marshall

sabato, gennaio 28, 2012

Meglio tardi che mai

Questo post mi è stato ispirato dal post di Massimo: Una voce a sorpresa contro la cittadinanza facile, dove la voce è quella di Giovanni Sartori.
L'articolo mi è interessato perchè ha preso di mira un pensatore che non perdeva occasione per sparare le sue bordate contro Berlusconi. Ma si sa Berlusconi è un uomo molto ricco, che si è fatto dal nulla, e quindi deve aver suscitato parecchie invidie. Ma ne avesse avuti l'Italia di imprenditori che si fossero dati alla politica attiva come ha fatto lu! Checchè ne dicano i cervelloni, l'Italia non sarebbe certo nello stato in cui si trova.
Il punto dell'articolo di Massimo che più mi ha colpito, è quello in cui si chiede cosa mai avesse fatto Berlusconi a Sartori, per via di quella avversione che costui gli ha sempre dimostrato in ogni possibile occasione. Cerco di dare una interpretazione plausibile al quesito, attingendo da una mia esperienza personale. Secondo me nulla gli fece Berlusconi, era solo invidia; quella sottile invisibile invidia che s'annida in certi animi. Un fatto analogo era successo tempo addietro anche a me, e in questi giorni sono finalmente pervenuto ad una logica conclusione: era invidia. Era invidia per un qualcosa che io avevo e invece l'altro aveva di meno. Già perchè altrimenti non saprei spiegarmi il comportamento astioso che un gruppo di persone, capeggiate da costui, ebbe nei miei confronti. Già perchè si può invidiare uno che trascorre la vita da una sedia a rotelle? 
Era solo invidia per un qualcos'altro. 
Era successo un fatto che fece scatenare l'ira di costoro nei miei confronti, un fatto inaudito che mi portò a rodermi e chiedermi per tanto tempo che cosa mai avessi fatto loro per subire quel trattamento ostracistco. Alla fine, l'unica conclusione logica a cui sono pervenuto, dopo un pò di tempo, è stata quella che quel tale nutriva parecchia invidia nei miei confronti; non saprei darmi altre spiegazioni. E' sì perchè come si può essere così invidiosi e cattivi verso un uomo costretto in sedia a rotelle? Detto questo non saprei dare altre spiegazioni sul comportamento di coloro che, come Giovanni Sartori, sparavano bordate gratuite contro Berlusconi. Credo lo considerassero un alibi alle loro frustrazioni e invidia verso l'uomo Berlusconi. Ecco perchè, come ho scritto in altro post, sono contento del fatto che non ci sia più Berlusconi a governare, così almeno è finito il grande alibi. Ora al governo Monti vien concesso di fare quello che è stato impedito di fare a Berlusconi, se si vuol salvare la nave Italia.
Comunque sia andata a finire, sono rimasto sorpreso anch'io nel leggere del cambio di atteggiamento di Sartori verso la politica in generale. Sorpreso, ma non troppo, ripensado a quell'altro articolo pubblicato sul Corriere nel giugno 2009, e che mi diede una buona impressione sul suo autore; il brano, molto cliccato, anche su questo blog, era intitolato Il pozzo di san Patrizio.

E forse, sul tema della cittadinanza facile, che è il tema affrontato di recente dal politologo, c'è stato un tempo in cui anch'io, al pari di Fini ed altri, avevo parteggiato per la cittadinanza veloce, ma me ne dissuase subito Marcello, alias Sarcastycon, con argomenazioni molto intelligenti. Oggi alla luce della mia piena presa di coscienza del gravoso problema, mi unisco al coro dei Sartori, dei Massimo, delle Nessie, col dire anch'io: "Finalmente anche gli "intellettuali" cominciano a ragionare sul tema dell'immigrazione...".
E Dio sa quanto mi sia costato in termini di tempo e di studi l'essere arrivato a questa risoluzione! 

domenica, gennaio 22, 2012

Alle origini di un fallimento 3



 
Valsassina - La terra di Lasco - foto di Angela Acerboni

"...Da quanto esposto finora (omesso in questa trascrizione), già è stato chiaro il ruolo trainante e decisivo della famiglia Manzoni all'interno dell'amministrazione e dell'economia valsassinese, sia nel secolo XVII che nel secolo XVIII.
E' un Manzoni, Michel Angelo, che nel 1647 tenta di opporsi con tutti i mezzi all'infeudazione della Valsassina. I Manzoni fanno parte del Collegio dei Notai Valsassinesi, spesso ne sono Vice Abbati. Ancora i Manzoni, che come vedremo detengono le più importanti miniere valsassinesi, sul Monte Varrone, si tramandano spesso di padre in figlio la carica di Sindaci provinciali eletti dal Consiglio di Valle, rappresentanti valsassinesi alla Congregazione del Ducato. 
La rivalità con la famiglia Monti, che acquista il feudo nel 1647, insieme al titolo nobiliare, offusca parzialmente il predominio manzoniano solo per qualche decennio, subito dopo l'infeudazione, più che altro per il carattere energico ed autoritario del primo feudatario, Don Giulio Monti. Ma anche davanti a questi i Manzoni si fanno forti delle prerogative istituite dagli antichi statuti valsassinesi, non a caso ristampati nel 1674, e del Consiglio di Valle, senza dimenticarsi di rinfacciare le esenzioni fiscali e tributarie di cui i valligiani godevano "da tempi immemorabili".    
L'acquisto del feudo da parte dei Monti, che sostanzialmente erano abbastanza estranei alla vita sociale della valle, si rivela ben presto per loro un fallimento totale: osteggiati e isolati in Valsassina fin dall'inizio, proprio per l'ostilità che ha suscitato l'infeudazione illegale di un territorio "redento" fin dal 1538, con ben due diplomi imperiali, di Carlo V e Filippo III, malvisti dunque dalle principali famiglie valsassinesi, in primis appunto i Manzoni, il  feudo non si rivela certo un affare neanche dal punto di vista economico.      
A fronte di un esborso per il suo acquisto di circa settantamila lire, i Monti ne ricavavano una rendita annua di poche decine di lire, a causa delle esenzioni delle regalie che i valsassinesi si erano assicurati da tempo, e giustamente ritenute inalienabili.  

 3a parte - segue

Stralcio dall'opera La Valle del ferro - Enrico Baroncelli - Casa Editrice G. Stefanoni Lecco - pagg.34 - 36  

sabato, gennaio 21, 2012

Alle origini di un fallimento 2


Valsassina - La terra di Lasco - foto di Angela Acerboni

"...Questo spiegherebbe una certa altezzosità, e arroganza, che secondo varie fonti caratterizzò in particolare il primo Feudatario, Cesare Monti, che non mancò di teatralizzare al massimo il rito dell'infeudazione, ripetuto peraltro in più paesi della Valsassina.
La sera del 2 giugno 1647 il neo Conte Don Giulio Monti arrivò a Pasturo, e "la mattina seguente a Introbio, ove pigliò il possesso di questo nuovo feudo, andandovi tutti gli uomini a giurargli fedeltà, e l'istesso fece adì 4 a Cortenova, ove stando assiso con la spada nuda in mano ciascuno, poste le mani sul Messale aperto, giurava" alla presenza di un Cancelliere e del Magistrato Conte di Vimercate. 
Era uno schiaffo dato ai valsassinesi, alle loro aspirazioni di libertà e di indipendenza, anche daziaria, alle loro tradizionali autonomistiche istituzioni, in primis quella del Pretorio.
Iniziava quel dualismo, espresso dalla rivalità tra i Manzoni e i Monti (che 40 anni dopo l'investitura, come vedremo (dal libro, n.d.r.) presero sede nella Torre di Introbio, simbolo di una solo apparentemente restaurata autorità feudale), tra il Sindaco Generale, carica che i Manzoni si trasmisero praticamente di padre in figlio, e che dava loro un'autorità reale, e il Feudatario, depositario di un'autorità praticamente solo formale, ma ugualmente fastidiosa.
Per alcuni decenni, praticamente fino alla morte del primo e arrogante feudatario, lo scopo dei valsassinesi, sotto la guida del Sindaco generale, fu quello innanzitutto di delimitare il più possibile i poteri e le competenze del nuovo titolato, vissuto come un ingiusto estraneo. Come vedremo (dal libro, n.d.r.) con l'aiuto anche dell'Amministrazione centrale dello Stato, prima spagnola poi asburgica, che tendeva anch'essa a delimitare le attribuzioni dei Feudatari, ci riuscirono ampiamente". 

2a parte - segue

Stralcio dall'opera La Valle del ferro - Enrico Baroncelli - Casa Editrice G. Stefanoni Lecco - pagg.23 - 24   

venerdì, gennaio 20, 2012

Alle origini di un fallimento 1

Valsassina - foto di Angela Acerboni

"I Monti erano un'antica casata originaria della Valsassina, che già in epoca ducale si era distinta al servizio dei Visconti-Sforza; si ricorda in particolare un certo Princivalle, ambasciatore milanese presso il Re di Spagna, poi a Firenze e in Svizzera, che per i suoi meriti venne infeudato dei dazi e dell'imbotato della Pieve di San Donato Milanese.
Un notaio, Gerolamo, Senatore nel 1538, fu nominato nel 1562 Podestà di Cremona e poi di Pavia, e un altro Monti, ancora di nome Princivalle, fu Vicario di Provvisione a Milano nel 1563, Capitano di Giustizia nel 1608, Questore del Magistrato Ordinario nel 1616 e Senatore nel 1622. Il figlio di questi, sposatosi con la nobildonna Anna Landriani nel 1593, fu Cesare Monti, diventato nel 1632 Arcivescovo di Milano, immediato successore di Federico Borromeo, e quindi Cardinale. Cesare Monti, che rimase Arcivescovo a Milano fino al 1650, fece ampliare il palazzo arcivescovile, e si curò in particolare delle opere assistenziali e dei Seminari. Il suo nipote Giulio Monti, oltre al feudo valsassinese, sempre nel 1647, il 3 gennaio, aveva acquistato anche i feudi di Agrario, Avesone, Costa e Salegia in Valle Antigori.
Un altro Monti, Carlo Dionigi, fu Cavaliere dell'Ordine di Malta nel 1614. Quella dei Monti era dunque una famiglia tutto sommato abbastanza rilevante, e sicuramente in ascesa nel periodo a cavallo tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, come denota il buon numero di cariche pubbliche ricoperte in quel periodo da vari suoi membri (mentre invece si denota una certa decadenza, e notevole diminuzione d'importanza nel secolo successivo, fino all'estinzione della casata, avvenuta nel 1774).
E' probabile dunque che, nell'epoca da noi presa in considerazione, i suoi interessi fossero ormai rivolti prevalentemente piuttosto al di fuori della Valsassina, verso altri territori e più ambiziosi interessi, e che quindi l'acquisto del feudo fosse un pretesto per una specie di "ritorno glorioso in patria", un modo per sfoggiare il successo ottenuto di fronte ai propri originari conterranei".  

1a parte - segue

Stralcio dall'Opera: La Valle del ferro - Enrico Baroncelli - Casa Editrice G.Stefanoni Lecco - pagg. 22 - 23  

mercoledì, gennaio 18, 2012

Saran su tucc!


Questo articolo (cliccare qui), apparso più di un anno fa su un giornalino locale di Nova Milanese, e dal quale ho copiato il titolo, avrebbero dovuto leggerlo i governanti precedenti, sia nazionali che locali, e a maggior ragione dovrebbero leggerlo ora quelli attuali. Già perchè nel frattempo la situazione si è ulteriormente aggravata. I 65 negozi chiusi, dell'epoca in cui fu redatto l'articolo, ora sono diventati ancora di più; e ancor di più lo saranno in futuro perchè l'altro ieri, facendo un giro per il paese, ho visto una macelleria storica che stava smantellando i banconi; di fianco a lei un colorificio altrettanto storico aveva già chiuso i battenti da mesi; più in là altri negozi lo avevano già fatto nel frattempo.
Allora mi chiedo chi possa resistere nelle condizioni descritte nell'articolo, condizioni ulteriormente appesantite dalla nuova legge sulla liberalizzazione degli orari per i negozi?
Unita alla faragginosità di leggi e ordinamenti locali già esistenti (provate a chiedere il permesso per aprire una qualsiasi attività, rinuncereste all'idea sul nascere!), le nuove leggi sulla liberalizzazione dei negozi sembrano fatte apposta per costringere i cosiddetti piccoli a chiudere. Alla nuova ondata di leggi e leggine resisteranno per intanto forse solo quei negozi a conduzione prettamente familiare i cui componenti non troverebbero altri sbocchi di lavoro. Tutti riconoscono la funzione sociale di un qualsiasi negozietto. Cosa sarebbe un paese, o il quartiere di una città senza la loro presenza? Eppure non si fa nulla per permettere loro la sopravvivenza. Guardate qui dal blog di Nessie (Vogliono uccidere le botteghe storiche) cosa sta succedendo nella sua Varese, o qui (Chiude la Barca) e qui (Chiude la Libreria Mondadori), e cosa è poi diventato il luogo dove c'era quella Ex Libreria Mondadori, dal blog della Alloggi Barbaria di Venezia, cosa sta succedendo nella città lagunare. 

Il fatto è che vogliono abbassare il livello del debito pubblico passando anche per questo genere di manovre. 
Non voglio esprimere qui il mio parere in merito, nè proporre delle semplicissime idee per la salvaguardia dei negozi storici; esse saranno oggetto di un prossimo post.

Foto tratta dal seguente sito: La Campania Giovane

domenica, gennaio 15, 2012

Idee per creare lavoro 1

Immagine tratta dal post originale di Il lago dei misteri

Inutile girare intorno al problema: la ripresa dell'Italia avverrà solo dal recupero e ripristino delle cose belle del passato. Come questa sul Grand Hotel Mottarone, che era posto sulla vetta dell'omonimo monte situato di mezzo a due laghi, il Maggiore e l'Orta. Un incendio aveva decretato la fine della vita del Grand Hotel, non essendo più stato ricostruito. Uno dei motivi della mancata ricostruzione suppongo sia stato anche quello che nessuno avesse più un interesse economico a ricostruirlo: il turismo d'elitè, e successivamente quello di massa, si stava incanalando verso altre mete "più esotiche", abbandonando gradualmente quelle nostrane. Ora, però, pare sia in atto un ritorno di fiamma per le località più "vicine a casa"; provate a chiederlo a quei milanesi che hanno una seconda casa in Valseriana o in Valle Imagna, località molto vicine a Milano che si stanno rivitalizzando alla grande. Quanti siti, come quello descritto qui nel post del blogger Alfa,  potrebbero essere riportati alla luce e fatti rivivere, anche con il preciso scopo di ricreare le tanto agognate occasioni di lavoro, in questo momento di grande crisi planetaria?
------------------------------ 
"La mia ricerca mi ha portato sulla vetta del Mottarone, la montagna dei due laghi, come viene chiamata, perché unisce, più che separare, il Lago Maggiore dal Lago d’Orta.
Fino agli anni Ottanta dell’Ottocento, la montagna, che all’epoca era chiamata Monterone, Motterone o Margozzolo, ospitava solamente numerosi alpeggi e allevamenti. Non solo pecore, capre e bovini, ma anche cavalli, almeno fino a quando nel 1850 il governo Sabaudo, preoccupato che i preziosi animali potessero finire nelle mani degli Austriaci che all’epoca dominavano sulle terre lombarde, decise di trasferirli alla Mandria, vicino a Torino.
Fu un avvocato di Vacciago, Grazio Spanna, a lanciare il Mottarone (fu lui a coniare nel 1885 il nuovo nome da “meut rond”, motta rotonda) nell’olimpo delle località turistiche. Per farlo occorreva naturalmente costruire, letteralmente dal nulla, un albergo in grado di ospitare la qualificata clientela dell’epoca, offrendo servizi all’altezza delle aspettative.
Ma occorreva qualcuno in grado di realizzare quel sogno. Spanna lo trovò a Varallo Sesia nell’albergo Italia, gestito dalla numerosa, a dir poco famiglia Guglielmina: otto fratelli con ventiquattro figli. Bocche da sfamare, certo, ma anche menti fervide di iniziative e voglia di fare. Con il supporto del CAI, che offrì una sottoscrizione di lire 1.208 e 27 centesimi, i lavori iniziarono il 28 giugno 1883 in modo da consentire, il 15 giugno 1884, l’inaugurazione del Grand Hotel Mottarone. Una struttura a cinque stelle che nel solo 1885 ebbe tra i suoi ospiti la nobiltà di mezza Europa.
E lo Spanna, nel frattempo, continuava la sua opera di propaganda a favore del Mottarone, descrivendo ad esempio, il viaggio compiuto dalla sua famiglia da Armeno fino all'albergo Guglielmina su un carro a due ruote trainato da due robusti buoi. E auspicando gli arrivi delle cavalcature da Omegna, quelli in carrozza da Armeno, con la funicolare dal lago Maggiore e persino quelli dal cielo in mongolfiera.
L’entusiastico paladino del Mottarone morì nel 1892, mentre la Belle époque del Mottarone prendeva il via. Nel 1911 veniva costruita la ferrovia elettrica da Stresa (la prima in Italia a cremagliera), che percorreva in un’ora e dieci minuti i 10 km del percorso in sei fermate. E con l’apertura invernale, dal 1908, il Mottarone diventò una rinomata stazione sciistica, tanto più in quanto facilmente raggiungibile dalle grandi città del nord Italia.
Nel 1934 un decreto ministeriale assegnò al Mottarone la “Coppa d’Oro del Duce”, il primo Slalom gigante internazionale, disputata dal 18 al 20 gennaio 1935. Il trenino all’epoca serviva anche le piste, in quanto poteva essere preso dalla penultima fermata anche dagli sciatori, mentre il primo impianto di risalita fu costruito solo nel 1940.
Ma la storia del Grand Hotel Mottarone era giunta al suo drammatico epilogo. Mentre la guerra, che infuriava ormai ovunque, aveva trasformato i turisti inglesi in nemici e mentre il mondo avvampava nella follia e nelle fiamme, il 17 gennaio 1943 un banale corto circuito scatenò un incendio che distrusse completamente il Grand Hotel Mottarone, causando la morte di quattro persone.
E qui, sul luogo del mai ricostruito, né dimenticato, Grand Hotel mi sembra di vedere il mio amico Alfa, muoversi come un’ombra tra le ombre, prima che le grida dei ragazzi che affollano tuttora la vetta mi riporti alla realtà".

lunedì, gennaio 09, 2012

Gira che ti rigira

Con buona pace, ormai, dei gonzi creduloni che credevano bastasse cambiare il cavaliere per ribaltare la situazione, anche oggi lo spread sul decennale ha chiuso a 533, invariato rispetto a venerdì. E allora non ci vuole un genio per capire che la manovra lacrime e sangue varata da Monti è stata mancante o carente di una sua parte essenziale, affinchè fosse risultata credibile agli occhi degli stranieri: il taglio drastico dei costi della politica burocratica dello stato.
Inutile girarci intorno, chi è mai quello straniero che in siffatta situazione si fiderebbe ancora ciecamente a comprare titoli di stato italiani? L'han capita assai bene anche loro, gli stranieri, che la legge Salva Italia non è sufficiente a salvarci del tutto. Bisogna ridurre i costi del carrozzone, altrimenti gli stranieri se ne stanno a debita distanza dai nostri titoli, scegliendone altri più affidabili sui mercati internazionali. Anche i meno intelligenti han capito che a loro volta gli stranieri han capito che i loro soldi, eventualmente impiegati in titoli di stato italiani, servirebbero a finanziare anche il pagamento di stipendi e quant'altro della faragginosa macchina politico-amministrativa-burocratica dello stato, e quindi alla larga, senò...addio soldi. Gli stranieri han capito tutto questo, e quindi non comprano più i nostri titoli. Ci voleva tanto poco a capirla.

Al pensiero, poi, che parte di quei soldi andranno nelle tasche di questi otto, che non si sa bene cos'abbian fatto per meritare 8000 euro al mese di pensione già dall'età di 47 anni o poco più, c'è da pensarci seriamente prima di investire in titoli di stato italiani.

Sorpresa

Sorpresa!

Sono entrato poco fa nel sito diretto da Oscar Giannino, il Chicago blog, per leggere un ricordo su Miriam Miglio, deceduta il 4 gennaio scorso, ed ho scoperto un oggetto intelligente: la presenza, sul lato destro del sito, di un contatore che scandisce secondo per secondo la consistenza del debito pubblico italiano. E a sorpresa, questa mattina, ho notato che il debito pubblico è (sarebbe) in calo. A seconda dei punti di vista, dovrebbe essere un buon segno, anche in considerazione di quella lezione che lo stesso Giannino ci aveva fatto il 14 settembre 2011 (vedere la videolezione su youtube al post precedente). 
C'è anche un contatore, che in questo caso rimane però fisso, il quale indica a quanto ammonta il plafond di debito pubblico in capo ad ogni italiano: 31.370 euro.

domenica, gennaio 08, 2012

Cultura finanziaria 10

Chi ha fatto più debito pubblico?



sabato, gennaio 07, 2012

Le origini del dissesto finanziario italiano 2

Tanto a pagare è sempre pantalone, cioè noi tutti accomunati nella stessa barca.

Alle origini del dissesto finanziario italiano c'è stato anche l'eccesso di fiducia concesso nel tempo a chi avrebbe dovuto occuparsi di gestione oculata del denaro pubblico.
Fin dagli anni '80 tutti sapevano di quanto fosse abnorme e in via di continua espansione il debito pubblico italiano, ciò nonostante molti amministratori pubblici lo hanno ignorato e hanno abusato delle facoltà loro concesse, erogando pensioni anche a chi non ne aveva assolutamente diritto. La storia raccontata in questo articolo recensito da Eleonora, è emblematica di tale fatto. A questa sorta di "regalo" fatto alle già disastrate casse dello Stato aveva contribuito Giuliano Amato con quella sua legge descritta nell'articolo. Inoltre Giuliano Amato è uno di quelli che con le sue pensioni da un totale di 31.000 euro al mese sta contribuendo allo sfacelo dell'Italia. A tal proposito, in questi giorni ho letto in vari blog di gente qualunque, che l'Italia sarebbe già in una situazione di fallimento tecnico.

domenica, gennaio 01, 2012

Le origini del dissesto finanziario italiano 1

Questa serie nasce dalla curiosità di approfondire le cause che hanno portato l'Italia a sfiorare il precipizio, o l'orlo di un burrore, per usare di una frase cara al nostro attuale presidente del Consiglio Mario Monti. Pericolo non ancora scampato. La curiosità mi è nata ieri sera, mentre ascoltavo l'omelia di fine anno del parroco della chiesa centrale del mio paese di provincia. Nell'omelia egli ha stigmatizzato sull'ampio dolore che stanno vivendo molti suoi parrocchiani, a causa della debacle finanziaria in atto nel nostro paese. Ne ha addossata gran parte della colpa alla corruzione, che avrebbe ormai permeato settori sempre più vasti delle amministrazioni pubbliche di questa nazione. Un livello di corruzione tale che ci relegherebbe ai posti più bassi di una "ideale" classifica mondiale, ponendoci su gradini ancor più bassi rispetto a quelli occupati da certi stati africani, conosciuti per essere i più corrotti del mondo. 
Dopo aver ascoltato la confessione qui sotto di Craxi al processo Cusani, a titolo personale, e dopo aver appreso di nomi di personaggi assolutamente insospettabili, posso aggiungere che la corruzione di cui parlava il mio parroco ha origini molto antiche. Alcune delle persone nominate sono ancora in vita, e occupano ancora importanti posti di comando della nazione.

Buon ascolto.


 

Heracleum blog & web tools