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venerdì, novembre 22, 2013

Il PIL secondo John Fitzgerald Kennedy

Cinquanta anni fa, più o meno a quest'ora di Dallas nel Texas, veniva assassinato John Fitzgerald Kennedy, il primo presidente cattolico degli Stati Uniti d'America. Aveva molti punti di somiglianza col nostro Silvio  Berlusconi: oltre ad essere simili per l'enorme ricchezza personale, nella vita privata erano entrambi attorniati da una schiera di donne, soprattutto di bell'aspetto. Eppure, la nostra sinistra, intransigente con Berlusconi su questo punto, non lo è stata affatto con Kennedy, tanto che lo ha eletto come una delle sue icone di spicco.             
 
Al di là di tutto questo, in tema di PIL Kennedy ci ha lasciato un memorabile discorso. Parole che, nella sua pur breve esistenza, sarebbero bastate per fargli avere di diritto un posto tra i grandi del genere umano. Sono parole pronunciate al popolo americano, prima che diventasse il loro presidente. Tratta dell'inadeguatezza dell'indicatore economico PIL. In altre parole, il candidato presidente Kennedy metteva in guardia, già oltre mezzo secolo fa, su aleatorietà e incostintenza del famigerato indicatore economico PIL, Prodotto Interno Lordo.
 
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.

lunedì, novembre 11, 2013

Futuro nazionale in bilico

Voleva creare 1500 posti di lavoro in Veneto, invece andrà in Carinzia.



Da Treviso24.tv - Servizio di Paolo Zeriali http://treviso24.tv/author/paolo/

venerdì, novembre 08, 2013

Aria di rivolta popolare

UN SINDACO SCRIVE A ENRICO LETTA: "SIAMO A UN SOLO PASSO DALLA RIVOLTA POPOLARE".

Mede, 7 novembre 2013.

Caro Presidente del Consiglio, questa volta abbiamo toccato il fondo, tanti Sindaci e, sono convinto, tutti i cittadini italiani si stanno chiedendo dove pensate di arrivare. Cosa pensate di ottenere massacrando di tasse cittadini e imprese? Vi siete ridotto le risorse ai Comuni, vi siete inventati la TARES che ha impegnato per mesi gli uffici dei Comuni ad inseguire i vostri “capricci governativi” con il solo risultato di aver imposto, anzi fatto imporre, dai Comuni una “Tassa Statale” su un servizio comunale di raccolta rifiuti esattamente uguale agli anni precedenti ma, grazie a voi, molto più caro degli anni precedenti. Con un Decreto legge di fine ottobre, avete tagliato ulteriormente la quota di IMU sulla seconda casa spettante ai Comuni, stravolgendo i bilanci di Comuni virtuosi per finanziare quelli in dissesto (quasi tutti in particolari aree del Paese), senza chieder conto a quelle Amministrazioni del pessimo lavoro svolto! Con il “Patto di stabilità” impedite ai Comuni di spendere le risorse previste a bilancio per mantenere l’ordine e il decoro dei beni comunali: strade, viali, cimiteri, parchi pubblici, senza le necessarie manutenzioni presto non saranno più fruibili! Vi siete già inventati il nome della prossima tassa sui servizi, TRISE, che obbligherà i Comuni a rifare tutto il lavoro eseguito quest’anno e i cittadini a nuove imposizioni fiscali sempre più impegnative! Nonostante tale pressione fiscale ormai insostenibile per tutti ed un Debito pubblico che non accenna a diminuire, voi fingete di non vedere il baratro: mentite dicendo ai cittadini che la ripresa è vicina, mentite dicendo al Paese che la crisi sta per finire. Perlomeno spero che sappiate di mentire, altrimenti dovrei pensare che continuerete anche nei prossimi mesi, imperterriti a “suonare sul ponte” mentre la nave, guidata da incapaci affonderà inesorabilmente! Quante famiglie dovranno essere ridotte sul lastrico, quante attività dovranno chiudere ancora, quanti suicidi per la crisi, che ormai non fanno più notizia, dovranno ripetersi, perché vi rendiate conto che il piano A: tassare cittadini ed imprese, è fallito ed occorre una nuova proposta? Occorre una classe politica, non succube di una Merkel sempre più forte, che ridia dignità a questo Paese, che rinneghi i trattati di questa Europa che ci sta portando al fallimento: le tasse che stiamo pagando non riducono il debito, ma servono a finanziare gli interessi su di un debito impossibile da ripianare senza una nostra moneta! Non è vero che siamo un popolo di fannulloni, non è vero che abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità, nella sola Lombardia avevamo circa 850.000 imprese che hanno mantenuto tutto il Paese per anni: ora in Europa hanno deciso di eliminare la concorrenza! Questo Lei, Presidente del Consiglio, non può non saperlo e a Lei mi rivolgo, prima che i tanti cittadini perbene umiliati dalla crisi e che noi sindaci a differenza vostra, incontriamo tutti i giorni, insieme ad un popolo esausto ed inviperito, decidano di fare da soli!
Lorenzo Demartini Sindaco di Mede.

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domenica, novembre 03, 2013

Più fumo che arrosto - origini del detto

 
Corneliano Bertario (Parco Adda Nord) - Castello Borromeo XIV sec.

Di "più fumo che arrosto" ai nostri giorni ne abbondano, e forse molti più che nel passato. Si potrebbe fare una carrellata di nomi di tali personaggi, ma, a titolo di esempio, ci limitiamo a quei 32 politici, facenti parte di una schiera di 42 onorevoli deputati che il 16 ottobre scorso  firmarono il documento per una proposta di legge intesa a far pagare l'IMU sulla prima casa per tutti coloro la cui rendita catastale fosse superiore a 750 euro. I 42 si vantavano della genialità, e, orgogliosi della "brillante idea", andavano a sciorinarla in tutti i talk show televisivi di quei giorni. Di questi firmatari faceva parte anche la onorevole Paola De Micheli, ospite settimanale, e a volte bisettimanale, del programma Quinta Colonna e Quinta Colonna - Il Quotidiano. Ma dal giorno in cui di quella schiera di onorevoli fu smascherata la furbizia, Paola De Micheli non s'è più fatta vedere nei programmi di Paolo Del Debbio. Ma cos'era successo? Si scoprì che 32 di quei 42 avevano la prima casa con rendita catastale di poco inferiore a 750 euro, e gli altri 10 la superavano, ma hanno una cerchia di amici e parenti proprietari di prime case con rendita catastale al di sotto di tale limite.
 
In pratica, i furbetti onorevoli avevano creduto di poter passare per salvatori della patria, senza però pagare di tasca propria per il loro colpo di genio. Ma gli andò male, e da quel giorno in fatto di IMU per chi ha rendita catastale prima casa superiore a 750 non se n'è più parlato. 
  
Ed eccoci alla prassi che ha dato origine al detto "più fumo che arrosto": il "launechild".

Il launechild è voce longobarda ch'ebbe molta fortuna. Il termine ebbe dapprima un significato di dono vicendevole o in certo qual modo il prezzo o la caparra della cosa donata. Poi assunse il significato sempre più simbolico: un pizzico, un riccio di capelli, un uovo e perfino il fumo d'un cappone cotto. Il che valse a introdurre il detto "in quella faccenda c'è più fumo che arrosto".
 
In una Cartula promissionis (compromesso) redatta in Corneliano (Milano) nel gennaio 1023 (documento citato anche in questa pagina di Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Corneliano_Bertario) dal notaio Arnaldo, e giudice della Casa imperiale, 
 
tal Oddone figlio del fu Bertario del luogo di Cornegliano, di legge longobarda, promette a Ugo, suo fratello e pure figlio del predetto Bertario, di non far causa per la metà dei beni posseduti da esso Ugo nei luoghi e fondi di Rovolo (Rogolo) Travanula (Traona) e Melle (Mello) in Valtellina. Come pegno della promessa si pratica il launechild.

I fratelli erano in lite per una questione di eredità sui suddetti beni di loro padre. Si rappacificarono e, come simbolo della promessa pace, praticano il launechild, con un capello, che Oddone consegna al fratello Ugo come pegno della promessa fatta.  

Post ispirato da una pagina del libro "La sepolta Olonio e la sua Pieve" - di Martino Fattarelli.    



venerdì, novembre 01, 2013

L'inflazione che verrà

 Da Libero Quotidiano.it del 31.10.2013

Buste paga stellari

Gli stipendi alla Camera: Segretario da 400mila euro, gli elettricisti da 136mila

Pubblicate tutte le cifre: gli stipendi si allineano, verso l'alto. Un barbiere a fine carriera porta a casa 135mila euro l'anno. Poi tutti i bonus...


Basandoci sulle evidenti disuguaglianze esistenti tra chi lavora di braccia, e quanti sopra, e a prescindere dai meccanismi che metterà in campo l'Europa, in un prossimo futuro bisognerà attenderci una forte inflazione che pareggi il conto. L'inflazione s'innescherà a partire dal basso, lasciando escluse per un pò di anni le categorie di cui sopra, le quali, invece, verranno lasciate al palo. Infatti, non può reggere all'usura del tempo una situazione del genere. Non è più possibile tollerare che tra le due categorie ci sia una così forte e stridente diseguaglianza. Oltretutto, trattandosi di categorie protette, e con posti di lavoro garantiti a vita, le masse dei lavoratori contribuenti non potranno più tollerare che costoro guadagnino così tanto di più rispetto ad uno qualunque di loro. E' palesemente ingiusto. E poichè la politica non fa nulla per ridurre quei costi, allora, per pareggiare i conti, volenti o nolenti s'innescherà un'inflazione del tipo anni '80, periodo dell'inflazione galoppante, quando la moneta perdeva di valore oltre il 20 percento all'anno.
 
Una casa nuova di tre locali, che qui in un paese dell'hinterland milanese, all'inizio di quel decennio costava si e nò 15 milioni di lire (circa 7.500 euro), a fine decennio costava già almeno 70 milioni (circa 35.000 euro). Ed il meccanismo inflattivo non si arrestò con la fine di quegli anni. Ora, sia pur costruita con nuovi criteri e nuove tecniche, per una casa nuova di tre locali qui nell'hinterland milanese ci vogliono almeno 300.000 euro. Con buona pace di tutti. E mentre noi discuteremo di queste cose, e ragioneremo del fatto che a questi prezzi più nessuno le comprerà, anche a causa di questa prolungata crisi, il mondo di fuori andrà avanti lo stesso. I costi, e di conseguenza i prezzi aumenteranno comunque, e a prescindere da tutto. E fra trent'anni i prezzi delle case saranno almeno di cinque volte quelli attuali, in contrasto a qualunque genere di ragionamento logico contrario. Sta tutto nella natura delle cose. 


 

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