Il mio incontro con Guareschi
Una mostra per ricordarlo: http://www.eventiesagre.it/Eventi_Mostre/21016303_Non+muoio+neanche+se+mi+ammazzano.html
Avvertenza: Trattasi di un racconto, e l'incontro tra me e lo scrittore è puramente immaginario. Qui è tutto immaginario tranne il fatto che questo scritto è stato liberamente tratto da un racconto di Giovannino Guareschi. Tra l'altro, esso avviene in un luogo che, al tempo di cui si narra il fatto, non era ancora stato reso di pubblica fruizione (infatti Villa Ghirlanda è diventata proprietà comunale dopo il 1970, e, a quell'epoca, Guareschi era già scomparso).
Questo racconto mi sarebbe servito, com'è vero che mi servirà, da introduzione per un post di attualità politica che ho già in mente, e che rimando per non ingolfare me stesso e il lettore.
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Questo racconto mi sarebbe servito, com'è vero che mi servirà, da introduzione per un post di attualità politica che ho già in mente, e che rimando per non ingolfare me stesso e il lettore.
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Era una mattina limpida, piena di sole, e lo scrittore-giornalista, arrivato all'incrocio Casignolo-De Vizzi, anzichè proseguire per Milano, decise improvvisamente di svoltare a destra, per quella strada che conosceva molto bene. Tutte le volte che si recava a Monza per servizio, faceva immancabilmente tappa a quel ristorante rinomato di inizio via. Era una strada, questa, che nel corso degli anni è diventata molto trafficata, ed ora è un bel viale alberato, ornato di giganteschi platani, che, purtroppo, si sono molto diradati in quantità, per dare spazio e accesso alle strade e i passaggi laterali, che nel frattempo sono stati edificati. Quel Ristorante esiste tuttora, e, al tempo del racconto, era stato inaugurato da pochi anni.
C'era ancora tempo per l'ora di pranzo, e quindi, anzichè fermarsi, pensò bene di proseguire dritto in direzione del Parco Cipelletti di Villa Ghirlanda. Ne volle approfittare per andarsi a documentare su quel parco, in vista degli articoli che avrebbe dovuto scrivere sui grandi parchi privati lombardi, che stavano per essere lentamente acquisiti dai comuni, onde metterli a disposizione della popolazione.
Non fu semplice, per lui, distrarsi in quel modo. Anche se andava là per documentarsi, la considerava comunque una divagazione ed un venir meno ai propri doveri professionali. Essendogli avanzato parecchio tempo, dopo quel servizio a Monza, avrebbe dovuto proseguire dritto per Milano, alla sua redazione, dove lo attendeva una mole di lavoro arretrato. Ma il sole chiaro di quella mattina, che aveva illuminato angolini nascosti del suo animo e del suo passato, gli fecero sentire l'acuta nostalgia del fogone (dalle parti di Parma, è il marinare la scuola).
Risentiva improvvisamente il gusto per i piaceri semplici, sani e onesti della sua prima giovinezza. La primavera aveva riscaldato le sue vecchie ossa ed era una primavera di tanti anni fa. Decise allora di considerare quella scappatella come un fogone, una bigiatura di scuola come quelle che faceva tanti anni prima.
Fermò l'auto al parcheggio, e, fatti pochi passi, si trovò di fronte a una enorme e antica cancellata in ferro battuto. Oltrepassò la piccola radura circolare di alberi pregiati, dietro la quale faceva bella mostra un'ampia scalinata di sapore antico e il grandioso portico d'ingresso alla villa, e, svoltato a sinistra, si inoltrò per andare verso l'accesso al parco.
Incamminatosi per quel vialetto, giunse alle spalle della villa, di bellezza superiore alla facciata, dove, un grande tappeto erboso, disseminato di piccole siepi cespugliose, ben disposte e ben curate, gli si parava di fronte. Era un giorno lavorativo di maggio inoltrato, un giorno di scuola, e non si vedeva quasi anima viva. Girò per quasi tutto il parco, senza aver visto un solo ragazzo.
Ai suoi tempi, quando andava al liceo, in una giornata simile avrebbe incontrato parecchi ragazzi bigioni, nel parco ducale della sua Parma. Con un sole come quello, trovò quindi strano che nessuno bigiasse la scuola. A meno che, gli venne in sospetto, costoro non avessero cambiato abitudine e, anzichè imboscarsi nel parco, si andavano a rifugiare da altre parti.
Girovagò per un pò, fino a quando, in fondo al tappeto erboso, nei pressi del bosco, sotto un magnifico tiglio ombroso e profumato, vide un ragazzo seduto e con la schiena appoggiata all'albero. Se ne stava come in meditazione, inclinato di lato e con il gomito destro appoggiato sopra un pacco di libri legati con una cinghia. Si fermò a guardarlo ed egli levò gli occhi sospettosi.
- Hai bigiato eh? - gli disse.
- Il ragazzo sorrise. Aveva una faccia simpatica e due occhi intelligenti.
- Perchè hai bigiato?
- Sono in pausa di studio: mi piace pensare delle cose. E poi, comunque, non ho bigiato, sono in aspettativa di lavoro. Sono uno studente lavoratore. Di giorno lavoro e la sera vado a scuola. Ho chiesto l'aspettativa dal lavoro, e oggi sono qui, approfittando di questa bella giornata di sole, per prepararmi agli esami di fine anno.
- Non le puoi pensare questa sera a scuola, quelle cose?
- No, le cose che dico io non si possono pensare a scuola.
Lo guardò commosso:
- Bravo - gli disse - Ricordati che le uniche cose che ti aiuteranno veramente nella vita saranno quelle che avrai pensato qui, sotto questo cielo favoloso. Perchè se sai osservare, qui tu puoi capire le cose essenziali della vita. Questo sole, fra anni ed anni, ti riscalderà e ti illuminerà nelle ore più buie.
C'era ancora tempo per l'ora di pranzo, e quindi, anzichè fermarsi, pensò bene di proseguire dritto in direzione del Parco Cipelletti di Villa Ghirlanda. Ne volle approfittare per andarsi a documentare su quel parco, in vista degli articoli che avrebbe dovuto scrivere sui grandi parchi privati lombardi, che stavano per essere lentamente acquisiti dai comuni, onde metterli a disposizione della popolazione.
Non fu semplice, per lui, distrarsi in quel modo. Anche se andava là per documentarsi, la considerava comunque una divagazione ed un venir meno ai propri doveri professionali. Essendogli avanzato parecchio tempo, dopo quel servizio a Monza, avrebbe dovuto proseguire dritto per Milano, alla sua redazione, dove lo attendeva una mole di lavoro arretrato. Ma il sole chiaro di quella mattina, che aveva illuminato angolini nascosti del suo animo e del suo passato, gli fecero sentire l'acuta nostalgia del fogone (dalle parti di Parma, è il marinare la scuola).
Risentiva improvvisamente il gusto per i piaceri semplici, sani e onesti della sua prima giovinezza. La primavera aveva riscaldato le sue vecchie ossa ed era una primavera di tanti anni fa. Decise allora di considerare quella scappatella come un fogone, una bigiatura di scuola come quelle che faceva tanti anni prima.
Fermò l'auto al parcheggio, e, fatti pochi passi, si trovò di fronte a una enorme e antica cancellata in ferro battuto. Oltrepassò la piccola radura circolare di alberi pregiati, dietro la quale faceva bella mostra un'ampia scalinata di sapore antico e il grandioso portico d'ingresso alla villa, e, svoltato a sinistra, si inoltrò per andare verso l'accesso al parco.
Incamminatosi per quel vialetto, giunse alle spalle della villa, di bellezza superiore alla facciata, dove, un grande tappeto erboso, disseminato di piccole siepi cespugliose, ben disposte e ben curate, gli si parava di fronte. Era un giorno lavorativo di maggio inoltrato, un giorno di scuola, e non si vedeva quasi anima viva. Girò per quasi tutto il parco, senza aver visto un solo ragazzo.
Ai suoi tempi, quando andava al liceo, in una giornata simile avrebbe incontrato parecchi ragazzi bigioni, nel parco ducale della sua Parma. Con un sole come quello, trovò quindi strano che nessuno bigiasse la scuola. A meno che, gli venne in sospetto, costoro non avessero cambiato abitudine e, anzichè imboscarsi nel parco, si andavano a rifugiare da altre parti.
Girovagò per un pò, fino a quando, in fondo al tappeto erboso, nei pressi del bosco, sotto un magnifico tiglio ombroso e profumato, vide un ragazzo seduto e con la schiena appoggiata all'albero. Se ne stava come in meditazione, inclinato di lato e con il gomito destro appoggiato sopra un pacco di libri legati con una cinghia. Si fermò a guardarlo ed egli levò gli occhi sospettosi.
- Hai bigiato eh? - gli disse.
- Il ragazzo sorrise. Aveva una faccia simpatica e due occhi intelligenti.
- Perchè hai bigiato?
- Sono in pausa di studio: mi piace pensare delle cose. E poi, comunque, non ho bigiato, sono in aspettativa di lavoro. Sono uno studente lavoratore. Di giorno lavoro e la sera vado a scuola. Ho chiesto l'aspettativa dal lavoro, e oggi sono qui, approfittando di questa bella giornata di sole, per prepararmi agli esami di fine anno.
- Non le puoi pensare questa sera a scuola, quelle cose?
- No, le cose che dico io non si possono pensare a scuola.
Lo guardò commosso:
- Bravo - gli disse - Ricordati che le uniche cose che ti aiuteranno veramente nella vita saranno quelle che avrai pensato qui, sotto questo cielo favoloso. Perchè se sai osservare, qui tu puoi capire le cose essenziali della vita. Questo sole, fra anni ed anni, ti riscalderà e ti illuminerà nelle ore più buie.
7 Comments:
Ma Guareschi l'hai conosciuto proprio in questo modo o è tutto immaginato e immaginario? E lo studente saresti tu?
By Nessie, at 11 dicembre 2008 alle ore 19:39
Nessie,
è tutto immaginario, ma quell'ambiente è stato il mio, e in quel ragazzo del racconto originale ho intravisto me stesso. Il mio racconto è scritto seguendo la trama Guareschi, della quale ho preso solo la parte essenziale, che narra di un incontro casuale, fatto nel parco Ducale di Parma, con un ragazzo che ha bigiato la scuola.
Che mi ha colpito profondamente è stata la parte che ho trascritto integralmente come conclusione del mio racconto, ma che, nell'originale, è seguito da uno dei finali tipici nel Guareschi.
Nel vedermi raffigurato, ti confesso che ho provato, e provo, profonda commozione.
(l'ho anche trascritta nell'About)
Ciao.
By marshall, at 11 dicembre 2008 alle ore 21:14
Ma io non ho capito, ti sei solo ispirato o hai copiato bellamente? Perchè se ti sei solo vagamente ispirato dovresti fare lo scrittore, altro che blog!
By Lunatika, at 11 dicembre 2008 alle ore 22:29
Bravo Marshall!!il post mi è piaciuto moltissimo.
Anche senza leggere il commento di risposta a Nessie,si capisce il significato autobiografico di quel ragazzo.
Beata gioventù! e poi dicevi a me....
ciao
Sarc.
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ot
ci sto pensando a quei posts,di cui parlavamo,abbi fede....
By Anonimo, at 12 dicembre 2008 alle ore 07:36
Lunatika,
bentornata! Ogni tanto, ti fai viva!
Non è copiato di sana pianta, mi sono solo ispirato "bellamente". E, poichè l'ispirazione mi è venuta dal dialogo col ragazzo del parco, quella parte di racconto, con l'ovvia aggiunta da parte mia del riferimento alla mia condizione di studente-lavoratore, è tutta copiata.
Il resto è tutta libera interpretazione/riduzione.
Quel viaggio avvenne realmente. Ma, anzichè venire da Monza, è assai probabile venisse dalla bergamasca, poichè dice che, giunto sulla via Emilia (non lo specifica, ma credo sia così), svoltò a sinistra per andare verso Parma (la città della sua gioventù), anzichè svoltare a destra e andare verso Milano dove l'avrebbe atteso il lavoro/dovere.
La città immaginaria del mio inventato incontro (che allora era un paesotto), qualora non ti fossi documentata, è quella che si trova in mezzo tra Sesto San Giovanni e Nova Milanese. E quel ristorante ha il nome di un'abitazione tipica di montagna.
Buon fine settimana.
By marshall, at 12 dicembre 2008 alle ore 09:07
Sarc.,
se andiamo alle fonti dell'ispirazione, anche qui c'è il tuo "zampino".
Ho visto che la tua homepage (spero d'averlo scritto bene) è tutta costellata di frasi celebri, ma ce n'è una che dev'essere completamente tua. Se vai a leggerala e la accosti a quella di Guareschi, vi troverai una certa tal quale similitudine.
Ciao.
p.s. non avevo dubbi sulla tua capacità d'intuito :-)
By marshall, at 12 dicembre 2008 alle ore 09:17
L'avevo capito! è la Baita di Cinisello!
By Lunatika, at 12 dicembre 2008 alle ore 15:09
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