

Il Mortima e il Rolex

Lo comprai un bel sabato mattina di primavera di parecchi anni fà, alla Fiera di Senigaglia di Milano: era un orologio, marcato Mortima, a carica mista, automatica e manuale, dotato di lancette fluorescenti e munito di datario e indicazione del giorno. Per me, che ne possedevo uno semplice e a carica manuale, come dono della cresima, era una novità assoluta. Lo tenni al polso da quel giorno per alcuni anni, finchè si spaccò la molla del ricaricatore e smise di funzionare. Il mio orologiaio di fiducia mi disse che era impossibile ripararlo e mi convinse a comprarne uno nuovo: un automatico Enicar, con vetro zaffiro, che ora si trova, ancora perfettamente funzionante, nella mia modesta collezione di orologi, assieme all'orologio Mortima.
Quest'ultimo lo portavo al polso come fosse un trofeo e un mio cliente di Pavia, uno dei miei più affezionati di quella splendida cittadina, durante le visite me lo rimirava in continuazione. Finchè un giorno, preso da curiosità, gli chiesi cosa avesse di particolare il mio orologio, da essere rimirato con tale insistenza. Costui, il cavalier Luigi P., il tipografo della via Folla di Sotto (vedere i post su Pavia), mi rispose semplicemente che mirava al datario del mio orologio sperando finalmente di riuscire a leggerne la data. Ma, anche a metterglielo sotto gli occhi, la vedeva alquanto sfuocata anche con gli occhiali. Mi mostrò allora con orgoglio il suo "favoloso" Rolex, dotato di cassa e cinturino in oro bianco. Per agevolare la lettura della data, "anche senza occhiali", il vetro cristallo dell'orologio era dotato di quella spessa lente d'ingrandimento, posta sopra il datario, che è stata poi una delle particolarità che ha reso famosa nel mondo quella marca di orologi.
Era la prima volta che io la vedevo. E quando vedo, o penso al Rolex, penso automaticamente a quell'episodio e quindi a Pavia. E immancabilmente, il mio spirito trasvola in quella splendida città e mi riaffiorano alla mente tutti i bei ricordi che ad essa sono legati.
E oggi, sono già in fermento per quello che avverrà domani a Pavia. Un evento che si ripete una volta al mese, ogni prima domenica. Nei pressi del Castello Visconteo si svolge il tradizionale mercato del libro antico o usato da collezione. E la mia mente sarà immancabilmente trascinata nei luoghi dove esso si svolge. Luoghi che conosco a perfezione e a menadito.
...(a seguire, eventualmente)

Aggiornamento
Ho ricevuto gradita mail dall'amico Dani, abituè di quelle bancarelle, che mi informa delle esatte prerogative di quel mercato. E' una annotazione che volentieri pubblico qui di seguito.
...ti faccio un appunto. Quello di domani non credo sia, come tu scrivi nel blog, il mercato del libro antico o usato da collezione ma una sorta di mercatino d'antiquariato o delle pulci o qualsivoglia lo si desideri chiamare. Ci sono banchetti con svariate tipologie di mercanzie: mobilio, orologi, bric à brac vario ecc. ecc. e, in abbinamento una ventina di banchetti (leggermente scostati dalle bancarelle dell'usato) con prodotti tipici pavesi, siciliani, calabresi.
Come si può notare, è un motivo in più per andare domani a Pavia.
Immagine sopra: mercato o fiera di Senigaglia (o Senigallia) di Via Calatafimi, da una foto scattata il 24/6/1969 e facente parte dell'archivio fotografico di Giuiaco, nel sito flickr.com

venerdì, dicembre 05, 2008

Indignati speciali

L'amico Alberto mi ha inviato la mail di cui sotto, che pubblico volentieri.
Mercoledì è stata la giornata contro le barriere architettoniche, ma nessuno, di cui mi sia accorto facendo zapping, ne ha parlato; tranne Emilio Fede, che, come fa da diversi anni, nel Tg4 delle 19 manda in onda ampi servizi a ricordo dell'evento. Nella Tv di stato, in questi giorni, non si è fatto altro che parlare di IVA a Sky Tv, come fosse il problema nazionale del momento.
VERGOGNA!
Poi leggo la notizia sotto che è oltremodo scandalosa. E ne restiamo indignati anche per via degli sprechi perpetrati in continuazione in occasione delle varie "Isole", dei vari"pacchi" e dei vari "supercompensi".
E poi, non ci sono i soldi per completare l'abbattimento di barriere architettoniche negli edifici pubblici. Barriere che, dopo quasi vent'anni dalla promulgazione della legge (1989), sono ancora presenti nel 60 percento dei casi, come ho appreso da quel servizio del Tg4, mandato in onda l'altra sera.

La Rai chiuderà il 2008 in rosso di 35 milioni.
04/12/2008

La Rai chiuderà il bilancio 2008 con perdite vicine ai 35 milioni di euro. E' questa l'ultima previsione per l'esercizio in corso, formulata dal direttore generale, Claudio Cappon, durante l'audizione davanti alla commissione parlamentare di Vigilanza Rai. Cappon ha sottolineato che le ultime previsioni per raccolta pubblicitaria indicano un mancato introito di 40-50 milioni causa la crisi economica e i minori investimenti in spot delle aziende. "La previsione di perdite per 35 milioni”, ha spiegato il dg al termine dell'audizione, “che abbiamo presentato ieri al cda, sconta la situazione peggiore e cioè una minor raccolta pubblicitaria per 50 milioni" lasciando intendere che quindi se a dicembre le cose andassero meglio la perdita di bilancio potrebbe essere inferiore."Quello che voglio sottolineare”, ha aggiunto Cappon, “è la particolarità della Rai: abbiamo una posizione finanziaria positiva (potrebbe esserci a fine anno una cassa attiva per 10 milioni) e niente debiti, e questo da ben 5 anni". Il dg ha sottolineato come l'azienda abbia reagito immediatamente alla crisi finanziaria generale."Già dal 7 ottobre ci siamo mossi per mettere a punto interventi capaci di far fronte alla nuova realtà". Il piano di “savings” ammonterà a circa 110 milioni e svolgerà i suoi effetti in gran parte nel 2009, ma già i risparmi attuati in questi ultimi mesi "hanno permesso di assorbire i 3/4 dell'effetto dei mancati introiti da pubblicità" ha sottolineato il dg.I tagli hanno toccato anche i contratti dei “big” televisivi con risparmi tra il 20-30% sui compensi ai grandi artisti. Ma la Rai ha risparmiato anche sui diritti televisivi, con tagli che hanno raggiunto anche il 50% rispetto agli anni passati per diritti sportivi e di altri manifestazioni e programmi.Il presidente della società, Claudio Petruccioli, ha ricordato come il budget iniziale del 2008 "prevedeva un disavanzo di 92 milioni di euro, che però era stato ridotto a 25 milioni nella revisione di settembre". In sostanza il risultato finale del bilancio Rai 2008 si aggraverebbe di 10 milioni rispetto alle previsioni di settembre, a causa di tre mesi di "gelata" nella raccolta pubblicitaria. "Ma nessuno faccia paragoni tra la nostra situazione e l'Alitalia" ha ammonito Petruccioli. "La Rai non ha un euro di debito e comunque il nostro risultato sarà in linea con gli impegni del piano industriale, e grazie anche ad un piano di risparmi da 110 milioni, che è un proposito molto arduo visto che si tratta quasi del 4% del fatturato".Sia Petruccioli che Cappon hanno sottolineato l'importanza che alla Rai siano date le necessarie risorse finanziarie pubbliche con l'aumento del canone per il 2009. "Nelle ultime ore si avvertono segnali positivi" ha affermato il presidente in Vigilanza, in riferimento alle dichiarazioni del governo che ha preannunciato un incremento di 1,5 euro del canone che però deve essere ancora formalizzato. "Vista la situazione del mercato", ha concluso Petruccioli, "un'ulteriore contrazione delle entrate di qualche decina di milioni per mancato adeguamento del canone, potrebbe costituire per la Rai il colpo di grazia".
Amerigo Francia

mercoledì, dicembre 03, 2008

Perdere la faccia

Cosa dovrebbe fare un leader quando perde la faccia?
La faccenda IVA Sky Tv ha messo in luce definitivamente l'inattendibilità di Veltroni. Prima di lanciare proclami, anatemi contro Berlusconi, egli dovrebbe documentarsi su quello che andrà a dire. Della vicenda dell'Iva agli abbonati di Sky Tv, doveva pur sapere dell'esistenza di quei carteggi intercorsi fra Prodi e la Comunità Europea. Questi è stato il leader del suo partito prima di lui e gli avrà pur consegnato le documentazioni sul proprio operato, relativi al periodo in cui era stato a capo del governo. E nel consegnarglieli gli avrà pur detto dell'esistenza della direttiva comunitaria sull'Iva alle televisioni. E, quantunque non lo avesse informato, Veltroni lo doveva sapere di suo. Altrimenti, che leader è? Ora, in questo caso, costui non potrà cadere dalle nuvole, altrimenti ci farebbe proprio la figura del salame (...io non sapevo). Detto questo, è del tutto evidente la sua inattendibilità. Se non conosce lui certe faccende, lui che sta nella stanza dei bottoni, chi le dovrebbe sapere? I suoi elettori? Quelli che lo pagano per star lì?
E qui http://sarcastycon.wordpress.com/2008/12/02/iva20/ troverete l'immancabile vignetta.
E, per un approfondimento sull'argomento, andate sul nuovo blog di www.eleonoraemme.blogspot.com

IVA a Sky: "problema nazionale"

E ti pareva!
Dopo la sventagliata di programmi di ieri, anche questa mattina ancora sull'IVA a Sky Tv. E come se non ci fosse niente di meglio di cui parlare (fortunatamente l'ha riconosciuto anche lo stesso conduttore del programma, Bruno Mobrici), anche la finestra mattiniera, che apro su UnoMattina, ha dedicato i suoi venti minuti - dalle 7,10 alle 7,30 - al "problema nazionale" dell'IVA a Sky. E rifortuna vuole che questa volta c'era di fronte a lui Gabriella Carlucci a ravvivare la scena.
La vicenda per me era cominciata domenica, quando avevo letto di questo "problema nazionale" sul blog di Luca L. (linkare RumorRisparmio), ma, ritenendola una questione insignificante, pensavo sarebbe morta lì. E invece: guardate il can can che si sta facendo! Una cosa indecente e vergognosa!
Se io fossi un abbonato Sky, neanche m'infastidirei per un aumento dell'IVA di due o tre euro al mese in più, ben sapendo poi che quei soldi non andranno a Sky, ma alle casse dello stato per rimpinguare i fondi per lo sviluppo soprattutto del mezzogiorno: fondi utili e necessari in questo momento.

Mi si chiederà allora, come spesso mi viene fatto, perchè non voto per la sinistra. La risposta ora potrà apparire loro finalmente molto chiara e semplice.
Questa vicenda fa risaltare in tutta la sua evidenza la stupidità di questa opposizione al governo Berlusconi (vedere, allo scopo, e molto tassativamente, i due post di RumorRisparmio, del 30/11 e 1/12). E vi sembrerebbe allora plausibile che io vada a votare per partiti siffatti? diretti da rispettivi leader siffatti? che non trovano niente di meglio a cui appigliarsi? Uno di quei leader è descritto molto bene nel suo blog da RumorRisparmio.

martedì, dicembre 02, 2008

Una serata semipersa

Un altro Ballarò, un'altra serata semipersa. Ma sarà stata l'ultima, poichè tornerò a riguardarmi i film su Rete4 o Canale 5. E pensare che solo sette giorni fa mi ero quasi entusiasmato di fronte a quello che mi era sembrato il nuovo corso di Ballarò. Delusione: Floris rimane il Floris, come il lupo perde il pelo ma non il vizio. La puntata di stasera stava andando abbastanza bene, fino ad un certo punto, poi si son buttati a capofitto sulla questione dell'aumento IVA a Sky Tv, con filmati esterni, interviste a Di Pietro (figuriamoci se questo poteva mancare!!) ed altri, tirandola per le lunghe su tale inventato problema, anzichè far spremere le meningi agli esperti presenti sul come risolvere la crisi mondiale. Sono cominciati gli sproloqui tipici di tal genere di trasmissioni, al che ho detto...ciao Floris,...ho spento ed eccomi qua.
Forse Floris non se n'è accorto e allora glielo voglio insegnare io.
Finchè Floris si comporterà così verso Berlusconi - prendendolo sempre di mira, anche per argomenti insipidi come questo dell'IVA a Sky - non farà altro che fargli aumentare il consenso verso il popolo/pubblico italiano. E io, Floris così facendo, mi ritrovo automaticamente in perfetta sintonia con tale parte di "pubblico/popolo"(tanto per stare alla definizione coniata da Gentiloni).

Legge ammazzablog

Vengo informato adesso, dai blog di Elly e Nessie, delle proposte di legge ammazzablog che sono in cantiere in Europa; e quindi in Italia, in quanto obbligati dal Trattato di Lisbona.
Voglio ricordare a quanti hanno "a cuore l'emanazione di una siffatta legge", che per me, e tanti come me, il blog è stato un toccasana, un mezzo fantastico per uscire dall'isolamento, dalla depressione e dalla prostrazione causata da una lunga malattia; peggio ancora se poi questa è o diventa cronica, come nel mio caso.
Questo concetto, sull' utilità pratica del blog, che può sembrare sia stato creato ad arte in questa occasione per "tarpare le ali" all'eventuale legislatore "poco pratico dei casi della vita", non è nuovo per gli affezionati lettori di questo blog; i quali vi avranno sovente letto argomenti inneggianti all'utilità, praticità e piacere di condivisione dei blog; specie per "soggetti" che devono convivere con immobilità e "clausura".
Condivisione: una parola tanto cara a vaste platee "falsamente" democratiche della politica (sono condivisioniste-democratiche quando si tratta di "caldeggiare" leggi che a loro fanno "comodo"), nei casi come questo dei blog non viene nemmeno menzionata, e tanto meno considerata: gran bella coerenza politica!!!

lunedì, dicembre 01, 2008

Un blogger ottimista "d'altri tempi"

Quello che leggerete qui sotto, è il contenuto di una mail inviatami da un amico, il 22 luglio 2008; dal suo tenore, sembra passata un'eternità. E' il copia-incolla del blog di un ignoto professionista della carta stampata, specializzato in economia e finanza. Parla della situazione economica mondiale, con preciso riferimento all'andamento delle borse internazionali, così per come veniva vista dall'autore alla fine di luglio. Dal come stavano andando le cose, sembrava di essere ormai prossimi ad una debacle generale, mentre invece, l'ignoto e alquanto ottimista autore del blog aveva tutt'altra visione della situazione mondiale di quel momento (solo quattro mesi fa). In giro per il mondo - diceva l'autore di quel post, che ho pubblicato qui di seguito - c'è molta liquidità pronta ad avventarsi ad avvoltoio sulle borse, quando i prezzi dei titoli saranno giunti all'ecatombe finale. Alla luce di quanto accaduto dopo tale data, sarà ancora di tale ottimismo, o si sarà buttato anche lui nella schiera di quelli che vedono tutto nero? Di quelli che vedono a tempi brevi l'inizio di un "disastro mondiale"? Anche il meno 5 % circa della chiusura odierna della borsa italiana, non fa presagire niente di buono. Che ne sarà del futuro? Solo ai posteri è dato ciò di sapere. A noi resta solo di cercare nuovi modus vivendi. "Leggendo tra le righe" dei listini borsistici mondiali, e in primis in quello dell'Italia, sembra quasi di scorgere, intravedere quella che sembra essere "la resa dei conti", la fine della civiltà dei consumi "ad ogni costo".

Tornando al post, contenuto in quella mail, lo ripubblico volentieri (non avendolo fatto finora), per via di quella ventata di ottimismo e fiducia che vi si coglieva; sperando che l'autore si possa far vivo e ci scriva il seguito di quello che oggi sembra essere solo un bel racconto a lieto fine a venire.

E’ partito il Gran Premio Internazionale del "Catastrofista 2008". Ormai e’ una gara tra chi aveva previsto per primo la crisi e tra chi fa la previsione piu’ tragica. Sembra esserci una sorta di compiacimento perverso nel dipingere il nero sempre piu’ cupo e buio, quasi come il dramma fosse sinonimo di successo, dimenticando che in questo mondo dobbiamo viverci, e chi scrive (compreso il sottoscritto) e’ parte integrante del componimento. Siamo nel momento del bisogno, e quasi nessuno propone soluzioni (anche fantasiose come quelle del Berlusconi), vie d’uscita o possibili rimedi ai gravi problemi. Eppure esistono. Utopista ed idealista io? Pessimisti quelli del Gran Premio Internazionale? O forse i numerosi report che prevedono il peggio sono semplicemente un bagno di realismo? Leggo molte cose che non mi piacciono, si criticano professionisti che da anni si mettono continuamente in gioco, raccontando e cercando di interpretare i mercati, soprattutto nei momenti caldi di vero panico, non si sono mai sottratti alle responsabilita’ di scrittura. Si critica chi cerca di dare una sferzata all’attuale momento negativo, quasi come il "colpevole" fosse chi oggi sta cercando il rimedio. Si enfatizzano i difetti ed eventi in modo a mio avviso strumentale, con lo scopo dell’accaparramento del cliente o peggio della mente e del pensiero del risparmiatore. Capisco che per molti questo e’ un momento difficile, soprattutto a livello psicologico, pero’ bisogna anche imparare a saper gestire la situazione, pensando (e scrivo una cosa banalissima) che gli affari si fanno quando i prezzi sono bassi e non il contrario. Al risparmiatore ed al mercato in generale manca un elemento importante: la FIDUCIA. Ed e’ proprio questo che le istituzioni, con le siringate di liquidita’, stanno cercando di fare, ben sapendo che con il riacquisto di questa virtu’, il mondo improvvisamente apparira’ diverso. Sull’operazione salvataggio Fannie Mae e Freddie Mac si puntano gli indici dei critici, ma non e’ la prima volta che assistiamo all’intervento dello stato nel libero mercato. Memoria troppo corta? Fa parte del gioco.CASH IS KING: intanto chi ha i soldi (perche’ la liquidita’ c’e', esiste!) fa affari, coglie al volo i saldi e compra. E’ di ieri la notizia che il Banco Santader si compra per pochi spicci l’inglese Alliance & Leicester, PHILIPS pubblica un bilancio migliore delle aspettative e British Telecom si e’ lanciata in un forte investimento nelle fibre ottiche. Non sara’ la guarigione, ma tra tante nubi, si vede anche qualche raggio di sole. Per deformazione professionale, tendo sempre a vedere i possibili problemi quando le cose vanno troppo bene, quando nello spreco di energia si accumulano bacilli, ed al contrario a vedere le possibilita’ di guarigione quando la situazione e’ difficile, quando stiamo vivendo la malattia. Qualcuno dice che non e’ elegante ricordare quanto si e’ scritto, a me invece sembra doveroso, nel bene e nel male, altrimenti che senso avrebbe scrivere? L’anno scorso in questo blog (sin da Gennaio) si e’ piu’ volte avvertito sul rischio di una crisi finanziara, non certo per voler sfidare l’Olimpo, ne’ per voler andare ad ogni costo controcorrente, meno ancora per voler menare gramo, semplicemente perche’ si vedevano i sintomi e perche’ i rischi erano forti. Sbagliero’, ma da questa crisi ne usciremo piu’ forti, il mondo si sta finalmente riequilibrando, la finanza si sta disintossicando, e l’eccessiva finanziarizzazione dell’economia sembra aver toccato lo zenith, il Debito non e’ piu’ una virtu’, ma un difetto, il Credito riprende finalmente il suo ruolo qualitativo. Il peggio era ieri, quando si vive di vizi prima o poi si paga, oggi ci stiamo solo curando la sbornia degli anni passati, non ci resta che avere pazienza ed attendere con fiducia, cercando, nel nostro caso, le occasioni migliori. L’orizzonte non e’ tempestoso, ma ricco di luce, pero’ ricordate anche che l’orizzonte non e’ domani, mentre in borsa, dove si macina il futuro, ogni momento e’ buono per una violenta inversione, basta solo non farsi condizionare dal momento…


 

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