marshall

lunedì, ottobre 29, 2007

Strateghi o gonzi? Acuti o stolti?

Riprendo a scrivere un post, dopo giorni di assenza. E lo faccio, pubblicando un articolo di un mio carissimo amico, Alberto.

Articolo interessante, soprattutto per i buggerati piccoli azionisti Telecom.
Riguarda l'affare Telecom - Prodi del quale abbiamo a lungo discusso noi blogger del gruppo il Castello, lo scorso autunno. Chi avrà il piacere di leggerlo, vi troverà anche notevoli spunti politici. Ma, soprattutto, vi farà conoscere doti nascoste di alcuni personaggi politici italiani, quali: Romano Prodi, Carlo Azeglio Ciampi, ecc.

Doti che si possono riassumere in:
incompetenza o strategia politica?
furbizia o gonzaggine?
acume o stoltezza?
lungimiranza o cecità?

Tanto che al termine non potrete che convenire con me, dicendo: "Ma in che mani siamo? Ma questi ci stanno rovinando!!!"

In ogni caso, invito tutti a leggere almeno il finale.

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Testo scritto da Alberto:
Editoriale di Paolo Panerai da Milano Finanza di sabato 27/10/2007

Angelo Rovati aveva il volto sereno di chi è passato per la seconda volta nel tunnel del male peggiore che possa capitare e che quindi guarda alla vita non solo come ad un bene immenso ritrovato ma anche con la determinazione, proprio per questo, di non accettare più i compromessi della vita precedente. E a entrare in argomento non ha aspettato un secondo:” Dottor Tronchetti, lo sappia, sono pronto a testimoniare in qualsiasi circostanza che io e lei, io per conto della presidenza del consiglio, lei come presidente e maggiore azionista di Telecom, un accordo lo avevamo trovato e positivo sia per l’azienda che per il paese. Non ho ancora oggi scoperto chi, fra le 22 e le 23,30 di quel giorno, quando il presidente Prodi era in visita al presidente del Senato, Franco Marini, lo abbia chiamato al telefono e gli abbia fatto cambiare idea..”
Marco Tronchetti non credeva alle sue orecchie e ancor più io che ero li accanto a lui, ai primi di settembre, nel giardino di villa Fungarino, prima di sedersi a tavola per il matrimonio di Matteo Montezemolo.
Ero li, testimone involontario, e non potevo non apprezzare la schiettezza di Rovati che raccontava fatti così cruciali senza preoccuparsi di riferirli a Tronchetti davanti a un testimone.
A pochi passi lo seguiva Claudio Costamagna, il consulente finanziario più ascoltato da Prodi e protagonista della fallita trattativa fra Tronchetti e Rupert Murdoch come consulente del grande editore australiano. Quando ha intuito il tono della conversazione, Costamagna ha preferito proseguire diritto verso il tavolo della cena.
L’angelico Rovati (e lo dico assolutamente senza la minima ironia), invece, è andato avanti piatto piatto: ”L’accordo era ottimo poiché lei, dottor Tronchetti, aveva accettato di scorporare parte della rete, quella monopolistica di accesso, e io ero portatore del consenso al suo progetto di scorporare anche la parte commerciale di Tim, visto che dopo la fusione con Telecom il garante delle telecomunicazioni non aveva autorizzato la tariffa unica fisso-mobile. Una legittima mossa per ridare fiato all’azienda, ma quando dopo la visita in Senato ho sentito il presidente Prodi, l’intesa non era più valida e non è stato possibile, la mattina dopo, frenare l’intervista a Repubblica in cui il presidente Prodi si diceva stupefatto del piano annunciato da Tronchetti, che non teneva conto del valore strategico per il paese del gruppo Telecom.. A distanza di mesi non ho ancora capito chi gli ha fatto cambiare idea facendo fare a me la figura che ho fatto ma non solo….”
Rovati nel parlare era così candido e schietto che è venuto naturale stringergli la mano. In fin dei conti aveva accettato di fare il capro espiatorio per proteggere il suo presidente, ma aveva sentito il dovere di riconfermare la sua lealtà anche a chi, come Tronchetti, dopo quei fatti è stato costretto a passare la mano in Telecom, ben consapevole che quello di Prodi era il segnale che il governo in carica non lo voleva e che dopo aver osteggiato l’accordo con Murdoch, attraverso l’opera dissuasiva di Costamagna verso l’editore australiano, ora voleva quasi l’eliminazione fisica del presidente di Pirelli dopo avergli fatto accettare, tramite Rovati, una sorta di compromesso.
E prima di lasciarci, da persona razionale qual è, Rovati ha voluto concludere la sua testimonianza: “Con l’accordo che avevamo raggiunto, Telecom continuava ad avere un azionista capace come lei, il paese faceva un passo in avanti sul piano di una concorrenza ancor più piena; invece ora, dopo l’impegno a vendere a Telco, non c’è più un azionista imprenditore, le banche non hanno avuto il coraggio di prendersi tutto e hanno accettato che Telefonica diventasse il singolo maggiore azionista, un’azienda solda e produttiva di forti utili è stata messa in pericolo…”
Ho aspettato io stesso fino ad oggi a render conto di quel colloquio inaspettato e inaspettabile per veder come si sarebbe chiusa la vicenda Telco, il cui closing è appunto di giovedì 25. Quella candida testimonianza di Rovati inevitabilmente riaprirà la grave questione di un arbitrario intervento del presidente del consiglio nelle vicende di un’azienda privata sia pure con rilevanza pubblica come l’ex monopolista delle telecomunicazioni in Italia. E questa volta il presidente Prodi non potrà limitarsi a una generica dichiarazione in Parlamento per sacrificare a suo vantaggio Rovati, ma dovrà anche rendere conto (magari ha argomenti segreti per farlo, e ben volentieri li ascolteremo) del perché ha messo fuori gioco un imprenditore che aveva investito in Telecom tutti i miliardi di euro di cui Pirelli disponeva per poi accettare una soluzione che appunto ha fatto diventare, sia pure attraverso Telco, maggior azionista un gruppo di telecomunicazioni, un temibilissimo concorrente come Telefonica, in un assetto azionario nel quale a tutt’oggi gli azionisti non sono ancora riusciti a esprimere una scelta netta per la gestione manageriale della società.
Insomma, con quel gesto da voltagabbana nella notte al Senato, estrinsecato la mattina dopo in una lunghissima intervista per telefono a Repubblica alla quale si accodarono immediatamente i sindacati, Prodi non solo determinò una violenta inversione di tendenza del titolo in borsa, che dal rialzo seguito all’annuncio del piano Tronchetti (ora si può dire del piano di Tronchetti e del governo), cominciò un’immediata discesa dalla quale tuttora non si è ripreso. Se a parlare fosse stato un azionista o un operatore di borsa, invece del presidente del consiglio, quelle parole avrebbero assunto connotati rilevanti per la magistratura, incaricata inevitabilmente di valutare le responsabilità per i danni subiti da risparmiatori o investitori.
Ma le candide e oneste rivelazioni di Rovati hanno anche un altro effetto, quello di far comprendere come sulla storia di Telecom, oltre agli abusi, il governo non ne abbia azzeccata una. A comiciare dalla ridicola privatizzazione (con Ciampi ministro del tesoro e Prodi ancora presidente del consiglio) che partorì il nocciolino (morbido morbido) dentro il quale la quota più importante, lo 0,7%, dava al gruppo Agnelli la gestione della società. Una privatizzazione radicale che fruttò alle casse dello stato addirittura meno di quantò ricavò il governo francese vendendo solo il 30% di France telecom, una società assai meno profittevole di Telecom Italia.
Allora serpeggiava la paura che i principali paesi europei non avrebbero ammesso la lira nell’euro: Ciampi e Prodi erano quasi ossessionati da questa prospettiva e quindi cercavano di racimolare soldi dovunque pur di ridurre il debito pubblico, senza tenere conto dei dispacci che inviava l’ambasciatore Sergio Vento da Parigi: la Francia, sotto la pressione degli industriali francesi, non avrebbe mai consentito che la lira restasse fuori dall’euro anche se non venivano raggiunti i parametri di Maastricht, perché le merci e i servizi italiani avrebbero stracciato sul piano dei prezzi le merci francesi. Vento segnalava non certo di non entrare nell’euro, ma che fare eccessivi sacrifici come la liquidazione senza stabilità azionaria di Telecom non era necessaria.

Poi ci fù l’opa di Colaninno e Gnutti, la razza padana che esaltò il presidente del consiglio di allora, Massimo D’Alema. Si dice che l’errore di Tronchetti, appena reduce dal colpo di aver venduto per 6 mila miliardi di lire la fotonica agli americani, fu di pagare le azioni di Telecom oltre 4 euro. Il consiglio di Gerardo Braggiotti certo fu di pagare un prezzo alto, ma la gestione attuata negli anni dal meticoloso, pervicace e determinato presidente della Pirelli insieme a Carlo Biora e Riccardo Ruggiero aveva fatto recuperare molta redditività all’azienda si da rendere meno oneroso quel prezzo. E quando all’orizzonte si era presentata più significativa la pesantezza del debito e la necessità di definire una strategia nuova, Tronchetti non aveva mancato di senso strategico. Prima aveva deciso la fusione fra Telecom e Tim, sicuto che la via giusta fosse la convergenza e la tariffa unica, ma AGCom non gli concesse l’autorizzazione alla nuova tariffa che è invece stata concessa poco tempo fa e ora su tutti i giornali trionfa l’offerta unico il telefonino che funziona sia in casa, sia sul fisso, che fuori come cellulare. Poi aveva avviato la trattativa con Murdoch per fondere Telecom con Sky e creare la prima società di telecomunicazioni trasformata in società media, ma l’interferenza della presidenza del consiglio con Costamagna fece fuggire l’editore australiano dopo che con Tronchetti aveva già trovato l’accordo per confermare come ceo il giovane Ruggiero. Infine dopo il voltafaccia di Prodi per la conclusione dell’accordo raggiunto con Rovati, il governo ha impedito che Tronchetti vendese il 40% di Olimpia a Telefonica che era disposta a pagare 3,2 euro ad azione, mentre poi lo stesso governo ha dato disco verde a un prezzo (per Pirelli di 2,60 euro), ma senza più nella compagine azionaria un imprenditore vero, esperto di telecomunicazioni. Con il rischio, quindi, se le banche non saranno accorte, che Telefonica piano piano, nonostante i divieti accettati contrattualmente, diventi padrona della situazione. Insomma da un possibile partnership fra due imprese, il governo ha provocato le condizioni perché nella cabina di regia ci sia solo un imprenditore, cioè Telefonica.

Da giovedì 25, dopo la firma definitiva per la vendita da Olimpia a Telco, Tronchetti sta contando oltre 3,3 milioni di euro e ha recuperato la piena serenità oltre che la voglia di rilanciare in altri campi. Ma Telecom no ha ancora una strategia. I due manager, Buora e Ruggiero, che l’hanno guidata da circa un anno, hanno fatto miracoli per conservare alta la redditività e proprio una settimana fa è stato raggiunto alla convention con i dealer a Berlino il record di 3,4 milioni di telefonini venduti. In una situazione normale vicepresidente e amministratore delegato sarebbero già stati riconfermati. Il confronto fra le banche azioniste di Telco non ha ancora determinato una scelta.

Le somme che Prodi può tirare per la sua gestione delle vicende di Telecom, dalla privatizzazione all’eliminazione di Tronchetti, sono quelle di un disastro, dove ai risultati pessimi sul piano strategico si sommano le gravi colpe di interferenza ripetuta e assolutamente illegittima, oltre che l’incapacità di mantenere la parola fatta dal suo consigliere economico, che ora ha messo il re nudo. Sarà più interessante ascoltare le parole di Prodi, se avrà il coraggio di parlare.

domenica, ottobre 21, 2007

Intellettuali dalla credibilità perduta

C’è, nel mondo, una folta schiera di intellettuali codardi e/o mistificatori. Sono coloro che si riconoscono negli schieramenti di sinistra, coloro che manifestano apertamente e spesso orgogliosamente la loro appartenenza politica. Negli scritti e nei discorsi di costoro, troverete sempre riferimenti a tolleranza, apertura, anticonservatorismo. Non fanno eccezione, con questo genere di comportamento, gli intellettuali nostrani. In questa categoria, includo anche giornalisti, attori, cantanti, comici.

A livello mondiale, prove per smascherare le loro incongruenze e falsità, ne abbiamo a iose. Non faccio elenchi, ma il più attuale ed eclatante è quello della Birmania. Non ho visto nugole di intellettuali, compresi quelli della categoria sottostante, autoflagellarsi per prendere posizione in favore di quel popolo oppresso.

Restringendo l'analisi agli “intellettuali” di casa nostra, sono anch'essi una folta schiera. Ma in questo periodo, mi sembra stiano un pò sonnecchiando, racchiusi nel loro guscio. Forse son passati i tempi in cui potevano raccogliere, senza troppa fatica intellettuale, ampi consensi da parte del "popolo bue": c’era Berlusconi a governare, e tutto era loro più facilitato. Fare discorsi bizzarri su tolleranza, aperture, anticonservatorismo veniva loro più agevole: a capo del governo c'era l'emblema del "capitalismo conservatore", e quindi, discorsi contenenti mostruose falsità e inanellamenti di luoghi comuni, erano giocoforza di facile presa. Questo, loro lo sapevano e ci marciavano.

Vien da sorridere quando senti pronunciare grossolane bugie da quello schieramento che dice d’avere nel suo programma di partito la lotta all’anticonservatorismo. Quando senti, dalla ministra Pollastrini, proclamare che “il Partito Democratico è nato per combattere tutti i conservatorismi”, e mediti su quel che succede, viene spontaneo ironizzarci. Con quelle saccenti espressioni, lei pone se stessa e il suo partito alla berlina del ridicolo, perché i fatti recenti stanno a dimostrare il contrario.

Guardate cosa è successo a Storace per aver pronunciato quella frase, per difendersi dalla invettiva del Presidente. Frase che, anche se potrebbe sembrare irriverente, nasconde verità che quasi tutti conoscono: verità legate ai fatti d'Ungheria. Verità scottanti, che riportate a galla farebbero dispiacere a chiunque ne fosse parte. Ma perchè nascondere i fatti e la storia, anche se c'è stato sincero pentimento? Forse, e in ogni caso, non dovrebbe ricoprire l'incarico che gli è stato attribuito.

E ancora, guardate cosa potrebbe succedere ora ai bloggers. Non scrivo la notizia perché ne sono pieni i blog. In calce cito alcuni blogger che ne parlano, a beneficio di coloro che volessero approfondire l’argomento.

La mia conclusione è che questi fatti dimostrano fastidio, intolleranza, chiusura, conservatorismo in chi attua certe misure. E questo è esattamente il comportamento che gli intellettuali planetari di sinistra addossano ai partiti di destra.

E questa è la grande mistificazione della verità che si spera gli intellettuali in mala fede, di tutto il mondo, vogliano correggere e modificare per recuperare la credibilità perduta.

Blog consigliati:

per approfondimenti su Birmania:
siro.ilcannocchiale.it - liberaliperisraele.ilcannocchiale.it - Gabbianourlante (IlCastello)

per approfondimenti su Storace/Napolitano:
siro.ilcannocchiale.it - Santosepolcro e LeBarricate del gruppo aggregante IlCastello

per approfondimenti su BAVAGLIO AI BLOGGERS:
Rumorsrisparmio.blogspot - zener.investireoggi.it
Sarcastycon.wordpress.com

Notizia dell'ultim'ora.
Il Premio Bamba di oggi, 22 ottobre, messo in palio da Libero, di Vittorio Feltri, è andato a Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte.
Cos'ha fatto? Ha organizzato un convegno per parlare di donne, ed ha speso la bellezza di 800.000 Euro, che avrebbero potuto (e dovuto) essere spesi meglio, in un'altra maniera più utile. Infatti, ha continuato Feltri: "sarebbe stato sufficiente che la Presidente si fosse attaccata al telefono per parlare di donne, senza spendere un centesimo. Quindi: Bamba, ribamba e strabamba strameritato".
A questo punto: no comment!

sabato, ottobre 20, 2007

L'Italia dei valori immobiliari

Poiché il motto su ignoranza e furbizia, che si può osservare su questo blog, ha causato malintesi, lo rispiego con un altro esempio eloquente.
La copertina di Panorama n.43 del 25 ottobre 2007 ha per titolo: L’ITALIA DEI VALORI (IMMOBILIARI). Sullo sfondo, la foto del Ministro delle Infrastrutture, in espressione furbesca, con la scritta: ANTONIO DI PIETRO – FENOMENOLOGIA DI UN MINISTRO TROPPO FURBO.
All’interno – pag.da 52 a 59 c’è la storia del suo partito. Come e quando è nato; da chi è stato costituito; da chi è controllato e governato (nota mia: come se fosse una società di capitali); da chi e da quante persone è costituito l’organico dirigenziale del partito; chi redige e chi approva il bilancio, ecc.
A pag.52 e 53 di Panorama, due dati certi: data di costituzione, 26 settembre 2000, e sede, via Milano 14 a Busto Arsizio, della “libera associazione Italia dei valori – Lista Di Pietro”.
Oggetto sociale: “La valorizzazione, la diffusione e la piena affermazione della cultura della legalità, la difesa dello stato di diritto, la realizzazione di una prassi di trasparenza politica e amministrativa”.

Tenete ben presente le parole scritte nell’oggetto sociale perché, leggendo l’articolo di Panorama, all’interno di quella Libera Associazione, trasformata poi in Partito politico, non si trova niente di tutto quello che dice. Leggendo attentamente, sembra quasi di aver a che fare con una tresca affaristica, dove “la valorizzazione, la diffusione e la piena affermazione della cultura della legalità” siano completamente estranee. Nel leggere delle cause in corso contro l’IDV, per “comportamenti illeciti”, sembra che lo stato di diritto sia stato da loro stessi calpestato. Il seguito del reportage evidenzia chiaramente come “la realizzazione di una prassi di trasparenza politica e amministrativa”, all’interno, al vertice dell’IDV sia andata a farsi benedire.
Per non togliervi il piacere della lettura, vi dò solo alcuni elementi desunti dall’articolo.
Partita con tre soci, l’associazione Italia Dei Valori è diventato un partito a socio unico. Quindi, nessun accesso ad estranei alla visura di scritture contabili.
Vi è la storia di un giro di prestiti per l’acquisto di immobili da parte di una società che fa capo alla famiglia Di Pietro. Tali immobili, di questa famiglia, sono poi stati affittati al partito IDV che versa affitti alquanto salati alla proprietà.
Tra il 2001 e il 2006 l’IDV ha ricevuto Euro 22.366.000 di rimborsi elettorali dallo Stato (nota mia: una vergogna!, visto che in campagna elettorale tuonava contro il governo Berlusconi perché la gente non arrivava a fine mese!).

E qui mi fermo perché sono stato preso da un raptus di disgusto.

Però vorrei chiedere ai bloggers psicologi, se mi sanno spiegare perché, al termine della lettura di questo articolo di Panorama, mi è venuto spontaneo di pensare al detto popolare: "il più pulito ha la rogna" ?

lunedì, ottobre 15, 2007

L'Argentina insegni

(seguito de: La casta politica)

Anni fa, era il ’97 o ’98, conobbi una famiglia italo-argentina: marito, moglie e un figlio in età scolare. Lui era nativo del Veneto ed emigrato bambino in Argentina. Lei, nata a Buenos Aires, era di origini pugliesi. Una coppia ben assortita: lei bella e affascinante, lui distinto e raffinato. Venivano nel mio negozio, assieme o alternandosi, un paio di volte al mese, per spedire fax in Argentina; tornavano dopo qualche giorno a ritirare la risposta. Andarono avanti così per tre o quattro anni. Nonostante il fascino e la raffinatezza, i loro occhi emanavano un non so che di profonda malinconia e tristezza. Erano venuti a stare nel mio comune perchè vi abitava una zia materna di lei. I fax di risposta che ricevevano erano di loro amici o parenti rimasti là in Argentina, e tutti accompagnati da allegati con disegni e scritti fatti da bambini che inneggiavano all’amore fraterno, alla pace, alla speranza di un futuro migliore, al ritorno della prosperità dei bei tempi andati. Ricordo che alla vista di quegli allegati, ad entrambi luccicavano gli occhi. Da questi fax, avevo compreso il perché della loro profonda tristezza e malinconia. Difficilmente parlavano della loro vita, ma a poco a poco, mettendo assieme le frasi che riuscivo loro carpire, di volta in volta, avevo compreso che là in Argentina avevano posseduto un piccola industria metalmeccanica: meccanica fine. Erano “scappati” in quegli anni, dopo che avevano compreso che in seguito alla grande crisi dell’Argentina dei primi anni ’90, essa non si sarebbe più risollevata se non con provvedimenti straordinari o azioni di forza. Insomma, prevedevano già quello che poi sarebbe successo gli anni successivi, dal 1999 in poi. Riuscirono a vendere alla meglio giusto in tempo e tornare in Italia e vivere di rendita: nei loro discorsi non c’era più alcuna ambizione di creare alcunché, tantomeno qua in Italia, dove stavano cominciando a rendersi conto di quello che prima o poi succederà anche qui da noi, se non verranno presi provvedimenti drastici.

Nell’immaginario collettivo popolare, negli anni dal ’50 all’80, l’Argentina era considerata ancora un paese ricco, ben più ricco dell’Italia, tantè che il flusso migratorio di italiani verso quella nazione, iniziatosi nell’800, ebbe una coda ancora negli anni ’50 e ’60. La loro maggior ricchezza era anche palpabile tanto che l’industriale argentino De Tomaso - tanto per fare un esempio -potè permettersi, negli anni ’70, di acquistare la ex Innocenti di Milano Lambrate (qualcuno potrebbe asserire che gli fu regalata).

Tornando alla coppia italo-argentina, nonostante la loro diffidenza e riservatezza, tutte le volte che chiesi loro come mai un paese così ricco sia finito così male, essi mi rispondevano sempre allo stesso modo: era stata colpa dei politici, i quali avevano rubato, dissipato, dissanguato la nazione.

Qui da noi, in Italia, il furto di denaro pubblico è stato studiato e portato avanti con metodo, intelligenza e furbizia, in nome del sociale e della democrazia, ma sempre saccheggio è.

A Clemente Mastella, in uno dei suoi post, ho commentato che per dare prova di onestà e amor di patria, dovrebbe restituire allo stato i contributi INPS che la Rai gli ha versato quando si è messo in aspettativa da loro, per fare il politico. Chissà se mi ascolterà?
E questa è solo una goccia di quel che dovrebbero e potrebbero fare i politici per salvare l'Italia.

(a seguire)

sabato, ottobre 06, 2007

Le bugie del ministro Bersani

Non è vero che la legge 40/2007 in tema assicurativo R.C.A. faccia risparmiare soldi agli automobilisti, tuttaltro.

Ingabbiando gli assicuratori, togliendo loro ogni potere discrezionale, ogni possibilità di calibrare i contratti basandosi sulla storia assicurativa del loro cliente, la legge 40/2007 ne ha di fatto aumentato i costi e ridotto enormemente le possibilità di concorrenza tra compagnie, avendole obbligate dentro schemi rigidi.

Tutto questo alla fine si traduce in maggiori costi e maggiori tribolazioni per gli assicurati e assicurandi in cerca di risparmi. Esattamente il contrario di quanto la montatura di questa legge avevano creato nelle aspettative della gente.

L'esempio pratico che segue, dimostrerà quanto sopra. E dimostrerà altresì che a sinistra c'è tanta più gente che a destra disposta a farsi abbindolare.

Una coppia, marito e moglie, è proprietaria di due autovetture, entrambe intestate al marito, ma ciascuna con la propria storia assicurativa e col proprio contratto assicurativo. Nel 2003, approfittando della legge di incentivo all'acquisto di auto ecologiche, la moglie cede la propria vecchia autovettura ad un famigliare convivente, e fanno anche, a quest'ultimo (con la consapevolezza e il pieno accordo della direzione della compagnia), la voltura del contratto assicurativo, compresa la classe di merito: classe zero, poichè indenne da sinistri dal tempo della prima stipula avvenuta qualche decennio prima.

La nuova vettura, una Euro 4, intestata alla moglie, e non più al marito come la precedente, viene fermata e disassicurata alla scadenza naturale del contratto nel luglio 2006.

Ora la si vuole rimettere in circolazione, ma sorgono problemi di assicurazione.
In base alla legge Bersani, il passato assicurativo, indenne da sinistri, non ha alcuna rilevanza, non se ne può tener conto anche se l'assicuratore ha una conoscenza specifica comportamentale ultradecennale dell'assicurato. Il nuovo contratto deve essere stipulato in base alle norme della legge Bersani e quindi si deve partire dalla classe più alta, la diciottesima, con quel che comporta in termini di maggiori costi (e che costi!).

In base a tale legge, i nuovi contratti devono essere obbligatoriamente intestati al proprietario della vettura.

E quindi uniche possibilità di deroga, uniche scappatoie per il caso preso in considerazione, sono: che la moglie intesti l'auto al marito, il quale godendo già di una classe di merito bassa, potrà assicurare l'auto ad un prezzo contenuto; poichè non vi sono limiti al possesso di auto.

Oppure, la moglie venda l'auto a terzi (figuriamoci! una Euro 4 dell 2003! valore commerciale 3700 euro, valore reale non meno di 7000 euro), ne riacquisti una nuova o usata, (l'importante è che ci sia un atto d'acquisto. Insomma, che si spendano soldi !) ci sia in mezzo una compravendita di auto: e allora, in questo caso, sempre in base alla legge Bersani (una vera vaccata, su questo punto!) si potrà far rientrare la polizza R.C.A. in una classe di merito bassa.

Questa vicenda dimostra chiaramente come la legge Bersani in tema di assicurazioni sia una presa in giro per i contribuenti assicurandi e sia una fetta di salame sugli occhi di quanti ancora oggi credono nella bontà delle lenzuolate Bersani: con buona pace di tutti.

venerdì, ottobre 05, 2007

Burattinaio e burattino

I lettori di questo blog sanno che non ho mai nutrito simpatia per Michele Santoro. Uno di quelli che tira l'acqua al suo mulino, uno di quelli che mette l'obiettività a servizio di fini personali (vedere l'entrata in politica che gli ha garantito i privilegi della Casta); uno di quelli che, per dirla alla milanese: l'è bun per i caj. Anche quando riesce ad imbroccare un programma giusto, un filone giusto, un'inchiesta giusta, ci deve sempre infilare dentro qualcosa contro il suo "odiato" Berlusconi: uno di quelli che non si è arricchito con i privilegi della Casta, ma che ha guadagnato tanti soldi accollandosi tutti i rischi d'impresa.

Cosa c'entrava, ieri sera, quella specie di lettera di Pietro Gelli? Una lettera piena e ritrita di argomentazioni arcigogolate cui siamo assuefatti, e al quale le persone intelligenti non danno più alcun peso? Cosa c'entrava quella "lettera a Pinocchio" così piena di riferimenti offensivi verso il leader dell'opposizione, in quel contesto? C'entrava come i cavoli a merenda. Tanto per crear zizzania. E mamma Rai - servizio pubblico pagato dai contribuenti di sinistra e di destra - si presta a questi giochini, facendo andare in onda uno spettacolo comico in un programma che dovrebbe essere serio.

Se, quindi, Michele Santoro, col programma di ieri sera era riuscito a riportare all'ovile qualche spettatore disaffezionato, con quel finale alla burattini si è rovinato tutto e si è precluso per sempre la possibilità di recuperarli.

Tanto và la gatta al lardo che ci lascia lo zampino!

martedì, ottobre 02, 2007

La grande ipocrisia

(seguito de: Gli albori della Casta)

Ringrazio Gli Osservatori de Lo Sciacquone d'Argento per la visita e l'apprezzamento al mio blog.
Lo Sciacquone d'Argento.splinder è un blog fatto da giovani che durante il tempo libero si dedicano allo svolgimento di un servizio di effettiva pubblica utilità. Essi vanno in perlustrazione dei bagni e servizi dei locali pubblici che frequentano. Prendono appunti, fotografano, filmano e poi inseriscono il tutto nel loro blog a disposizione di chiunque. Lavoro lodevole e particolarmente apprezzato dai disabili, per la sua utilità. Gli Osservatori infatti non si limitano alla puntigliosa descrizione sul come sono costruiti e in che stato di pulizia e conservazione siano tenuti i servizi igienici di alberghi, ristoranti, trattorie, agriturismo, paninoteche, pizzerie, bar, tavole calde, treni, stazioni ferroviarie e stazioni di rifornimento carburanti, ma danno anche ampie informazioni ai disabili, in merito all'accessibilità, e alle particolari dotazioni strumentali e igieniche di cui essi abbisognano.

Nell'altro punto del commento, Gli Osservatori mi spronano a continuare in quella specie di reportage personale su Casta e suoi privilegi, partendo dalle sue origini. Aderisco volentieri. Però senza impegni di cadenza e tempi: basta seguire di tanto in tanto questo blog. Mi ci sto appassionando. Per poter svolgere più rigorosamente tale specie d'inchiesta, oltre che basarmi su ricordi personali, vorrei poter attingere a notizie di stampa degli anni '60 e seguenti che siano le più obiettive possibili, libere da condizionamenti politici. L'archivio storico del Corriere potrebbe rispondere a tale esigenza, ma a me è sembrato che nel corso di tanti anni ha spesso alternato l'obiettività con la convenienza politica del momento.

E allora sarebbe meglio rivolgersi a quel genere di ditte che effettuano le rassegne stampa per conto terzi: pubblica amministrazione, ministeri, ditte, imprese, società, multinazionali, personaggi del mondo politico, culturale, professionale, ecc.ecc. Nei loro archivi storici si dovrebbero trovare giornali o loro ritagli relativi a quegli anni; e di tutti i giornali, quotidiani e non, pubblicati in quegli anni dai più disparati editori esistenti; in modo che da un loro confronto si possa arrivare al massimo dell'obiettività.

E chi potrebbe fungere meglio a tale scopo se non un'azienda di Rassegne Stampa?

Citandola come esempio, ritengo che gli archivi storici di una società milanese, L'ECO DELLA STAMPA - Milano, la quale si occupa di rassegne stampa fin dal 1901, possa essere in grado di assolvere ad una tale richiesta.

Perchè - mi son chiesto - una tale ricerca quando esistono già quattro libri che trattano dell'argomento? Per scoprire la mia verità, senza condizionamenti altrui.

Non mi è sfuggito il fatto che sabato scorso Fausto Bertinotti in un'intervista televisiva si è mostrato molto contrariato per le parole pronunciate da Umberto Bossi in tema di federalismo o secessione: parole che possono portare a disordini.

Ma allora dovrebbe ricordare agli italiani quello che faceva lui negli anni dal '60 in poi. Erano quelli gli anni in cui si organizzavano i saccheggi autorizzati, le spese proletarie, le devastazioni. Erano gli anni in cui si organizzavano scioperi selvaggi, boicottaggi, blocchi stradali e di produzioni, assembramenti, sit-in contro le serrate, ecc. E lui nel frattempo, essendo sindacalista e politico, contemporaneamente, cosa faceva? Questo io non lo so. E' da qui che nasce la mia ricerca.

E perchè proprio Bertinotti? Perchè lui è sempre stato contro i ricchi, contro la proprietà privata, contro il lusso e lo sperpero della cosa pubblica e privata.

E ora, cosa sta facendo lui? Sta facendo il nababbo a spese dello stato con entrate nette per non meno di 200.000 euro netti all'anno. Percepisce mensilmente, e da tanti anni, una spropositata pensione da ex sindacalista che un comune mortale percepirebbe in due/tre anni. Si è costruito una villa con parco e piscina a Massa Martana e forse anche in Costa Azzurra, stando a voci da verificare. Per la sua alta carica all'interno dello Stato, percepisce stipendi, indennita e quantaltro per l'importo minimo di cui sopra. Gode di privilegi che gli permettono di andare in vacanza gratis con l'aereo di stato. In sovrappiù gli dovremo garantire, a mandato scaduto, un lauto vitalizio, un'ufficio riservato a Montecitorio, la scorta di stato, l'auto blu di stato con annesso autista, ecc.ecc.

Se fosse coerente col suo pensiero, dovrebbe restituire tutto quanto sopra allo stato.

Per questo allora io dico che: "A sinistra c'è tanta ignoranza, ma vi prosperano le intelligenze dotate di grande furbizia".

In un prossimo post farò un elenco di quest'altri furbi.

lunedì, ottobre 01, 2007

Pensieri & Bamba

Questa devo raccontarla subito: è troppo bella!

In Pensieri & Bamba da poco concluso, Vittorio Feltri ha raccontato del suo scambio d'opinioni con il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, in merito agli articoli pubblicati da Libero sulla questione dei privilegi della Casta. Ebbene, Bertinotti ha scritto a Feltri dicendogli che ha già provveduto ad effettuare dei tagli e, tra questi, ha fatto togliere il ristorante esistente all'interno della Camera. D'ora in poi, per il servizio di ristorazione si serviranno di società di catering esterna, molto meno costosa che non il ristorante interno.

Con una precisazione, però. Attenzione!

Il personale addetto al ristorante non viene licenziato (figurarsi un comunista che licenzia! tanto mica paga lui! perdonate, ma questa la dovevo dire!), prima di essere ricollocato altrove - e sempre all'interno dell'amministrazione dello Stato - rimane in carico a Montecitorio, e i dipendenti continueranno quindi a percepire stipendi e quantaltro senza però svolgere alcuna effettiva attività.

Sembrerebbe quindi, anche in questo caso, come nel caso del post precedente, di essere in presenza di una personalità dal coefficiente intellettivo molto alto.

Per poco non gli è stato assegnato il Bamba, Bamba che invece è andato al Presidente (suppongo Presidente del Consiglio) perchè? Sentite questa, anche lei bella!

Sappiamo che Alitalia è in stato comatoso/fallimentare da almeno vent'anni, e che per risolvere qualcosa dovrebbe cominciare a snellire l'organico (considerando quanto è in grado di produrre) costituito da ventimila addetti. E invece di snellire? Udite, udite! ha assunto 220 nuovi addetti nel corrente anno.
Per questo motivo non si poteva che assegnare al Presidente un Bamba, ribamba, strabamba strameritato.

Il Bamba della settimana scorsa era stato assegnato a Claudio Burlando. Vi ricorderete il caso. Inutile ricordarlo. Ma quello che non sapete è la motivazione unita al Bamba. Bamba che non è stato assegnato perchè percorreva quel tratto autostradale contromano e a velocità pericolosa, ma perchè si era giustificato con le forze di Polizia dicendo loro che non aveva con se la patente di guida perchè il suo portafogli è troppo piccolo e quindi la patente non ci stà dentro.
Bamba, bamba, bamba!

Enti inutili: chi hanno chiuso?

Pubblico un commento significativo, pervenutomi oggi, e relativo al post del 26 ottobre 2006: Lunga vita agli Enti Inutili. Era il periodo in cui si dibatteva sulla chiusura degli Enti inutili.

Anonimo ha detto...

il caro mortadella o chi per lui, ne ha combinata un'altra: ha inserito nella lista degli enti inutili i consorzi che regolano e gestiscono i grandi laghi alpini, che come si sa' sono al nord, hanno sempre avuto dei bilanci in attivo, che con pochi dipendenti e sottopagati (io prendo 1250 euro al mese con 6 mesi di reperibilita' continua compresa)gestiscono laghi come quello di garda, como, maggiore, senza mai chiedere un euro a roma......probabilmente dal 1 gennaio 2008 faro' anch'io parte della grande famiglie dei disoccupati.....PADANIA LIBERA

Chi leggerà questo commento, penso non avrà alcuna difficoltà a riconoscere un alto quoziente intellettivo al nostro Presidente del Consiglio o a colui abbia predisposto la chiusura di un Ente che, a quanto pare, non sembra per niente inutile, sembra che si autofinanzi senza mai chiedere soldi a Roma. Al contrario dei tanti altri che sono nella lista menzionata nel post e che sono veri divoratori di risorse (VEDERE A TAL PROPOSITO L'ORMAI ENTE INUTILE STRETTO DI MESSINA).


 

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