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domenica, aprile 09, 2017

Lettera aperta al Ministro Poletti di un giovane italiano emigrato a Dublino.

Lettera aperta al Ministro Poletti di un giovane italiano emigrato a Dublino.

Tanta solidarietà e vicinanza a Domenico Gatti, autore di questa lettera, ai suoi genitori e a sua sorella. Dopo questa lettera se il perito agrario Ministro Poletti avesse un pò di amor proprio si dimetterebbe.
 
“Sig. Perito agrario Poletti (eh si,/ in un Paese che richiede la laurea/ anche per servire caffè in un bar, Lei e’ l’ennesimo caso di non laureato che raggiunge poltrone d’oro, vertici di rappresentanza delle istituzioni e stipendi pazzeschi), ho dato un’occhiata al suo curriculum e le garantisco che lei non verrebbe assunto neanche all’Arlington Hotel della mia Dublino a servire colazioni come io, giovane avvocato laureatomi in Italia, ho fatto per pagare le spese di sopravvivenza in un Paese straniero che mi ha dato una possibilità che il Suo Paese mi ha negato.
Lei, ministro del lavoro, il lavoro non sa neanche cosa sia, lei che non ha lavorato neanche un giorno della sua vita (il suo cv parla chiaro). Lei, che si rallegra di non avere tra i piedi gente come me, non ha la piu’ pallida idea di quanto lei sia un miracolato. Lei non sa, perito agrario Poletti, che dietro ogni ragazzo che si trasferisce all’estero, ci sono una madre e un padre che piangono QUOTIDIANAMENTE la mancanza del figlio, c’e’ una sorella da vedere solo un paio di volte all’anno, degli amici da vedere solo su “facetime” e i cui figli probabilmente non ti riconosceranno mai come “zio”, c’e’ una sofferenza lancinante con la quale ci si abitua a convivere e che diventa poi quasi naturale e parte del tuo benessere/malessere quotidiano.
Il Suo, perito agrario Poletti, e’ un paese morto, finito, senza presente ne’ tanto meno futuro e lo e’ anche per colpa sua e di chi l’ha preceduto. Chi e’ Lei per parlare a noi, figli e fratelli d’Italia residenti all’estero, con arroganza, con spocchia, con offese e mancando del più basilare rispetto che il suo status di persona, oltre al suo status di ministro, richiederebbe?! O forse pensa che le sue pensioni d’oro, i suoi stipendi da favola possano consentirle tutto questo nei confronti di ragazzi, in molti casi più titolati, preparati e competenti di lei?!
Ha mai provato a sostenere un colloquio in inglese? Ha mai scoperto quanto bello, duro e difficile sia conoscere tre lingue e lavorare in realtà multiculturali? Ha mai avuto la sensazione di sentirsi impotente quando le parlano in una lingua che non e’ sua e ha difficoltà a comprenderla al 100%? Questo lei, perito agrario Poletti, non lo sa e non lo saprà mai. E’ per questo che il suo ego le permette di offendere 100.000 ragazze e ragazzi che l’unica cosa che condividono con lei e’ la cittadinanza italiana.
Lei e’ l’emblema di una classe politica e partitica totalmente sconnessa con la realtà, totalmente avulsa dal tessuto sociale che le porcate sue e dei suoi amici “compagni” hanno contribuito a generare. Io, e gli altri 99.999 ragazzi che siamo scappati all’estero dovremmo essere un problema che dovrebbe toglierle il sonno, lei dovrebbe fare in modo che questa gente possa tornare a casa, creare condizioni di lavoro e di stabilita’ economica che possano permettere a 100.000 mamme di non piangere più per la lontananza dei figli.
Lei, perito agrario Poletti, padre dei voucher e del precariato, e’ il colpevole di questo esodo epocale e quasi senza precedenti di questa gente che lei vorrebbe fuori dalle palle.
Si sciacqui la bocca, perito agrario Poletti, prima di parlare di gente che parla piu lingue di lei, che ha avuto il coraggio di non accontentarsi, e di cercare altrove ciò che uno stato che fa davvero lo stato avrebbe dovuto garantire al proprio interno.
E si tolga rapidamente dai coglioni per favore, prima lo farà e prima questo paese, visto dalla fredda e super accogliente Irlanda, sembrerà più bello e gentile. Firmato da uno di quelli che lei vorrebbe fuori dalle palle”.
Dedicato ai Paraculi, figli di Papà e porta borse della Politica italiana .
Domenico Gatti

sabato, aprile 08, 2017

Il non aumento delle tasse, una chimera

Ragionando su un articolo di Blacknigts - che mi trova totalmente d'accordo - su quanto sia falsa e fuorviante l'affermazione secondo la quale il governo non aumenterà le tasse, si pensi ai diritti e privilegi di chi ci governa, diritti e privilegi che loro stessi si sono creati e che non intendono mollare, e poi si pensi se sia possibile garantirli senza aumentare le tasse? E' impossibile, e neanche la bacchetta magica di un mago ci riuscirebbe. E questo fino a quando il PIL non crescerà vistosamente e nel contempo la spesa pubblica smetterà di crescere. E non crescerà. E non crescerà, almeno vistosamente, perché troppi fattori lo impediranno.  

Ecco quindi che l'affermazione secondo la quale le tasse non aumenteranno è una barzelletta. 

Solo l'introduzione di nuove tasse garantirà i loro diritti e privilegi, a meno che non si voglia far svalutare la carta moneta a livello di carta straccia. 

Ma a quel punto non ce ne sarà più per nessuno.

mercoledì, aprile 05, 2017

Giovanni Sartori, il pozzo di San Patrizio


In memoria del politologo Giovanni Sartori, deceduto ieri, copioincollo un mio post del 9 luglio 2009.

Il Pozzo di San Patrizio, pubblicato sul Corriere della Sera del 15 giugno 2009. è uno dei migliori articoli giornalistici della sua lunga carriera.

Si noti la sferzata al buonismo quando è frutto di ignoranza.
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La provedenza, che governa il mondo
con quel consiglio nel quale ogni aspetto
creato è vinto pria che vada al fondo,

però ch'andasse ver lo suo diletto
la sposa di colui ch'ad alte grida
disposò lei col sangue benedetto,

in sè sicura e anche a lui più fida,
due principi ordinò in suo favore,
che quinci e quindi le fosser per guida.

(Dante, Paradiso, XI, 28-36)

Per risolvere gli attuali grossi problemi dell'Africa, ci vorrebbe un grande intervento della divina Provvidenza, così come fece ai tempi di Dante Alighieri, quando mandò San Francesco e San Domenico in soccorso di una chiesa quasi agonizzante, durante quel suo travagliato periodo storico.

Questo blog è sempre stato relativamente distante da Giovanni Sartori, per via di una certa posizione dello stesso, che all'amministratore del blog è parsa ambigua e mancante di coraggio nell'esprimere apprezzamenti verso l'operato di Berlusconi, anche quando i meriti di costui erano stati del tutto evidenti. E' così che egli, non fosse stato per Nessie, che gli ha caldeggiato la lettura di un articolo di Sartori, pubblicato sul Corriere della Sera del 15 giugno scorso, sarebbe ancora sulle sue posizioni guardinghe nei riguardi di tutti gli scritti di Sartori. Oggi, dopo aver letto il seguente suo articolo, il blogger ha ribaltato completamente la scarsa opinione che di lui aveva, per le "forti" e coraggiose idee espresse nell'articolo.
Nella speranza che il Corriere della Sera non abbia nulla da obiettare, faccio il copia-incolla integrale dell'articolo, col vivo suggerimento che esso andrebbe letto in combinazione col post di Nessie ( questo ) e dei suoi relativi commenti.

IMMIGRAZIONE E DIRITTO D’ASILO
Il pozzo senza fondo
di Giovanni Sartori

Per chi non lo sapes­se, il pozzo di San Patrizio è un pozzo senza fondo, e quin­di un pozzo che non si riempie mai. Finora risulta­va che la terra fosse un pia­neta tondo e racchiuso in se stesso. Ma per i «popola­zionisti » e per chi si occu­pa di migrazioni di massa è, si direbbe, un pozzo di San Patrizio. Siamo più di 7 miliardi? Nessun proble­ma, il pozzo li ingurgita tut­ti. Sarebbe lo stesso se fossi­mo 77 miliardi: provvede­rebbe sempre San Patrizio. Un Santo del VI secolo che la Chiesa dovrebbe rivaluta­re.
Ma procediamo con ordi­ne. Di recente Alberto Ron­chey ricordava su queste co­lonne che un secolo fa gli africani erano 170 milioni, mentre oggi si ritiene che siano 930 milioni. La sola Nigeria potrebbe arrivare, nel 2050, a 260 milioni di abitanti; e le Nazioni Unite stimano che Paesi come l’Etiopia, il Congo e il Su­dan, già stremati da ricor­renti carestie, rischiano di raddoppiare, entro il 2050, la loro popolazione. E men­tre la popolazione cresce a dismisura, le risorse ali­mentari del continente afri­cano sono state malamente dilapidate dall’erosione del suolo e dalla desertificazio­ne.
Questi sono, all’ingros­so, i numeri della «pressio­ne dell’Africa» richiamata da Ronchey, che è la pres­sione a noi più vicina e quindi più minacciosa. Una pressione che si ascrive alla categoria degli «eco-profu­ghi », e correlativamente de­gli «eco-rifugiati». Che fa­re? Come accoglierli? Fino­ra si è parlato di diritto di asilo. Ora si comincia a par­lare di «profughi ambienta­li ». La prima categoria è im­propria e difficile da accer­tare, mentre la seconda è davvero troppo larga, trop­po onnicapiente: presuppo­ne che il mondo sia quel pozzo di San Patrizio che non è.
Il diritto di asilo è stato, nei millenni, una protezio­ne, una immunità religiosa dalla «vendetta del san­gue » (i parenti di un ucci­so, o simili) per chi si rifu­giava in un luogo sacro. Questo asilo trova la sua massima espansione nel­l’Europa medievale, per poi venir meno. E il punto è che l’asilo non è mai stato riconosciuto come «dirit­to » di intere comunità e tanto meno per motivi poli­tici. Pertanto il diritto di asi­lo concepito come titolo di entrata in un Paese per i ri­fugiati politici è una recen­te invenzione. E andiamo ancora peggio con la nozio­ne di «vittime ecologiche». Questa categoria è davvero smisurata e sconfitta dai numeri. Gli eco-profughi sono già centinaia di milio­ni; e basterebbe che il disse­sto del clima spostasse i monsoni per ridurre alla fa­me mezzo miliardo di india­ni.
Il rimedio certo non può essere di accogliere tutti e di un Occidente che si pren­de carico dei diritti di asilo e dei profughi ambientali. Per l’Africa un’idea sarebbe di «rinverdirla», di render­la di nuovo fertile e vivibi­le. Un po’ tardi, visto che l’agricoltura è già per metà perduta, che i laghi si pro­sciugano e che la desertifi­cazione è irreversibile. Per carità, l’Africa va aiutata. Ma tutto è inutile se e fin­ché non apriremo gli occhi alla realtà, al fatto che l’Afri­ca (e non soltanto l’Africa) muore di sovrappopolazio­ne, e che la crescita demo­grafica (ovunque avvenga) va risolutamente affrontata e fermata.


 

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