marshall

giovedì, settembre 23, 2010

Le zecche del Medeghino

Nota
il post è il commento scritto per Josh, nel post Musso e il Medeghino .
Contiene notizie talmente interessanti per i collezionisti di monete, che ho pensato di tramutarlo in post. Esso va considerato come un abbozzo, ma le notizie in esso contenute, a proposito di monete, sono veritiere e perfette. Si accettano consigli da collezionisti per approfondire e/o migliorare il post (l'articolo).

..."a proposito di monete, il Medeghino aveva per così dire "ereditato" le due zecche - quella di Musso e quella di Mesocco (Svizzera) - dal precedente per così dire "proprietario", il maresciallo Trivulzio, che a sua volta aveva avuto "in dono" il piccolo/minuto regno dal re di Francia, per meriti di guerra. Costui, dotato di grande inventiva, aveva creato due distinte zecche, una in ciascuno dei due castelli (il castello di Mesocco che trovi su Google ti può dare una pallida idea di come doveva essere uno dei tre castelli di Musso. Sì perchè i castelli qui a Musso erano tre. Tutti rasi al suolo nel 1532 per paura che il De Medici vi sarebbe potuto tornare!)
Comunque, in quelle due zecche il Medeghino vi produsse monete in profusione, tante a seconda del bisogno di moneta circolante, per sostenere il "giro d'affari" dell'economia in continua crescita.
Nella zecca di Musso vi produsse 7 tipi di monete di taglio metallo e valore facciale diverso (in oro, lega oro argento, argento, e così via). Diventato marchese di Lecco, vi ereditò pure quella zecca, ed uno degli episodi legati agli assedi che ho ricordato nel post è avvenuto proprio a Lecco. In tale zecca vi produsse anche una moneta d'argento il cui unico esemplare conosciuto è entrato a far parte della collezione di Vittorio Emanuele III Re d'Italia (non gratis, perchè l'aveva pagata parecchio!)".

mercoledì, settembre 22, 2010

Emigranti del Lario a Palermo

Scorrendo la descrizione delle 31 chiese, scritta da Mariuccia Belloni Zecchinelli nel libro L'Alto Lario I (dedicato ai comuni della costa occidentale) - Casa Editrice Pietro Cairoli, Como 1970 - l'attenzione cade su una particolarità che accomuna tutti i paesi dell'Alto Lario: la forte emigrazione che c'è stata soprattutto verso Palermo, e in secondo grado di preferenza verso Ancona, di abitanti di questi comuni nei secoli XVI - XVIII.
Nella descrizione molto particolareggiata che la Zecchinelli fa delle 31 chiese, sembra quasi di scorgervi il celato intento di far aumentare l'amore verso le nostre belle chiese, che sia credenti o meno, e poi sembra voglia ricordarci che ci fu un tempo in cui avvenne l' "emigrazione al contrario", cioè da Nord verso Sud. Quando scrisse quel libro, fine degli anni '60, esisteva già un certo contrasto tra settentrionali e meridionali, anche se quasi sempre manifestato più in forma goliardica che di reale contrasto (gli sfottò erano più che altro gran motivo per innescare ilarità); ma il fenomeno extracomunitari era ancora ben lungi a venire, e non era nemmeno nell'aria. Ora è scoppiato e c'è in ogni dove il tentativo di affiancare moschee alle nostre belle chiese (cliccare qui per leggere un articolo di Nessie). In tale ottica, erano quindi tempi assolutamente non sospetti quelli in cui la nostra Zecchinelli decantava le nostre chiese, poichè il fenomeno immigrazione da paesi extracomunitari - con desiderio da parte loro di impiantare qui le loro moschee - è iniziato solo alla fine degli anni '80.

Tornando alle nostre chiese, e all'unito tema della "emigrazione al contrario verso Palermo", a titolo di eseplificazione dei concetti su esposti trascrivo integralmente il brano che la Zecchinelli scrisse relativamente alla Chiesa di San Pietro in Costa, in comune Dosso del Liro, paese dell'Alto Lario posto a 650 m. di altitudine nella zona di Gravedona.

Già un tempo parrocchiale di Dosso Liro su di un pittoresco dosso roccioso tra due forre dove si dice si rifugiassero i gravedonesi nei primi secoli dopo il mille in caso di guerra sotterrandovi i loro tesori. E' nominata sin dal 1328; ha bella facciatina affrescata a finto bugnato rosso con l'effige di San Pietro ed il monogramma di San Bernardino, sotto al tetto a capanna. L'abside ha un insolito motivo a galleria con due oculi per dar luce all'interno dei tre arconi acuti a tetto in larice affrescato nel cinquecento. Nella zona absidale il Salvatore entro mandorla fra gli Evangelisti ed i Dottori della Chiesa, i dodici Apostoli (1532), un'Annunciazione. Tra i vari riquadri lungo la navata è saliente quello offerto dalla "schola" di Liro in Palermo (la confraternita degli emigrati) a scioglimento di un voto fatto laggiù in periodo di pestilenza (1577). Ancora interessanti i ceppi dipinti su di un affresco, forse offerto da uno di loro per la liberazione dalla prigionia.

Le citazioni di chiese adornate con donazioni di suppellettili, paramenti sacri - fatti da emigrati locali a Palermo, in quei circa 300 anni - proseguono con la

Chiesa di San Donato a Germasino (suo vanto sono i magnifici paramenti antichi a ricamo ed un reliquiario in argento di Santa Rosalia, donato nel 1734 dagli abitanti emigrati a Palermo);

Chiesa di San Giuliano a Stazzona (La chiesa possiede magnifici paramenti antichi e molti oggetti sacri in argento cesellato dei secoli XVII e XVIII, dono dei parrocchiani emigrati a Palermo);

Chiesa di San giovanni Battista a Brenzio, frazione di Consiglio di Rumo (...Ma è più nota per gli affreschi del Fiammenghino (1628) nella cappella di San Giovanni fatta a spese degli emigrati in Palermo, dei quali sono anche reliquiari e paramenti della stessa origine).

Chiesa di Sant'Eusebio a Peglio (... La croce astile e gli altri oggetti sacri tra cui un bel turibolo ed una raffinata navicella in argento - sec. XVIII - sono dono dei pegliesi emigrati a Palermo).

Chiesa parrocchiale di Vercana
Nativo di Vercana fu nel secolo XVIII il pittore Antonio Maria Caraccioli, detto il "Caracciolo da Vercana", emigrato a Palermo intorno al 1770, e che lasciò vari affreschi anche nella parrocchiale del suo paese natio. In questa chiesa gli emigrati a Palermo offrirono nel 1640 la cappella del Rosario, ed in quella della frazione di Caino un reliquiario, paramenti (1697) ed una bella statua barocca in legno dorato di Santa Rosalia.

Chiesa della Madonna delle Grazie di Trezzone
(Piccolo comune sui monti di Sorico, ... , nel XIII secolo era un importante Comune, ... . Anche da qui si verificò dal XVI al XVIII secolo una forte emigrazione verso Palermo).
La chiesa fu eretta in parrocchia nel 1560. Conserva due quadri ad olio del pittore Caracciolo da Vercana, un reliquiario di Santa Rosalia ed il completo dei paramenti funebri recanti scritto "Scola Panormi" che li rivela dono della confraternita dei parrocchiani emigrati a Palermo.

Chiesa di San Martino di Montemezzo
... Fra gli altri affreschi, quelli delle cappelle, di cui una del Caracciolo da Vercana, furono offerti dagli emigrati ad Ancona ed a Palermo, ai quali si devono anche la grande lampada in argento ed i ricchi paramenti.

Le tradizioni cristiane dell'Alto Lario

Quante chiese ci sono in Italia? Provate a domandarlo al motore di ricerca Google, non troverete una risposta univoca, certa. Quella più sensata è stata di un utente di Yahoo Italia Answers. Secondo un suo calcolo empirico dovrebbero essere circa 22.000. Per il calcolo è partito dalla percentuale di italiani che va a messa ogni domenica: il 36,8%, quindi circa 22 milioni. Dato che ogni chiesa può contenere all'incirca 500 persone, ovvero 1000 tra mattino e sera; i 22 milioni di italiani che vanno a messa in mille per chiesa riempiono 22.000 chiese. Ma secondo me sono parecchie di più. Pensate che nel solo libro riguardante l'Alto Lario Occidentale, Mariuccia Belloni Zecchinelli fa la minuziosa descrizione di ben 31 chiese e solo per quelle antiche e interessanti dal punto di vista artistico, dislocate nei seguenti comuni (tra parentesi il numero di chiese), e pensate che in un rione di Scicli (Sicilia) ci sono ben 40 chiese in uno spazio di 1 kmq.

Ecco l'elenco provvisorio delle 31 chiese dell'Alto Lario occidentale.

Santa Maria Rezzonico (1) chiesa di Santa Maria
Cremia (2) chiesa di San Vito, chiesa di San Michele
Pianello Lario (1) chiesa di San Martino
Musso (2) Chiesa di San Biagio, Chiesa di Sant'Eufemia
Dongo (3) Chiesa di Santo Stefano, Chiesa di Santa Maria in Martinico,
--------Santuario di Santa Maria del Fiume o delle Lagrime
Garzeno (1) Chiesa di San Pietro
Germasino (1) Chiesa di San Donato
Stazzona (2) Chiesa di San Giuliano, Oratorio di San Gottardo a Vergosio
Consiglio di Rumo (2) Chiesa di San Gregorio, Chiesa di San Giovanni Battista (nella frazione di Brenzio)
Gravedona (4) Chiesa di San Vincenzo, Chiesa di Santa Maria del Tiglio, Chiesa di Santa Maria delle Grazie, detta il Convento, Chiesa dei Santi Gusmeo e Matteo
Dosso del Liro (1) Chiesa di San Pietro in Costa
Peglio (1) Chiesa di Sant'Eusebio
Domaso (2) Chiesa di San Bartolomeo, Chiesa di San Giovanni
Livo (1) Chiesa di San Giacomo o "Chiesa Vecchia"
Vercana (1) Chiesa Parrocchiale, Chiesa in frazione Caino
Gera Lario (1) Chiesa di San Vincenzo
Trezzone (1) Chiesa della Madonna delle Grazie
Montemezzo (1) Chiesa di San Martino
Sorico (3) Chiesa di Santo Stefano, Chiesa di San Miro, Chiesa di San Fedelino

In totale 31 chiese cattoliche.

martedì, settembre 21, 2010

Sentiero del Viandante da Corenno a Dervio

Alcuni scorci del Sentiero del Viandante tra Corenno Plinio e Dervio. Fotografie di Angela Acerboni.

Campanile dei santi Quirico e Giulitta, sul Sentiero del Viandante a Dervio

Fontana e lavatoio a Corenno, sul Sentiero del Viandante

Sentiero del Viandante da Chiari a Corenno

Castello e Chiesa di Corenno viste dal Sentiero del Viandante

Piazza della chiesa di Corenno Plinio

Corenno Plinio - due delle tre arche della famiglia Andreani

Corenno, le scale che scendono al lago

Corenno dal Sentiero del Viandante

Sentiero del Viandante a Corenno

Sentiero del Viandante a Corenno. Sullo sfondo il Castello

Sentiero del Viandante a Corenno - gradini scavati nella roccia

Sentiero del Viandante a Corenno Plinio

Tra le case di Castello - Dervio

venerdì, settembre 17, 2010

Ricette con melanzane

A proposito di melanzane, di cui al post precedente, l'ortaggio è originario dell'India, da dove è giunto nei paesi arabi, e da lì alla Sicilia, importato dagli stessi. Ecco una delle ragioni per la quale l'isola è diventato il maggior produttore nazionale di melanzane.
In origine si pensava che l'ortaggio fosse venefico, non commestibile; fu quindi bandito dall'alimentazione e per questo chiamato "mela insana". Più tardi se ne scoprirono invece le ottime qualità, e il suo nome venne quindi tramutato in "mela sana", "melanzana".

La melanzana rossa di Rotonda, paesino in provincia di Potenza, è stata invece importata dall'Etiopia, a fine '800, da qualche reduce delle imprese coloniali italiane. Attecchita in quel comune, dagli anni '40 è stata assoggettata a vari innesti fino ad ottenere il prodotto attuale, il quale ha recentemente ottenuto il riconoscimento in via definitiva della Denominazione d'Origine Protetta, tutelato con il marchio D.O.P.
Con ciò sarebbe plausibile pensare abbia un costo superiore alle melanzane comuni. Come invece sì è potuto constatare dalla trasmissione di Occhio alla Spesa di mercoledì, esse avevano un costo di appena euro 1,90 al kg; quindi un prezzo compreso nella forchetta 1/1,90 euro. Ben lontani quindi dagli euro 2,6 al kg per le melanzane comuni vendute a Bologna. Di ciò se ne è stupito ed amareggiato anche Josh, nell'inviarmi le sue ricette preferite in tema di melanzane. Sono ricette molto appetitose e nel contempo facili da realizzare, anche per uno come me, totalmente negato per le cucine .

La prima si riferisce alla classica parmigiana di melanzane nella variante ipocalorica, quindi adatta a tutti, anche ai sedentari come me, e senza perdere molto in gusto rispetto a quella tradizionale fatta con fettine di melanzane preventivamente fritte in olio.

Melanzane alla parmigiana/pizzaiola
tagliate a fette per il lungo, precotte in acqua appena salata e sgocciolate, e poi stratificate in teglia con mozzarella, pomodoro, origano e tutto in forno;

Melanzane alla piastra

tagliate sottilissime, vengno cotte alla piastra, senza olio. Dopo averle così asciugate, si condiscono nel piatto con un po' d'olio extravergine, un battuto di prezzemolo e un po' di aglio 'micronizzato'

Melanzane alla parmigiana (in versione ipocalorica)
Se ci pensate, nella parmigiana le melanzane in sè non hanno mica tante calorie, nemmeno il pomodoro, un po' di più la mozzarella. La versione più leggera della parmigiana si ottiene non friggendo le melanzane in olio (prima del forno) ma semplicemente cuocendole in acqua salata, poi si procede al solito a strati con mozzarella, pomodoro, origano. Le uniche vere calorie in questo sono quelle della mozzarella...ma non sono così tante: si può usare anche una mozzarella ipocalorica, se proprio si deve. Intanto non ci priva del piatto e del gusto.

Melanzane gratinate
Al gratin, come fossero pomodori o peperoni, sempre in forno. Basta sbollentarle in acqua un attimo, già tagliate a metà e svuotate dei semi: ottenuta la forma 'a barchetta' si riempiono col consueto battuto a base di pangrattato, sale, un filo di olio, prezzemolo, aglio tritato e parmigiano grattugiato, Poi tutto in forno.

Come vedete, sono di semplice realizzazione anche per un semplice profano come me.

Le foto, tratte da Google Immagini, sono disposte a caso.

mercoledì, settembre 15, 2010

Le gustosissime melanzane di Dervio


Puntata dedicata alla melanzana, quella di oggi ad Occhio alla spesa. Il suo prezzo di vendita sui banchi dei mercati rionali italiani è oggi oscillato tra 1 e 1,9 euro al kg, a seconda delle regioni, ma con punte estreme, fuori dalla forbice, di euro 2,6 al kg per la città di Bologna ed euro 0,99 al kg per Roma. Il maggior produttore nazionale è la Sicilia, col suo peso del 30 percento sul totale prodotto nazionale di melanzane, aggirantesi sui 2,5 milioni di q.li/anno. Una delle grosse novità, per quel che mi riguarda, è stata la melanzana rossa. Prodotta in Basilicata, ha ricevuto di recente anche il marchio D.O.P. in via definitiva. Per forma e per colore essa è facilmente confondibile con un normale pomodoro tondo. Diversamente dalle altre melanzane, che sono originarie dell'India, la melanzana rossa, coltivata estensivamente in Lucania fin dagli anni'40, proviene invece dall'Etiopia, da dove è stata importata da qualche reduce delle imprese coloniali di fine '800. Le produce soprattutto un'impresa agricola della regione, cui è stato definitivamente accordato di fregiarsi del marchio D.O.P.

Tra le caratteristiche organolettiche della melanzana è bene ricordare che essa aiuta ad abbassare il colesterolo cattivo ed è ricca di potassio, oltre che di vitamine A e C.

Solitamente ha sapore amarognolo, ma quelle che ho gustate a Dervio, coltivate in uno dei numerosi orti che li ancora esistono, sono state di sapore diverso, gustosissime, poco amarognole. Sarà il terreno o l'aria del posto, particolarmente vocato per questo genere di ortaggio?

A conclusione della prima parte della trasmissione, quella dedicata alle melanzane, Alessandro Di Pietro ha consigliato la degustazione delle polpette di melanzane, presentandole come una squisitezza unica.

martedì, settembre 14, 2010

"Viaggio nella mente di Ravel"




Passione e malattia : all'origine della musica del "Bolero"
Per comprendere meglio quanto scritto nel commentario del post Settembre, Chardin e la poesia delle piccole cose, a proposito di Maurice Ravel, e del suo Adagio dal Concerto in Sol maggiore, magistralmente interpretato da Arturo Benedetti Michelangeli, bisognerebbe riferirsi alla biografia del musicista francese che ha segnato l'inizio del '900.
E' scritta da Enzo Restagno, critico musicale, docente di Storia della musica, direttore artistico del festival MiTo, in corso di svolgimento nelle due città dal 3 al 24 settembre.

Ne trascrivo uno stralcio dall'articolo di Armando Torno, pubblicato dal Corriere della Sera di venerdì 20 novembre 2009.

Londra, 1948. Al congresso di neuropsicopatologia il professor Théophile Alajouanine legge una relazione sul caso Maurice Ravel. Conosce bene le vicende, giacchè nell'ultima fase della vita del musicista (morto nel 1937), quando si manifestarono gli inquietanti disturbi cerebrali, aveva avuto modo di esaminarlo. Conservava memoria e orecchio intatti ma non era più in grado di scrivere e leggere la musica; già nel 1934 per stilare una lettera di poche righe impiegava otto giorni, andando a cercare ogni parola sul dizionario e copiandola quasi fosse un geroglifico misterioso. Lo scienziato così compendia il dramma dell'artista: "Ha sperimentato la tortura di essere murato vivo entro un organismo che non ubbidiva più alla sua intelligenza. Osservava disperato vivere in lui un estraneo al quale lo aveva accoppiato un destino malvagio".
Ravel era ormai nell'immaginario di tutti. I ritmi del Bolero con le loro nenie incantatorie permeavano il vuoto esistenziale che sarebbe diventato una condizione del Novecento. Il Concerto pour la main gauche en ré majeur, commissionato dal pianista austriaco Paul Wittgenstein - fratello del filosofo Ludwig - che aveva perso l'uso dell'arto durante la Grande Guerra, è un continuo accavallarsi di reminescenze "nelle quali riconosciamo il tormento di una memoria che teme di smarrire se stessa". Potremmo continuare, sino alle ultime opere che lo videro non più in grado di scrivere, ma non riusciremmo a compendiare in poche battute l'infinito lavoro di Enzo Restagno Ravel e l'anima delle cose (il Saggiatore, pp.680, € 35), dal quale abbiamo preso in prestito il passo.
(Il post è anche ripubblicato nel commentario di Josh)

lunedì, settembre 13, 2010

Il Sentiero del Viandante

Fino agli inizi del XIX secolo gli spostamenti tra Lecco e la Valtellina potevano avvenire solo attraverso disagevoli sentieri di montagna e mulattiere. Caduto Napoleone nel 1815, seguì la Restaurazione durante la quale l'Austria rimise in suo asservimento la Lombardia. Divenne più guardinga, tirannica e sospettosa verso i lombardi, tra l'altro introducendo o ripristinando il "rito" del coprifuoco. Per rendere più agevole e velocizzare lo spostamento di truppe da e verso la madre patria, progettarono poi una vera strada militare per lo Stelvio. La strada fu inaugurata nel 1832, ed è l'attuale provinciale 72 Lecco-Colico. Fino a quel periodo, gli spostamenti in quel versante del lago di Como potevano avvenire solo via lago o attraverso sentieri e mulattiere, unica rete di collegamento via terra. Un tempo quel sentiero era indicato come Via Ducale o Via Regia. In tempi più vicini a noi era chiamata "Strada dei Viandanti".Di essa, ormai in disuso e trascurata, se ne stavano perdendo tracce e perfin la memoria. Da anni le proloco dei paesi interessati sono attivamente impegnate, a scopo didattico-turistico, per far ripristinare e far rivivere quegli antichissimi sentieri. Di alcuni tratti si sarebbero riscontrate enormi difficoltà nell'individuazione del giusto itinerario, o quello principale. E' il caso di Dervio, ad esempio, il cui tratto cittadino del sentiero è stato inglobato nella suddetta provinciale 72, per tutto il tratto di via Duca d'Aosta, che ne ha assorbita ogni traccia; proseguendo per il centro storico cittadino, invece, il sentiero si allontana dalla provinciale, in via Diaz, quasi a volerla baipassare, in realtà staccandosi da essa da dopo il ponte austriaco della provinciale sul fiume Varrone e su fino al quartiere Castello, costeggiando la Torre Medievale. Il tratto di sentiero che va dal Varrone alle tre fontane credo sia uno dei più suggestivamente malinconici del percorso cittadino. Compie un breve tragitto passando tra le antiche case del vecchio centro storico, quasi tutte ripristinate. Il sentiero-viottolo è stato tutto pavimentato di recente con i sanpietrini. Unico neo riscontrato, rispettando l'antico tracciato alcuni tratti dello stradello sono fatti a gradini per poter "mangiare" il dislivello esistente tra il ponte sul Fiume e le tre fontane; ragion per cui è di difficle fruizione da parte di un disabile in carrozzella. Delle tre fontane - che zampillano in continuazione acqua fresca, ricca di minerali ferrosi - una è stata spostata più a valle per renderne più facilmente fruibile l'utilizzo. Quella via del tratto cittadino si chiama appunto Sentiero del Viandante. Gli amanti della passeggiata potranno gustare quel tragitto domenica 19 settembre, quando si svolgerà la seconda delle cinque tappe della passeggiata da Colico ad Abbadia.
Gl'interessati possono consultare in rete il programma, cliccando qui di seguito Il sentiero del Viandante.
La partenza è prevista dalla stazione ferroviaria di Bellano, da dove si partirà in treno per Dorio. Qui s'inizierà la passeggiata con visita al borgo rurale di Mandonìco ed alla chiesa di S.Giorgio del '400.
Passeggiata lungo il sentiero fino al BORGO MEDIEVALE DI CORENNO PLINIO con visita guidata alla chiesa di S.Tommaso di Canterbury con le arche degli Andreani ed al borgo con il Castello e le famose "scalotte", lunghe scalinate molto ampie, con i gradini scolpiti direttamente nella roccia. Dopo questo tuffo nella "Storia" l'animo sarebbe già abbondantemente appagato della pur piacevole faticata della passeggiata, ma dobbiamo proseguire perchè siamo solo agli inizi della camminata...
... ci attende il Castello di Dervio, dotato di torre d'avvistamento in vista lago, ancora integra, risalente al tardo medioevo.
Dopo una sosta di ristoro con visita a Dervio, si riparte in direzione del Santuario di Lezzeno dedicato alla Madonna delle lacrime, risalente al 1690.
Discesa a Bellano toccando la frazione di Ombriaco.
Tappa obbligata all'Orrido di Bellano, dopo di chè si torna verso la stazione ferroviaria toccando la monumentale chiesa parrocchiale trecentesca dei S.S. Nazaro e Celso.

Foto: dall'alto:
- Dorio (luogo di partenza della seconda tappa della camminata sul Sentiero del Viandante);
- tramonto sul lago con vista su Dorio (le due foto sono di Angela Acerboni)
- Corenno Plinio

sabato, settembre 11, 2010

Santa Maria Rezzonico


Proseguendo in direzione di Menaggio, poco dopo Musso, s'incontra Rezzonico e quindi Santa Maria Rezzonico, località delle quali parlerò più specificatamente trattando delle antiche fortificazioni Romane del Lario, delle quali sono riuscite a sopravvivere tangibili testimonianze in questo lembo di terra. Le mura romane sopravvissute a Santa Maria Rezzonico sono la prova della grande importanza strategica che il lago di Como ebbe in epoca Romana. Quelle mura facevano parte del sistema di avvistamento e avanzamento prima, quando Roma era in fase di crescita, e di difesa poi, quando iniziò la disgregazione dell'Impero.

Qui mi piace ricordare di papa Rezzonico, il papa veneziano originario di queste parti. Proveniva infatti da un ceppo collaterale della potente famiglia milanese dei Della Torre, i Della Torre di Rezzonico. E' bene ricordare che i Della Torre sono stati signori di Milano, prima di venire estromessi dai Visconti, risultati vincitori sui Torriani della celebre battaglia di Desio del 21 gennaio 1277. Di Rezzonico era appunto originario il ceppo veneziano dei Della Torre che diede i natali a Papa Clemente XIII.
A Venezia i Rezzonico acquistarono e portarono a compimento un imponente edificio, divenuto in seguito uno degli importanti palazzi veneziani, Ca' Rezzonico. Il complesso dà anche il nome ad una importante fermata della della linea 1 del vaporetto sul Canal Grande.
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Curiosità tra bloggers: digitando la parola "Rezzonico", nel blog di Fausto, si perviene ad una serie di interessanti articoli su Venezia.
Per gli amanti del cinema, la fermata "Ca' Rezzonico" sul Canal Grande è ripresa nel film "Indiana Jones e l'ultima crociata". Nella sequenza dell'arrivo dei tre a Venezia http://www.youtube.com/watch?v=fMmln5WMsP8 dovrebbe essere visibile il loro sbarco proprio alla fermata "Ca' Rezzonico".

Foto: Santa Maria Rezzonico -dal sito negli occhi fotoblog

La leggenda di Musso

Chiesa di Sant'Eufemia - Foto di Felice de Paoli

Come si siano svolti realmente i fatti, lo possiamo solo immaginare. La leggenda ha a che vedere con la Chiesa di Sant'Eufemia, ricostruita nel 1622. E' un piccolo oratorio con portichetto antistante aggiunto nel 1662. La chiesa è in posizione pittoresca e panoramica sullo sperone del Sasso di Musso.
Ma qui, quella santa, cui sono dedicate molte chiese del lago e delle valli circostanti (tra le quali si ricordano quelle sull'Isola Comacina e di Teglio in Valtellina), non ha nulla a che vedere. La santa, cui è stata dedicata questa chiesa, era una pia donna di Sueglio, paese posizionato alla spalle di Dervio, che si trova nella parte opposta del lago, sulla riva orientale. La pia donna si era rifugiata a Musso perchè mal voluta dai suoi paesani. Secondo la leggenda aveva attraversato il lago all'asciutto "segandone" le acque con una sega e lasciando cadere in profondità sotto il Sasso di Musso una campana: "...si, si vai pur giù, che tanto non troverai il fondo!" .

Dopo la sua morte le eressero la chiesetta con la porta verso Musso che i Donghesi muravano di notte per aprirne un'altra volta a Dongo: al mattino la trovavano chiusa, ed era regolarmente riaperta quella verso Musso a dimostrazione che la Santa prediligeva questo paese. Ancora oggi gli abitanti di Sueglio vengono all'oratorio a celebrare la festa della Santa nel suo giorno onomastico, 16 settembre (nota bene: sto parlando di una tradizione che interessava i parrocchiani della Pieve di Dervio, cui facevano capo anche le parrocchie di Vestreno, Sueglio, Introzzo. Era in voga ancora negli anni '70. Non so se oggi sia ancora così).

Come si è capito, il Sasso di Musso si trova tra Musso e Dongo, segnandone il confine. Ciò è rilevante ai fini di una Storia - una grande storia vera - in preparazione.
Bibliografia: L'Alto Lario - Mariuccia Belloni Zecchinelli - Edizioni Pietro Cairoli, Como
Foto: Musso - la Chiesa di Santa Eufemia -dal sito Assessorato al Turismo Provincia di Como

Aggiornamento del 20 febbraio 2012
La storia vera di cui parlo è quella riguardante il Medeghino, descritta nel post Musso e il Medeghino.

Dongo, ovvero delle origini della Falk


Anche Dongo, come detto, faceva parte delle Tre-Pievi, essendone la propaggine più a sud.

Negli anni '80, quando iniziai ad interessarmi attivamente di borsa, mi consigliavano di seguire attentamente 4 titoli: i due che finivano in elli, Pirelli e Agnelli (FIAT), poi Pesenti (Italcementi), quindi Falk. Tra le quattro era anche nato un sodalizio perfetto, fatto di partecipazioni incrociate. Prima di quel periodo, quindi prima degli anni '80, ero ragazzo ed abitavo a Cinisello. Mattina, giorno e sera, ma soprattutto intorno alle 14, quando finiva ed iniziava il turno di quell'ora, mi capitava d'incrociare operai della Falk che dal mio paese si recavano al lavoro in bicicletta verso Sesto San Giovanni, dove le Acciaierie avevano il loro più grande stabilimento (enorme, occupava quasi metà città), con i loro maggior alti forni (che oggi non esistono più); dava lavoro, e quindi ricchezza, a migliaia di famiglie del circondario e della bergamasca, da dove molti venivano. Non a caso ho parlato di ricchezza, perchè due di tali operai, che conobbi fraternamente, morti gli anni addietro, hanno lasciato in eredità ai loro figli fior fior di case (case, al plurale) e cospicui conticini in banca. Erano risparmiatori all'osso. Per accantonare tutti quei soldi, si erano alimentati soprattutto ad uova, che facevano produrre dalle loro galline, e poi, come se non bastasse, nel tempo libero - si fa per dire - si costruivano le case. E' così che l'Italia è cresciuta in quegli anni. E' così che l'Italia si era risollevata dai guasti della guerra.
A quei nonni, che hanno ricostruito l'Italia e creato il benessere di cui noi godiamo - checchè se ne dica - dobbiamo la nostra infinita riconoscenza. Già perchè finito il pesante lavoro dell'acciaieria, si caricavano di straordinari coltivando l'orticello e accudendo a conigli e galline.

Ebbene, le origini della Falk, e della Pirelli, sono da attribuire al lago di Como. La Falk è nata nei pressi di Dongo. Il fondatore delle Industrie Pirelli era nato a Varenna (Lecco), figlio di un fornaio del posto. Ma di costui parleremo in successivi post, qui ci occupiamo della "bella" storia della Falk.

In epoca comunale, "Dongo fu Borgo cinto da mura di cui rimane un piccolissimo avanzo con porta ad arco in piazza Vertua Gentile. ... dal secolo XV in poi vi sorsero i forni per il minerale di ferro che si cavava dalle miniere di Barbignano e Tegano nella sua valle, e che si portava dalle altre miniere della valle Morobbia attraverso la strada del San Jorio. Erede di questa antica lavorazione del ferro fu alla fine del settecento la famiglia Rubini, che nel 1839 si continuò nella Ditta Rubini - Scalini - Falk.
...
Dal 1880 le miniere di Dongo furono abbandonate, ma l'industria del ferro vi si continua tuttora (nota bene: stiamo parlando degli anni '60, quando fu scritto il presente capitolo) dalla Società Acciaierie e Ferriere Lombarde Falk, che ha estesissimi stabilimenti ed un proprio porto al di là della foce dell'Albano".

Bibliografia: L'Alto Lario - Minima Lariana - Mariuccia Belloni Zecchinelli
Foto: Dongo dal lago. Dal sito del Comune di Dongo

Gravedona

"Gravedona è il centro maggiore dell'Alto Lario. E' stato il capoluogo delle Tre - Pievi, assieme a Sorico e Dongo. Fin dai primi tempi del cristianesimo fu centro di una "Pieve" battesimale che nel Medio Evo diede il nome al "Comune" individuatosi nei secoli XI - XII: la "Pieve di Gravedona" dei tempi del Barbarossa. Era - e forse lo è tuttora - un vanto dei Gravedonesi una leggendaria frase pronunciata da quell'Imperatore a Costanza: "Perdono a tutti (i comuni lombardi), fuorchè ai perfidi Gravedonesi" che con la loro flotta gli avrebbero saccheggiato il bottino trasportato per nave verso Chiavenna, rubandogli persino la corona imperiale. La quale, secondo alcuni, sarebbe conservata ancora nella chiesa di Santa Maria del Tiglio. (divenuta Monumento Nazionale).

Fra i suoi monumenti da visitare vi è Palazzo Gallio, la "villa di delizia", fatta erigere alla metà del '500 dal Cardinale comasco Tolomeo Gallio, sui resti del preesistente castello, fatto abbattere parzialmente dallo stesso. Il Cardinale proveniva dalla nobile famiglia Gallio, duchi di Alvito. Alvito è un paesino della Ciociaria, addossato ai piedi di una monte dell'Appennino Centrale, che fino agli anni '20 faceva parte della provincia, così chiamata, della Terra di Lavoro. Tale provincia mi è particolarmente cara perchè da lei provengono i miei avi; inoltre, da ragazzo, incontravo spesso le comitive di Alvito in quella marcia/processione diretta al Santuario di Canneto .


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Demolendo il castello medievale di Gravedona, per essere il solo signore delle Tre Pievi, il Cardinale ne volle un ricordo nelle quattro torri angolari che s'elevano dalla grande mole quadrata affacciata al lago con ampio respiro dalla rupe estrema del borgo.
Di Gravedona vi è anche un aspetto molto curioso da "rispolverare": nei secoli XVII e XVIII Gravedona e i paesi limitrofi furono
interessati da una forte migrazione di loro abitanti verso la città di
Palermo. Affronteremo tale aspetto in uno dei prossimi post.
Bibliografia:
L'Alto Lario I - della serie Minima Lariana - 1970 - di Mariuccia Belloni Zecchinelli
Foto:
- Gravedona - dal sito del Comune di Gravedona
- Palazzo Gallio - dal sito Gravedona.it

Le Tre Pievi


Pieve deriva da Plebe, termine latino che significa "plebe, popolo".

Incontreremo molto spesso questo temine nella storia del lago di Como.

Il papa Gregorio Magno (597) cristianizzò il termine. Pieve divenne "tutto il popolo di Dio". Successivamente le chiese si moltiplicarono, i centri religiosi assunsero il nome di Pieve. Ogni pieve aveva la chiesa plebana, il fonte battesimale e il presbiterio. Aveva potere sia religioso sia civile. La Pieve di Olonio assunse nel X o XI secolo il suo nome ufficiale . Era una delle più estese della diocesi di Como. I suoi confini andavano da Sorico, al lago di Mezzola, comprendevano tutto il piano, i paesi a destra dell'Adda fino al ponte di Ganda, quelli di sinistra fino al Bitto, risalivano l'alta vallata del fiume fino a Gerola. Nel piano arrivavano fino a Colico. Piona e Olgiasca appartennero sempre alla Pieve di Gravedona. Nel periodo della sua massima grandezza Olonio contava dieci istituzioni religiose. Dopo la sua rovina, nel 1444 Pieve e Pievano vennero trasferiti a Sorico. La Pieve di Sorico, con Gravedona e Dongo formarono le Tre Pievi, con grandi poteri anche civili.

Da "Colico e il Monte Legnone - Sentieri e Storia"
di Giovanni del Tredici ed Elena Fattarelli
Club Alpino Italiano - Sezione di Colico
Foto: Sorico - da Wikipedia

La medicina a Menaggio

C'è una via a Pavia, in zona centralissima, chiamata via Rezia, dove avevo uno dei miei migliori e più cari clienti - una tipografia - all'epoca in cui facevo il rappresentante di carta da stampa. Ma cosa fosse o chi fosse Rezia lo ignoravo fino al tempo di queste ultime vacanze appena concluse. Vacanze di riposo e di studio. Una lettura/studio molto appassionante riguardante la storia delle località del lago di Como; indubitabilmente uno, se non il più bel lago del mondo. Se poi ci uniamo il piacere che può dare la conoscenza delle grandi vicende storiche che lo hanno interessato - a partire dal neolitico, la preistoria, la storia, ad iniziare dai Celti Liguri, e da qualche sparuto gruppo di Etruschi che si sono spinti fin là, e poi i Galli e quindi i Romani, i quali hanno acconsentito affinchè la popolazione conquistata si amalmagamasse con loro, dando origine a quel popolo chiamato dei GalloRomani - siamo al top di una vacanza lacustre: si unisce la bellezza incantevole del paesaggio al piacere della conoscenza. E così, leggendo la storia di una delle più belle località del lago di Como, Menaggio, ho scoperto chi fosse Giacomo Rezia, e cosa fece.

Dalle pagg. 40 e 41 di Minima Lariana: Menaggio - autore Gioachino Mario Rigamonti; 2a edizione italiana Casa Editrice Pietro Cairoli, Como; settembre 1967 - leggo e ne trascrivo integralmente la storia. Nel testo si fa anche riferimento all'acqua minerale Chiarella, oltre che della località da cui proviene, Plesio, sopra Menaggio.

La medicina a Menaggio ha tradizione veramente invidiabile. Fin dal secolo XV il borgo diede i natali a un chirurgo e a un medico famosi: Magister Georgius de Greponibus e Pietro Merlo che, scrive il Cantù, curò il figlio di Gian Giacomo Trivulzio, colpito per anni dal morbo gallico.
Paolo dei nobili Paoli di Menaggio (+ 1569) divenne chirurgo notissimo, tanto che, come attestano le lapidi sulla parete esterna della chiesa del Santo Crocifisso, fu addetto in tale qualità alla Corte dei re di Francia Francesco I e Enrico II. Egli scrisse un trattato sull’ Opera seu practica chirurgica di Giovanni Vigo da Rapallo e il manoscritto è conservato nella biblioteca del Policlinico San Matteo di Pavia. Giacomo Rezia (1745-1825), fra tutti sicuramente il più insigne, insegnò anatomia e fisiologia nell’Ateneo pavese, diventandone anche rettore nel 1784. Nel periodo napoleonico ricoprì la carica di ispettore generale della Sanità Militare. Lasciò numerose pubblicazioni che attestano i suoi indiscutibili meriti scientifici.
E per passare dal medico alla medicina, diciamo che la tradizione popolare ha sempre attribuito “qualità medicamentose” alle acque che sgorgano dal massiccio della Grona: non per niente il fiume Sanagra, che nasce dalle propaggini nord della Grona, ha la sua etimologia in “sanat aegros”, ossia “guarisce gli ammalati”. Anche l’acqua oligominerale “Chiarella” o acqua del “Troi”, come è chiamata dagli abitanti della zona, ha origine da questo massiccio e scaturisce a metri 760 s.l.m. nella verde conca di Plesio sopra Menaggio. Fu il villeggiante che cominciò a chiamarla “Chiarella”: la chiamò così non solo perché vicino alla sorgente vi è un masso denominato “chiarello”, ma anche perché quest’acqua, particolarmente leggera, ha proprietà dissetanti e rinfrescanti non comuni. Oggi la “Chiarella” è conosciuta al di fuori dei confini lariani e il merito spetta in parte al menaggino dottor Carlo Castelli (1868-1966), che tra i primi, “con attento spirito critico, ne sperimentò le specifiche proprietà terapeutiche”.


Post correlati: Le tipografie di Pavia
Foto: Parco Val Sanagra - Cascate di Tobi
------dal sito del Comune di Menaggio

L'intervista a Marina Berlusconi

Lo avevo già scritto nell'aprile 2006 dalle pagine di questo blog, e qualcuno mi scrisse dove avessi preso quelle notizie che sembravano tanto di parte. Scrissi anche che la Mondadori dovrebbe essere patrimonio mondiale dell'umanità, e che il Gruppo Fininvest pagava parecchio di imposte.

Per gli scettici ieri è apparsa sul Corriere un'intervista a Marina Berlusconi, presidente del gruppo Mondadori, confermando più o meno le mie cifre di allora: ha affermato di aver pagato negli ultimi quindici anni 2,2 milioni di euro al giorno tra imposte e contributi (4,4 miliardi di vecchie lire), che rapportate ai 365 giorni di un anno darebbero 803 milioni di euro (1600 miliardi circa di vecchie lire). Considerando anche i tempi che corrono, è una cifra molto ragguardevole.

Nell'intervista ce n'è per tutti:
- per il prof Mancuso (mi si scusi l'ignoranza, ma prima di questa intervista non sapevo neanche chi fosse), del quale non ho nemmeno seguito la polemica da lui creata nel mese di agosto, e che avrebbe fatto tanto parlare i giornali: guarda caso Repubblica;

- per Fini, che "ha accusato Berlusconi di stalinismo ma in quanto ad assolutismo è lui a poter vantare innegabili frequentazioni";

- per l'ing.De Benedetti, ricordando che durante il mese trascorso è stato finalmente condannato dalla Consob per insider trading per il caso CDB Web Tech (se la Consob ha bisogno di un ulteriore testimone, gliene fornisco uno io in carne ed ossa). Il grande atto di furbizia dell'Ing. del quale avevo già parlato anche in questo post contenente numerosi link di riferimento.

Anzi, a tal proposito, riferisco le parole di Marina Berlusconi all'intervistatore Daniele Manca del Corriere della Sera del 10 settembre 2010, pag.15
"Mi faccia dire. L'ingegner De Benedetti predica bene ma razzola male, anzi malissimo. Vuole un esempio concreto? Si presenta come il paladino della libertà di stampa, il campione dell'informazione senza bavaglio, e poi abbiamo visto tutti come Repubblica, pochi giorni fa, ha dato la notizia delle sanzioni Consob per l'insider trading in famiglia (n.d.r. si riferisce sicuramente alle sanzioni per il caso di cui sopra, che ho appreso per filo e per segno dalle radio, in cui si parlava di parenti stretti dell'Ingegnere coinvolti): ricordava la Pravda dei tempi d'oro. Sfido chiunque a capire dalla titolazione che tra i personaggi coinvolti c'erano parenti stretti dell'Ingegnere. Sarà perchè a Repubblica non piace il tema "guai e cognati"?" .

Se poi vogliamo anche parlare di contribuzione ai bisogni dello Stato - visto che nella presente intervista si parla anche di quanto il gruppo Mondadori paghi da 15 anni in qua ogni giorno allo stato - nel post del 30 settembre 2007 avevo accennato ad una frase pronunciata dall'ingegnere nel corso di una intervista "ho dato una bombardata agli utili", dimostrando con quella frase tutta la sua furbizia nel pagare il meno possibile di tasse e imposte (oddio! a dire il vero non ci sarebbe nulla di illecito).

- per Michela Murgia, vincitrice del Campiello 2010 (Edizioni Einaudi del Gruppo Mondadori: vedi un pò !), la quale, stando all'intervista in oggetto, ha lanciato la sua battuta - a mio parere insulsa, che poteva pure risparmiarsi, e che, secondo me, ha lanciato per accattivarsi i lettori di sinistra (ma quale sinistra, poi! quella solamente antiberlusconiana? Ahimè!) - con la quale ha accusato Berlusconi di coltivare un sogno segreto: epurare tutti gli scrittori di sinistra. Battuta stupida, sulla bocca di una persona reputata colta. Evitando di pronunciarla avrebbe fatta più bella figura, e senza rendersi antipatica alla schiera dei lettori cosiddetti non di sinistra (di quale sinistra, poi?).
Insomma, quattro paladini della coerenza, gratitudine, lealtà e quant'altro.

mercoledì, settembre 08, 2010

Variazioni sul tema

Anche se dicono che sono una persona seriosa, talvolta mi lascio travolgere da scenette esilaranti come la seguente che ho trovato sulla homepage di Libero.it.
Dicono che la mia sia una malattia che porti automaticamente anche alla depressione cronica. Così, finchè ci riesco, cerco di combatterla leggendo, scrivendo e qualche volta abbandonandomi a risate spontanee (mi dicono sempre che ridere fa bene alla mia salute!) come quelle che mi hanno provocato la visione del seguente video, ripubblicato QUI


 

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