marshall

lunedì, febbraio 25, 2008

Milano a confronto con Narbonne

Se chiedete a un anziano tassista di Milano di portarvi al Porto Romano, come minimo vi guarderà sbigottito e vi dirà che non esiste. A meno che non sia un milanese doc, ovvero di chi è milanese da tante generazioni (e sono rimasti in pochi). E quindi, essendo dotato di una propria cultura specifica, vi racconterà storie e aneddoti della Milano antica, e vi porterà in piazza Vetra e in via Larga indicandovi i luoghi dove presumibilmente si trovava l' "oggetto" del vostro desiderio. Qui giunti, resterete però delusi dal fatto che, con ogni probabilità, non troverete alcuna segnalazione al riguardo. E' stato cancellato tutto, perfino la memoria storica di un sito che deve aver svolto un ruolo molto importante per la crescita e lo sviluppo della città di Milano. Un'esempio emblematico di come a volte, per colpa di ignoranza o superficialità, si sia tanto frettolosi nel cancellare memorie storiche, perfino di rilevante importanza, l'ho avuta anche leggendo resoconti sul sito http://www.milanosotterranea.com/

Vettabbia, canale navigabile fino a Melegnano; via Larga, presunto porto. A partire dal III secolo d.C. Milano ha iniziato ad assumere un ruolo sempre più importante all'interno dell'Impero Romano. Nel 297, sotto Diocleziano, Milano divenne la Capitale dell'Italia Utraque, e sopravanzò Roma per importanza.

Nel 314, su richiesta di Costantino, convertitosi al cristianesimo, viene fondata la Basilica nota col nome di Vetus, con incluso Battistero (S.Stefano alle Fonti), utilizzando fondi della fiscalità.

Nel 343, cinque anni dopo la morte di Costantino, ha inizio la costruzione della nuova Basilica di S.Tecla (i cui resti si trovano sotto l'attuale piazza Duomo), di vaste dimensioni, quasi come l'attuale Duomo, le cui numerose colonne furono fatte arrivare dal Nord Africa.

Nel III e IV secolo ci fu un'intensa attività edilizia a Milano: chiese e numerosi edifici pubblici edificati in quel periodo. Edifici la cui esistenza è testimoniata dagli storici dell'epoca; ma ben poco, per cause varie, è arrivato fino a noi o è stato riportato alla luce. L'attivismo di Milano, di quel periodo, può far presupporre l'esistenza di un valido naviglio e di un porto altrettanto efficiente, dato che i corsi d'acqua navigabili erano le autostrade dell'epoca. Eppure, di quel canale e di quel porto si è persa ogni traccia: ogni affidabile documento dice che forse in quel tal punto c'è stato il porto romano, che forse il Vettabbia è stato un ampio canale navigabile. Mancanza di culto della memoria storica o cos'altro? In attesa di adeguate risposte, restiamo ancorati al presente.
Anni fa, percorrevo il sud della Francia, quando, alle porte di una graziosa cittadina, la mia attenzione venne catturata da un imponente ceppo marmoreo, posto al centro di un'ampia rotatoria che introduceva all'ingresso della città, sulla quale troneggiava una grande scritta che, più o meno, diceva: "Benvenuti a Narbonne, primo insediamento Romano su suolo Francese: Anno 118 a.C.". Quella scritta, evidenziava chiaramente l'orgoglio per quel primato. Variai tragitto ed entrai in città: una piccola, splendida cittadina.

Il suo centro, il suo cuore nevralgico è costituito dal Canal de la Robine, tutt'oggi percorso, a scopo turistico e di vacanza, dai famosi House Boat francesi. Sopra il Canale, nel centro esatto della città, vi scorre Ponte dei Mercanti, una sorta in miniatura di quello che è Ponte Vecchio di Firenze, con tanti simpatici negozi, bar e punti di ristoro (posseggo ancora ricordi di quel giorno. In quei negozietti si comprano saponette e profumi fabbricati con le essenze della Provenza. Vi si comprano scampoli di tessuti particolari, dai colori luminosi e sgargianti, tipici della Costa Azzurra).

A Narbonne non dà "fastidio" quel canale che attraversa il cuore della città, anzi, lo riempiono di cure e attenzioni, lo abbelliscono. A Milano, invece, davano "fastidio", "creavano impiccio" i canali nel centro cittadino, per cui pensarono bene di smantellarli. Ora, vadi per il Porto Romano e il Canale navigabile Vettabbia, dei quali non si pensa minimamente alla loro riesumazione, ma per i Navigli Interni, quelli sì, è auspicabile un loro recupero, per dare alla città di Milano quel tocco di vivibilità in più che la possa rendere ancor più ammirata da tutto il mondo.

domenica, febbraio 17, 2008

Vettabbia, l'antenato dei Navigli

(seguito di: Le piramidi di Milano)

Vettabbia: cos'era costui? Cos'era questo corso d'acqua che ha rivestito un ruolo importante per la cristianità di Milano? Ma che assai più importante deve averne rivestita in campo logistico, delle comunicazioni, dei trasporti, degli scambi commerciali per la città di Milano ai suoi albori? Era un fiume? Era un canale?

Toti Celona e Gianni Beltrame, nel loro libro I Navigli Milanesi - storia e prospettiva (A.Pizzi 1982), a pagina 9 scrivono:
"Canali scavati dall'opera dell'uomo per l'irrigazione e anche la navigazione esistevano già a quei tempi (i tempi del Barbarossa: metà sel XII secolo) e la loro origine è incerta. Facevano capo per lo più agli operosi monaci dell'abbazia di Chiaravalle, oppure a quelli di Morimondo e di Cerreto, ma è probabile fossero nati prima del Medioevo. Già in epoca romana dovevano essere stati ricavati canali dal Seveso, dal Nirone, e dall'Olona, che portavano le acque nei fossati della città. La Vettabbia poi "rappresentava forse una via d'acqua navigabile tra Milano e il Po, almeno a cominciare dalla fine della repubblica a tutto l'impero" (A.Calderini, Milano archeologica, in Storia di Milano, cit., vol.I, pag.522). Canali, navigabili o da irrigazione e, in genere, opere di regolazione delle acque dovevano essere presenti nel territorio milanese anche in epoca preromana, ai tempi dell'occupazione gallica. Relativamente lontana quindi da corsi d'acqua naturali, al contrario delle principali città europee, Milano ricorse fin dalle lontane origini alla canalizzazione artificiale; risolvendo così non pochi dei problemi relativi alla difesa, ai traffici commerciali e all'irrigazione delle campagne".

Vettabbia: canale navigabile, dunque? Stando all'etimologia della parola, parrebbe di si. Infatti Vettabbia dovrebbe derivare dal latino vectabilis che vuol dire "capace di trasportare". Quindi, riferendosi al nome di quel canale, vorrebbe dire che lo stesso, il Vettabbia, appunto, era probabilmente navigabile. Come vediamo, pare non ci sia niente di certo, come pure non è certo il fatto che il Vettabbia fosse stato una estensione canalizzata del fiume Nirone, costruito, o almeno iniziato dai Galli Insubri che avevano fondato Mediolanum (Milano) in epoca incerta (all'incirca nel V secolo a.C.).

Notizie certe e validamente documentate sul trasporto di merci via fiumi e canali dall'Adriatico fin nel cuore della città di Milano, pare non ve ne siano: si andrebbe tutto per ipotesi. L'unico sostegno a questa suggestiva tesi, riportata anche da svariati autorevoli siti internet consultati, è il resoconto di uno storico vissuto nell'XI secolo, Landolfo Seniore. Egli sosteneva che al tempo dei Romani, il Vettabbia era navigabile e, "unito al Po per mezzo del fiume Lambro, offriva alla nostra città tutte le ricchezze d'oltre mare".

Ad avvalorare l'affascinante tesi di Landolfo Seniore, ci vengono in soccorso una serie di ragionamenti. Milano in tempi assai remoti è stata lambita da numerosi corsi d'acqua, fiumi e ruscelli, molti dei quali esistono tuttora, anche se con portate assai minori rispetto a quelle epoche: Olona, Nirone, Seveso, per citare soltanto quelli più noti e più prossimi al centro città. Per parlare in quei termini, lo storico Seniore deve aver visto e dibattuto con i suoi contemporanei di quel qualcosa che gli rammentava quel canale navigabile. In effetti, ancora oggi noi ci chiederemmo quali ragioni avessero avuto i Galli prima e i Romani poi, per trasformare il corso inferiore del Nirone in un canale arricchito con le acque del Seveso e del Molia. Ma non basta. Quali ragioni ebbero poi i Romani per convincerli a costruire un canale difficoltoso, tortuoso, con problemi di pendenza, che portasse le acque dell'Olona, da sud, dove scorreva in quel tratto di inizio canalizzazione, verso nord, passando nel Lombia, per andarsi ad incuneare nel Vettabbia, nel punto ove oggi sorge piazza Vetra? Poco più ad est, in quella che adesso è Via Larga c'era, forse, l'antico Porto Romano di Milano. E c'erano, forse, imbarcazioni di dimensioni adeguate alle dimensioni del canale che facevano la spola con il Porto di Cremona sul Po: lì erano ormeggiate le navi della V flotta navale di Roma.

Certezze e supposizioni miste tra loro. Quel che è certo e storico è che alla foce del Lambro c'era un porto di intercambio da imbarcazioni più grandi a più piccole.

Sempre dallo storico Seniore, sappiamo anche che ai primi dell'anno 1000 il Vettabbia si univa al Lambro a Cascina Cappuccina, cioè nelle immediate vicinanze di Melegnano, nel cui porto si svolgeva un fiorente mercato di scambi.

(segue)

giovedì, febbraio 14, 2008

Le "piramidi" di Milano

Il Cairo ha le Piramidi, Milano ha i suoi Navigli, ovvero canali navigabili. Scusate il paragone un poco "irriverente", ma, quanto a mole di lavoro, per la costruzione dei Navigli - fatti a mano, con badili e carriole di quelle epoche - sono state certamente impiegate ore di faticosissimo lavoro, e in quantità certamente non inferiore a quelle impiegate per erigere la Piramide di Cheope. La mia potrà sembrare un'esagerazione, una banalità, ma non lo sarà più per quanti sapranno soffermarsi a pensare e meditare sull'immane lavoro che è stato necessario per costruire i cinque Navigli milanesi: 1) La Fossa interna, 2) Il Naviglio Grande (e Bereguardo), 3) La Martesana, 4) Il Naviglio di Paderno, 5) Il Naviglio pavese. Non so se esista un dato al riguardo, ma si pensi ai milioni di metri cubi di terreno scavato, rimosso, spostato, e a tutte le altre opere connesse con la costruzione dei Navigli!

I Navigli, opere da salvaguardare, conservare, tutelare, rispettare e amare con profonda venerazione. Eppure, nel 1929 si è dato corso alla sistematica soppressione di una parte di essi: la Fossa interna e il ramo cittadino della Martesana.

Padre! Perdona loro perchè non sanno quello che fanno!

Un'opera ciclopica le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Già in epoca pre-romana esistevano canali irrigui dentro e intorno al nucleo abitativo di quella che poi sarebbe diventata la città di Milano; canali costati la fatica e il sudore della fronte di chissà quante migliaia di uomini; da lì, il profondo rispetto e la profonda venerazione che dovremmo avere per tali manufatti.

(segue)

sabato, febbraio 02, 2008

Milano in gondola


"Un fossato di sorprendente bellezza e larghezza circonda questa città da ogni parte e contiene non una palude o uno stagno putrido, ma l'acqua viva delle fonti, popolata di pesci e di gamberi. Esso corre tra un terrapieno all'interno e un mirabile muro all'esterno, il cui circuito, misurato con estrema accuratezza, è risultato corrispondere a diecimilacentoquarantuno cubiti. La larghezza del fossato, lungo l'intero circuito intorno alla città, è di trentotto cubiti. Al di là del muro del fossato vi sono abitazioni suburbane tanto numerose che basterebbero da sole a formare una città".

Con tale ammirazione, Bonvesin de la Riva, dotto frate degli Umiliati, nel 1288 descriveva la bellezza di un fossato che i suoi posteri avrebbero poi chiamato cerchia interna dei Navigli di Milano. Nel secolo scorso, la sua larghezza variava dagli 8 ai 12 metri. Comparando questi dati con le misurazioni lasciate da Bonvesin de la Riva, possiamo ricavare che la lunghezza di quel "fossato interno" del dodicesimo secolo fosse di circa 2670 metri.

In vista di Expo 2015, alla quale Milano è candidata in concorrenza con la città di Smirne, l'amministrazione meneghina ha elaborato un ambizioso programma di abbellimento della città, comprendente anche il recupero e il ripristino di una parte di quei navigli della cerchia interna, dislocati a sud, ad est e a nordest del Duomo di Milano.
Per far fronte al nascente traffico automobilistico, quei navigli furono interrati, a partire dal 1925, per ricavare famose vie di Milano: via Molino delle Armi, via Santa Sofia, via Visconti di Modrone, via Francesco Sforza, via San Damiano, via Senato, via Fatebenefratelli, via San Marco. Al di la di via San Marco, oltrepassata la zona dove un tempo c'era il Ponte delle Gabelle, di manzoniana memoria, c'era una sorta di laghetto, con tre mulini, nel quale confluivano le acque del Naviglio della Martesana e quelle dei Navigli interni. Questo laghetto, e il tratto di Naviglio della Martesana, fino a Gorla, è stato ricoperto; ed ora ci corre sopra lo stradone di via Melchiorre Gioia. Da Gorla, il Naviglio della Martesana, corre libero e a cielo aperto, conferendo alla città di Milano un aspetto magico, da favola.

Far rivivere i Navigli in quelle vie, non richiederebbe grossi costi perchè sarebbe una operazione di ripristino, con costi relativamente contenuti. I problemi di viabilità, che si verrebbero a creare, potrebbero essere risolti costruendo tunnel e strade sotterranee, seguendo la tendenza in atto presso grandi metropoli del mondo o, per stare ad esempi casalinghi, imitando quanto è stato fatto per il tunnel di San Siro, quello di Lecco e quello della Seriate-Nembro. Il ripristino dei Navigli potrebbe fornire anche un grosso contributo alla lotta contro l'inquinamento atmosferico del centro storico, e della città di Milano, in generale. Si creerebbe inoltre una nuova opportunità di lavoro, con la creazione dei gondolieri di Milano. Gondole dimensionate a seconda dei tratti navigati; in ogni caso, gondole vere e proprie, come quelle che si sarebbero potute vedere, ancora negli anni trenta, nel più ampio Naviglio Grande, nel tratto che va dalla Darsena di Milano ad Abbiategrasso.

La riapertura dei Navigli, che i promotori vorrebbero riportare alla luce entro il 2015, farebbe balzare Milano tra le primissime città più vivibili e più belle del mondo.

Sono numerosi i sostenitori del progetto. Un mio conoscente, pensionato da tempo, ricorda con profonda nostalgia l'epoca dei Navigli e di quando vi si buttava a nuoto: la sua abitazione è tutta tappezzata da quadri, stampe, foto dei Navigli, e non vi ha appeso nient'altro. Un distaccamento del sindacato CISL ha le pareti di uffici e sala d'attesa adornate da stampe d'arte del Corsera, riproducenti quei tratti di navigli che si vorrebbero riaprire, fotografati com'erano prima della ricopertura; il tratto più bello è risultato essere quello di via Senato.

Navigando nella RETE, ho scoperto di trovarmi nel mezzo di una marea di sostenitori del progetto Navigli aperti. La più nostalgica di tutte, mi è sembrata una signora argentina, certa Maria Rodriguez, o simile, di cui ho perso le tracce, la quale ha scritto una sorta di poesia, nella sua lingua, dall'emblematico titolo "Nostalgia de la nostalgia", nella quale riversa tutta la sua profonda nostalgia per la città di Milano e la sua cerchia interna dei Navigli, di inaudita bellezza, ma che ora non ci sono più. E lo precisa testualmente, nel suo componimento: la sua grande nostalgia non è per il Duomo, o per La Scala, bensì per quei Navigli che non ci sono più.

A questo punto, vorrei chiedere l'interessamento di Silvio Berlusconi, in qualità di privato cittadino, affinchè prenda a cuore questo progetto. Lui che è così amante del bello, costruttore di mirabili opere; Lui, che è così attaccato e affezionato alla sua città di Milano, potrebbe dare un vigoroso contributo, con la sua personale sponsorizzazione, alla realizzazione del sogno: Navigli aperti di Milano.


 

Heracleum blog & web tools