marshall

sabato, luglio 31, 2010

Petizione e consigli di lettura

A tutti gli affezionati lettori, i miei migliori auguri di Buone Vacanze. E, prima di partire, o all'immediato rientro, ricordatevi di compilare e spedire via mail la petizione per proporre la candidatura al Premio Nobel per la Letteratura a EUGENIO CORTI.
Sul blog Il Giardino delle Esperidi troverete la notizia e le modalità di adesione.

Augurando buone ferie a tutti, consiglio la lettura dei seguenti post: questo e quest'altro .

lunedì, luglio 26, 2010

Questione di stili

Pubblico integralmente l'articolo de Il Giornale.it, firmato da Stefano Filippi, segnalatomi da Eleonora, la segugia di questo gruppo di bloggers associati.
Nella solita speranza di non ricevere richieste di risarcimento danni per violazione della legge sul copyright (l'articolo è solo di oggi stesso, ore 9). Ma lo faccio a fin di bene, per una giusta causa.

Lo pubblico perchè a/e di Livorno ho due bloggers amici, VP e Sarcastycon , i quali chissà cosa si chiederanno di quella che sembra essere UNA GRANDE EMERITA PORCATA IN DANNO DI ESSELUNGA, PERPETRATA DA COOP. Sono stato anch'io un commerciante e so cosa vuol dire scalpitare per l'arrivo o per la presenza di un concorrente sulla propria piazza. Ma, arrivare a tanto, credo che alla lunga ci si sveni a vicenda in battaglie che ritengo assurde: la concorrenza preme, e quando vuole arriva comunque. Dalle storie trapelate da Modena, ed ora anche da Livorno, mi par di capire che la Coop non gradisca concorrenti sulla propria piazza. Al contrario, a Desio, retta da un amministrazione di Centrodestra, si è da poco insediata la Coop, nei pressi di dove da molti anni esisteva già la Esselunga. Diversità di stili tra opposte coalizioni di governo locale. Ma credo ci sia di mezzo anche la decisione del proprietario del terreno, che si sarebbe accontentato di 10 milioni di euro in meno (20 miliardi di vecchie lire), pur di non cedere l'area al "capitalista" Bernardo Caprotti.
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di Stefano Filippi

A Livorno il gruppo di Caprotti offre 40 milioni per un terreno dove edificare un centro commerciale, ma i proprietari ne incassano dieci in meno pur di cederlo al colosso vicino alla sinistra. Il patron dei supermercati lombardi non ci sta e si sfoga sui giornali.
"Per la seconda domenica consecutiva, il patron di Esselunga Bernardo Caprotti ha comprato pagine di pubblicità sui principali quotidiani per spiegare come funzionano le cose in materia di «concorrenza e libertà» nelle regioni rosse. La settimana scorsa, il caso Modena: prima le Coop pagano un terreno cinque volte il suo valore commerciale per ostacolare l’insediamento di un supermercato Esselunga, poi il comune completa l’opera decidendo di trasformare l’area da commerciale a residenziale. Così il supermercato non verrà mai costruito, né a marchio Coop ma soprattutto non a marchio Esselunga. E chi ci rimette di più? Per capirlo basta osservare lo specchietto pubblicato ieri mattina: a Modena le catene legate a Legacoop possiedono l’88,1 per cento della superficie di vendita, Caprotti appena il 3,4.

Ora si apre un capitolo inedito del fortunatissimo Falce e carrello: il caso Livorno. Che presenta varie analogie con Modena. Anche sulla costa toscana ci sono giunte rosse, le Coop monopoliste (il 72,2 per cento degli spazi commerciali della grande distribuzione è dei marchi Legacoop) e un terreno commerciale conteso. Il proprietario è il cavaliere del lavoro Marcello Fremura, 80 anni, armatore e spedizioniere marittimo. La superficie fa parte di un grande lotto in cui verranno realizzati 700 appartamenti, uffici, servizi e appunto un ipermercato (unico sito cittadino disponibile per una nuova apertura) con annesso centro commerciale e megastore non alimentare. Due anni fa Fremura trova l’accordo con il Comune per avviare i lavori. Partono i contatti per rivendere i 41mila metri quadrati dell’area commerciale. Lo scorso aprile sul tavolo di Fremura si trovano tre proposte. Le Coop propongono 30 milioni di euro, qualcosa in più la Airaudo costruzioni, mentre Caprotti ne mette sul piatto 40. Vincono le Coop.

Faccenda «inconsueta e singolare» osserva Esselunga senza eccepire la regolarità delle procedure. Perché rinunciare a un’offerta più alta di un terzo? Fremura, attraverso la nipote Antonella Boccardo (che guida la società Le Ninfee creata per gestire l’operazione), fa sapere che l’offerta di Caprotti è giunta in ritardo. Strano, replica Esselunga, visto che è stata presentata il giorno dopo un colloquio a Livorno tra i due imprenditori, e non è ipotizzabile che Fremura abbia ricevuto Caprotti avendo già chiuso l’affare. «Delle sue buone maniere non è dato dubitare», si legge in una nota di Esselunga. D’altra parte, il rogito con le Coop è stato firmato davanti al notaio Poma di Firenze il primo luglio scorso mentre la lettera di Esselunga è del 9 aprile. Il tempo per trovare l’accordo c’era tutto.

Ma Caprotti punta il dito sul clima nel quale è avvenuta la compravendita. Due anni fa Sergio Costalli, amministratore delegato di Unicoop Tirreno, aveva dichiarato: «Siamo determinati a non lasciare spazio a nessun concorrente in Toscana». Un anno dopo aveva ripetuto: «L’importante è che non si insedi la concorrenza». Lo scorso febbraio, nei giorni cruciali delle trattative con Fremura, il presidente della società Marco Lami aveva lanciato l’ennesimo avvertimento: «Livorno è nostra». Segnali, messaggi, avvertimenti. E infatti Antonella Boccardo ha spiegato così la scelta di incassare 30 milioni di euro targati Coop invece che i 40 di Caprotti: «C’è stata una riunione di famiglia ed è stata presa una decisione. Ma soprattutto abbiamo deciso che non saremmo più tornati indietro. Ed è quello che faremo: noi a Livorno ci viviamo e lavoriamo». Caprotti non ci vive e non riesce ancora a lavorarci, con buona pace di centinaia di livornesi che su Facebook hanno aderito al gruppo «Vogliamo l’Esselunga a Livorno» con tanto di indicazioni stradali per arrivare al supermercato di Pisa. E poi Caprotti non ci sta a passare per bersaglio di false accuse, come l’agnello nell’apologo di Fedro che viene citato nella pubblicità sui giornali.
In difesa di Esselunga è sceso il coordinatore del Pdl e ministro Sandro Bondi: «Qualcuno raccolga l’ennesimo appello-denuncia. In una parte d’Italia, che grossomodo coincide con le regioni rosse, l’intreccio tra potere politico ed economia raggiunge livelli impensabili. Se la magistratura se ne occupasse si rivelerebbe un sistema di illegalità impressionante».
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Sopra: vignetta di Giorgio Forattini del 2006
Post correlati: dal blog di Giova: Giorgio Gaber: "Qualcuno era comunista" "
Articolo correlato, tratto da un'altra campana: Livorno - Esselunga - Coop

venerdì, luglio 23, 2010

Allarmismi sulla nuova tangentopoli

Ci risiamo con la storia della corruzione stile primi anni '90, e a predicarlo questa volta è Massimo D'Alema, come risulta dall'articolo del Corriere, dal blog di Eleonora.
Ricordiamoci però che all'epoca di tangentopoli le procure indagarono sulle segreterie di tutti i partiti - DC, PSI, PRI, ecc - tranne che su quella del PCI, davanti alla quale si fermarono. E non è che nel PCI siano stati, o siano tutti santi o cittadini modello. In questi 18 anni, dal '92 ad oggi, ho avuto bisogno di far fare lavori da artigiani o da dopolavoristi, molti dei quali comunisti dichiarati, o che dissimulavano molto bene di essere comunisti, antiberlusconiani. Ebbene, nessuno di questi ha mai rilasciato spontaneamente fattura o ricevuta fiscale, se non dietro vigorosa richiesta. E quando veniva richiesta mi trovavo di fronte a richieste esose o maggiorazione di prezzi, oltre all'IVA dovuta. OK, la è corruzione, ma qua è evasione bella e buona, oltre che a presa per i fondelli per i clienti; e credo che il danno erariale sia ancora maggiore.

Sempre nell'articolo, D'Alema tira in ballo la P3. Ma cos'è? Qualcuno me la vuole spiegare, poichè dall'articolo di Alexander Stille, che doveva parlare di P3, non ci ho capito un acca?

giovedì, luglio 22, 2010

La macchina della verità

«Quando vossignoria desiderasse, ci abbiamo anche la tavola psicografica» aggiunse il dottore nell'accompagnarlo. (Demetrio Pianelli, di Emilio De Marchi )

Se il concorrente odierno di 1 contro 100 avesse letto Demetrio Pianelli, pensando al capitolo in cui si narra di Paolino delle Cascine, che va a consultare la medium per sapere se Beatrice Chiesa vedova Pianelli gli vuole bene, avrebbe avuto il lampo di genio per dare la risposta esatta che gli avrebbe fatto vincere i 200.000 euro in palio.

Il concorrente romano, Luca, era arrivato fino alla fine, avendo contro una sola concorrente, Francesca, ed un Jolly ancora da utilizzare. Alla domanda: con quale nome "popolare" è più conosciuto il ""poligrafo"? Francesca ha dato la risposta errata (fotocopiatrice), uscendo così dalla gara.
C'erano tre opzioni: Macchina della verità, radar, fotocopiatrice. La risposta "fotocopiatrice" è stata tolta di mezzo dal concorrente mediante utilizzo del jolly. Rimanevano le due possibilità: macchina della verità, o radar.

Se il concorrente avesse letto il Demetrio Pianelli, penso che avrebbe avuto l'ispirazione giusta per rispondere: macchina della verità. In tal caso avrebbe sbancato il banco portando a casa tutti i 200.000 euro del monte premi. E sarebbe stato così il 5° concorrente a portare a casa la massima vincita, in tutta la storia del gioco.

A quanto pare, leggere fa bene anche al portafoglio.

martedì, luglio 20, 2010

Precarietà sanitaria a Cuba

In Gennaio pubblicai due post su Come si vive a Cuba e Radio blog su Cuba nei quali parlai della situazione assai precaria in cui vivono i cittadini cubani, e i grossi disagi che devono affrontare i loro internauti. La lettera del signor Agostino Anselmi, fatta pubblicare da Loris Dante, sul bollettino n.4 di marzo 2010, I Luit, della sezione Lega Nord di Nova Milanese (cliccare qui per leggere), è chiarificatrice dello stato disastroso in cui versa la sanità cubana. Agostino Anselmi, recatosi precipitosamente a Cuba dall'Italia, fece appena in tempo a veder spirare il proprio figlio, Carlo, in un letto del fatiscente (stando a quanto scritto nella lettera) ospedale Nuevo di Santa Clara. Vi era stato ricoverato in seguito ad un malore avuto dopo aver bevuto una Coca-Cola.
E pensare che avevo nutrivo qualche speranza sulla sanità cubana. Tempo fa sentii che a Cuba avevano trovato o messo a punto un rimedio contro la sclerosi multipla; rimedio o cura della quale, peraltro, nel frattempo non ho più sentito parlare.

lunedì, luglio 19, 2010

Ferrario, la furbetta dello sciopero

A confermarmi che lo sciopero dei giornalisti del 9 luglio è stato un fiasco solenne, vi sarebbe anche la notizia apparsa su Il Giornale del 14 luglio, a pagina 10, a firma di Paolo Bracalini, dal titolo: Ferrario, la furbetta dello sciopero che incassa la giornata di paga.
Secondo Il Giornale, la furbata di Tiziana Ferrario, consigliere dell'Ordine dei Giornalisti, consisterebbe nel fatto che dopo aver spinto i colleghi a scioperare, si sarebbe segnata per il 9 luglio, giornata dello sciopero, una giornata di recupero-riposo, così da non perdere comunque una giornata di paga. I turni Rai per la settimana dal 9 luglio sono stati fissati il 2 luglio, che è stato il giorno successivo alla manifestazione di piazza Navona del I° luglio, durante la quale erano stati fissati i termini dello sciopero avvenuto il 9 luglio. Della manifestazione dell'1 luglio Tiziana Ferrario è stata tra le mattatrici, quindi sapeva già dello sciopero quando l'indomani, 2 luglio, si era segnata per una giornata di recupero-riposo di 24 ore per il 9 luglio. Data la sua posizione di consigliera dell'ordine, avrebbe dovuto quantomeno comportarsi coerentemente, e scioperare canonicamente come tutti, anzichè segnarsi per la giornata di recupero-riposo, col preciso scopo di non perdere una giornata di paga. I suoi colleghi, che non hanno attuato la stessa furbata, spinti anche da lei allo sciopero, si vedranno invece decurtata la paga della giornata di sciopero.
Per comprendere meglio la questione, ecco la conoscenza del meccanismo inerente quello sciopero dei giornalisti Rai: chi vuol scioperare si segna presente e poi comunica alla segreteria che per quel giorno fa lo sciopero. In tal modo gli viene decurtata una giornata di paga a fine mese. La bravata della Ferrario e di suoi compagni, che hanno attuato la medesima furbata, è stata che già non dovevano essere presenti al lavoro perchè di riposo, e poi avrebbero fatto finta di scioperare partecipando alla manifestazione. Però i tizi non perderanno la giornata di paga, come invece la perderà chi ha scioperato veramente, secondo le consuete modalità.
Insomma, una gran bella furbata: ditemi se quello della Ferrario è stato uno sciopero?

p.s. mi attendo da Sarcastycon la consueta vignetta per questo post.

domenica, luglio 18, 2010

Retaggi storici

Le pagine dalla 280 alla 283 del libro di Marta Boneschi: Milano, l'avventura di una città - avvincente libro, ben fatto e bene impostato - da cui, tra l'altro, ho trovato ispirazione per altri post pubblicati qui e altrove, tra i quali: L'Accademia dei Pugni, può chiarire in molti l'anacronistica storica divisione tra destra e sinistra, esistente ancor oggi in Italia, e basata unicamente su errori di valutazione di coloro che vedono nel governo Berlusconi una riedizione dei fasti del ventennio fascista. Secondo me, nulla di più sbagliato. Nella seconda parte verrà anche messo in evidenza il pregiudizio persistente che certi francesi, anche e soprattutto personaggi della cultura e dello spettacolo, hanno nei riguardi dell'Italia; il caso Battisti ne è la conferma più eclatante. Ma anche gli inglesi, come è trapelato da un servizio sul Tg5 di ieri, hanno dell'Italia tali e tanti stupidi pregiudizi da farmi dubitare seriamente sul grado di conoscenza dell'Italia da parte di loro giornalisti che vogliono parlare d'Italia. Come si vede, su certi temi tutto il mondo è paese, e di giornalisti ignoranti su certe materie ce n'è da tutte le parti; mi vien da chiedermi chi dà loro il diploma o patente da giornalista?

Come al solito, non potendo fare il copia-incolla del capitolo della Boneschi, perchè credo che ancora non esista su internet, lo trascrivo integralmente, confidando, come al solito, non mi si facciano querele per violazione della legge sul copyright.

Titolo del capitolo di Marta Boneschi "La quercia crudelmente sradicata"

"Il 12 agosto 1921 Turati era tornato a Napoli, dove lui e Anna si erano innamorati tanti anni prima. Era andato a "ripescare la nostra casa di trentasei anni fa" trovandola "precisa identica", e aveva scritto ad Anna di aver visto "la tua finestra quasi d'angolo al secondo piano, se non sbaglio, semiaperta, che pareva ti ci dovessi affacciare colla Ninetta nelle braccia". Dopo tanto tempo il portiere del palazzo ricordava ancora "la studentessa bionda e russa...una così buona signora". Dalla scrivania che guarda le guglie del Duomo, Anna aveva risposto: "Il tuo pellegrinaggio a Napoli mi ha fatto venir giù grossi lagrimoni di commozione". Ormai avanti negli anni, avviliti per la sistematica distruzione della libertà, i due si abbandonano al ricordo dei tempi felici. Sanno bene che il peggio può ancora venire. Nel 1925 la salute di Anna peggiora di continuo, non ci sono speranze. Muore il 29 dicembre, assistita dal suo Filippin.
Il 31 dicembre, giorno del funerale, una gran folla è radunata sotto i portici in attesa che la bara venga portata a spalle in piazza San Fedele, e da lì al cimitero Monumentale. Il corteo è così lungo che, mentre la testa si avvicina agli archi di porta Nuova, la coda aspetta ancora di muoversi. In via Manzoni molti si affacciano alle finestre e ai balconi, altri sostano a guardare dai marciapiedi. I fascisti non perdono l'occasione di levare grida e insulti qua e là, qualcuno lancia uno sputo alla bara, altri strappano le corone di fiori. Al cimitero, dove Enrico Gonzales, brillante penalista e fedelissimo di Turati, pronuncia il discorso di addio, un'altra gazzarra esplode quando un gruppo di fascisti tenta di rovesciare il feretro. Un poliziotto aggredisce Parri a manganellate, Bauer è gettato a terra e si ferisce il naso.
Ai primi di dicembre 1926 Turati lascia in modo rocambolesco la sua casa sorvegliata dalla polizia. Da tempo solo, malato di cuore, minacciato di aggressione, è soccorso proprio da quei giovani avversari del fascismo che, come lui, credono alla libertà e alle riforme e ripudiano la violenza. Guidano l'operazione Carlo Rosselli, la moglie Marion Cave e Ferruccio Parri, i quali ottengono che Paolo Pini, pioniere della psichiatria e medico curante di Turati, metta a disposizione la sua automobile e il fidato autista. Poichè è impensabile trascinare d'inverno l'anziano Turati su per le montagne verso la Svizzera, occorre trovare un'altra via. Un giorno, per caso, Bauer incontra in piazza Fontana il socialista savonese Sandro Pertini, il quale ha un braccio al collo, fratturato dalle botte fasciste, e sta cercando di espatriare. Spunta così il progetto di una fuga via mare dalla Liguria. Ai primi di dicembre Carlo e Marion conducono Turati nel solaio del suo palazzo, il cui portone su piazza del Duomo è piantonato giorno e notte. Dal solaio passano all'edificio adiacente, che ha un'uscita su via Foscolo. Qui l'autista di Pini, manovrando in retromarcia nell'androne, può prenderlo a bordo, fuori dalla vista delle guardie, e rapidamente sparire. Bauer tiene d'occhio i poliziotti durante l'operazione. Per un caso, mentre attende di veder comparire l'auto, gli viene incontro Umberto Ceva, un chimico, anche lui antifascista. Colgono l'occasione di mettersi a chiacchierare e distolgono l'attenzione dei poliziotti proprio nell'istante in cui Turati s'infila nell'auto, che se ne va imboccando via Berchet."

Fine prima parte

Retaggi storici - seconda parte

"Il fuggiasco è condotto dal medico Arturo Gilardoni in piazza Duse, dove però lo vede il portinaio. Non può restare a lungo, quindi è ospitato vicino a Varese, in casa di Ettore Albini, critico teatrale dell' "Avanti!". Anche qui viene notato, la polizia lo cerca. La fuga prosegue fino a casa Olivetti (*), a Ivrea. L'8 dicembre, su un'auto guidata da Adriano Olivetti, Turati raggiunge Savona, dove Parri e Rosselli hanno già acquistato il motoscafo Oriens. Trascorre la vigilia dell'imbarco con Sandro Pertini nell'abitazione di Italo Oxilia. Parri descrive il coraggioso vecchio come una "quercia crudelmente sradicata" che Rosselli accudisce "con le cure delicate e affettuose del figlio". Il 12 dicembre l'Oriens prende il mare battuto dal libeccio e la mattina seguente, dopo dodici ore di viaggio, approda a Calvi, in Corsica. Il gruppo sbarca sotto lo sguardo curioso di una piccola folla. Nel suo impeccabile francese, Turati dichiara la propria identità e chiede asilo politico. L'indomani lui e Pertini si imbarcano per Marsiglia, mentre Parri e Rosselli riprendono l'Oriens dirigendosi verso la costa toscana, dove sbarcano e sono arrestati.

Rosselli è tradotto nel carcere di Como. La madre Amelia Pincherle, con Marion, ottiene un permesso di visita. Racconta Amelia, l'amica d'infanzia di Margherita Sarfatti: " Si aspettava, già installate nel nostro compartimento, la partenza del treno alla destinazione di Milano, quando, affacciandomi al finestrino, vidi una piccola folla di gente davanti allo scompartimento attiguo, che faceva corona intorno a una figura femminile, con accenti e gesti di commiato ossequiosi. Era Margherita Sarfatti, allora nel pieno fulgore della sua carriera politica e...sentimentale. Non potei fare a meno di fare un rapido raffronto fra questi due destini - il mio e il suo -... Ella circondata e ossequiata da quella turba di gente che aspettava, o aveva ricevuto da lei quanto la sua altissima influenza poteva aver dato o avrebbe concesso; io, madre di un prigioniero politico, di un criminale, tenuto alla larga in quei giorni da tutti, che non fossero gli amici più intimi, per paura di essere compromessi, che avevo preso quel treno per andare a fare la prima visita a mio figlio in carcere: quel medesimo treno che pure ella prendeva, per avviarsi a qualche trionfale ricevimento in suo onore. Qualcuno accanto a lei le bisbigliò mi conosceva, forse di vista. Margherita Sarfatti volse rapidamente il capo e mi guardò. I nostri sguardi s'incrociarono. Non ci salutammo". "

Fine seconda parte

(*) Nota personale: l'episodio è anche ricordato da Natalia Ginzburg nel suo libro: Lessico famigliare - premio Strega 1963.

Retaggi storici - ultima parte

"Anche Parri è in prigione: "Fra gli imputati di favoreggiamento della fuga di Turati" ricorda Alberto Albertini "ci fu il nostro ex redattore Ferruccio Parri, combattente che aveva preso parte sulla fronte italiana a nove offensive, riportato tre ferite, ottenuto due promozioni straordinarie per merito di guerra, tre medaglie d'argento e altra proposta per una quarta, la croce al merito di guerra, le croci di cavaliere dell'Ordine Mauriziano e della Corona d'Italia, la croce di guerra fancese, e una citazione all'ordine del giorno del generale Nivelle". Il processo per la fuga di Turati si celebra a Savona nel settembre 1927 e si conclude con una condanna a dieci mesi per Rosselli e Parri, al quale viene cancellato il grado di maggiore che aveva ricoperto con tanto coraggio. Filippo Turati, che muore a Parigi il 29 marzo 1932, non rivedrà più la sua cara Milano. A quella data i suoi giovani seguaci sono passati più volte per la galera e il confino. Bauer torna libero nella sua città il 10 aprile 1928, due giorni prima dell'attentato alla fiera. Due anni dopo anche Parri ritorna da Ester e dal piccolo Giorgio, trovando un impiego al "Giornale degli economisti" per mille lire al mese. Carlo Rosselli, che con Emilio Lussu e Fausto Nitti era fuggito dal confino di Lipari nel luglio 1929, si rifugia in Francia dove dà vita a Giustizia e Libertà, una formazione politica che, consapevole degli errori della classe dirigente liberale e degli esponenti del socialismo rivoluzionario, chiama a raccolta contro la dittatura. GL raccoglie così l'eredità politica e morale di coloro che, come Turati e Bissolati, avevano alzato la voce della saggezza nel clamore del dopoguerra, avendo come quartier generale Milano, la città del riformismo di Turati, del liberismo di Albertini, del "Caffè" di Parri e Bauer. Sono influenti e coraggiosi, ma pochi. Con loro non basta la forza, occorre il tradimento."

giovedì, luglio 15, 2010

L'esito dello sciopero

Rientrato momentaneamente a Milano, apprendo dalle vignette di Sarcastycon l'esito dello sciopero giornalistico del 9 luglio. Sotto il profilo delle intenzioni degli scioperanti, mi par di capire sia stato un fiasco solenne. Ne dovrei così dedurre che per molti di loro è stata l'occasione per fare una giornata di riposo o una giornata di mare extra.
Come volevasi dimostrare. E con questo caldo, ci voleva proprio.

venerdì, luglio 02, 2010

Una breve pausa

Mi assento per qualche giorno ed ho posto i commenti in moderazione. Per vederli nel commentario dovrete gentilmente pazientare e attendere il mio rientro.
Mi commiato ripubblicando l'ultima vignetta di Sarcastycon, per gentile concessione.

Come vedete è tratta dal Corriere, a cui ha aggiunto la nuovoletta con la scritta "Magari fosse vero". Mi associo al senso della frase, e magari fosse vero che quando a coloro viene lo schiribizzo di scrivere baggianate, fesserie, stupidaggini, invenzioni varie, bufale, su giornali ritenuti notoriamente seri, si mettano veramente il bavaglio e se ne stiano un pò zitti.
Con tutti i problemi e le questioni di cui avrebbero di cui parlare, continuano a perdere tempo, energie e risorse sul tema della legge sulle intercettazioni telefoniche. Sembrano quasi una branca di lazzaroni, seduti su questa questione, che non hanno idee o voglia di dedicarsi a questioni vere. In fondo, gli studenti vedono sempre di buon segno occasioni propizie come uno sciopero, una manifestazine, una marcia di protesta, per fare delle vacanze extra.

giovedì, luglio 01, 2010

Lo sciopero dei contastorie


Vignetta creata gentilmente da Sarcastycon, per l'occasione.
Andare sopra la vignetta con la freccetta e cliccare per ingrandire. Noterete la finezza con cui Sarcastycon ha colto in pieno il messaggio racchiuso nel post: qualcuno dice "a oltranza?", un altro risponde "No! solo un giorno", e altri allora esclamano "Oh no! ci speravamo". Io, intanto, mi assenterò da tutta questa parvenza di civiltà e andrò in un posto dove appena appena mi giungerà l'eco dei contastorie.
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Ci risiamo!
E' in corso oggi una manifestazione di giornalisti per protestare contro la legge sulle intercettazioni telefoniche. Gli stessi proclamano uno sciopero per il 9 luglio.

La vicenda, per quel che mi riguarda, è già trita e ritrita, e non mi resta che dire: chi se ne frega se fanno sciopero! Ne ho già spiegato i motivi in tanti altri post e commenti. L'ho scritto anche ieri: le notizie che mi potevano finora interessare sono state taciute, manipolate, mediate, corrette, credo per favorire interessi di qualche parte. Personalmente sono stato danneggiato da manipolazioni su notizie inerenti Telecom, Finmeccanica, Aedes, Pirelli Real, Saras, Buzzi, Italcementi, e tante altre che non ricordo, o non voglio più ricordare. Per tutte queste società erano stati creati, secondo il mio parere - confermatomi anche da amici che ti tanto in tanto mi mandano notizie che altrimenti mi sfuggirebbero - artificiosi articoli di stampa, col preciso intento di accalappiare il maggior numero di "polli" che investissero in quelle azioni. Chiedete a chi le ha quanto stanno perdendo? Poichè di Telecom e Finmeccanica ho già scritto la storia degli "inghippi", vi faccio un altro solo esempio. Pirelli Real, nel maggio 2007, valeva intorno ai 60 euro per azione e continuava il tam-tam giornalistico per far sì che mantenesse quella quotazione; oggi mi sembra valga meno di 0,4 euro ad azione. Calcolate voi la perdita. Qualcuno potrà obiettare che, nei casi di Pirelli Real e Aedes c'è stata la crisi dei mercati immobiliari, ma basta questo per giustificare ribassi del genere? e addirittura di un possibile fallimento per Aedes, già paventato mesi fa? Per Saras, invece, si è formato addirittura un libero sindacato di Torino per raccogliere le adesioni con denuncie di quanti sono stati danneggiati dalla sottoscrizione di quelle azioni. Erano state emesse a 6 euro e ora, a distanza di tre anni, in borsa valgono meno di 1,7 euro; e il calo era già iniziato 15 giorni dopo il loro collocamento. Qualcuno ha tirato in ballo il ribasso del petrolio che nel frattempo c'è stato: tutte balle perchè, essendo Saras un raffinatore, l'andamento del prezzo del petrolio è per lei ininfluente.

Non faccio nomi dei giornali responsabili di quelle complicità (perchè di complicità di loro giornalisti si tratta. Complicità nell'aver "pompato" il valore dei titoli), ma, per quel che mi riguarda, gli stessi possono anche fallire.


 

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