marshall

domenica, dicembre 30, 2007

Le tipografie - intermezzo - 8

AUGURI DI BUON ANNO A TUTTI

Prima di continuare col racconto, faccio una divagazione per meditare sul come si sarebbe svolta la vita degli italiani, e la mia in particolare, se alle elezioni politiche del '48 avesse vinto il Fronte Popolare anzichè la Democrazia Cristiana. Da quell'anno, la massa ha sperimentato quanto sia stata dura: ognuno nel proprio ambito ha fatto notevoli sacrifici. I miei sacrifici sono facilmente desumibili anche da questa serie di racconti sulle tipografie di Pavia. Però c'è stato garantito quel grado di libertà che ha consentito a ciascuno di provare, rischiare, sperimentare. Sarebbe stato lo stesso se avesse vinto il Fronte Democratico Popolare d'ispirazione comunista? Questa è la domanda che mi sono spesso posto, e che ciascuno dovrebbe porsi quando si troverà di fronte alla scelta di aderire, tra gli altri partiti, o al Partito Democratico, che presumibilmente sarà il maggior partito di sinistra, oppure al nuovo Partito Delle Libertà, che, a sua volta, dovrebbe diventare il maggior partito politico di destra.

Sappiamo tutti cosa è avvenuto, o non è avvenuto, negli anni successivi al dopoguerra, nei paesi rimasti al di là della cortina di ferro e assoggettati al Partito Comunista.

In molti comuni, in primavera si voterà per il rinnovo dei consigli comunali. Comunque vada la politica romana, esso sarà un test molto importante. Mi è stato chiesto, in questi giorni, di aderire ad una lista elettorale del mio comune. Anche se non vi dovessi aderire, per una questione legata al mio "acciacco", per quanto detto la mia scelta è già stata fatta.

sabato, dicembre 29, 2007

Oltre le tipografie di Pavia - 7

Aspra battaglia ho combattuto
in nome della legge
di domanda e offerta.

Erano anni duri, gli anni '70, forse più degli attuali: la concorrenza era agguerrita. Il periodo di boom economico post ricostruzione era giunto al termine. In campo cartario, alla fine degli anni '60, erano attive in Italia circa quattrocento cartiere: cartiere di ogni genere e dimensione, produttrici di ogni qualsiasi tipologia di carta. Quelle che interessano a noi, per questa storia, saranno state una dozzina, e tutte a livello industriale. Erano le cartiere produttrici di carte naturali da stampa, la "materia" prima, assieme agli inchiostri, indispensabile alle tipografie per assolvere alla loro funzione.
Erano anni difficili anche nel campo degli investimenti. Bisognava innovare, rinnovare gli impianti. Il non sciegliere o fare una scelta sbagliata, o fuori tempo, avrebbe significato la fine di quella azienda, di qualsiasi genere essa fosse. Per scelte sbagliate, un pò avventate o fuori tempo, aziende cartarie, che erano il fior fiore all'occhiello come Vita Mayer e Sterzi, subirono il tracollo finanziario. Ma anche chi scelse di "stare alla finestra", come Donzelli, la "vecchia" Cartiere Italiane Riunite (poi rilevata da Burgo), e Binda vennero depennate dalla Borsa Valori di Milano.

Va da sè che per combattare la battaglia della sopravvivenza, le cartiere italiane si erano date ad ingaggiare una feroce battaglia sui prezzi, tra di loro. Ciò non fece altro che aggravare la loro già precaria situazione e contribuì alla scomparsa di almeno la metà delle circa dodici cartiere di rilevante importanza nazionale, coinvolte in questa serie di post sulle tipografie. E' in questo clima di "battaglia all'ultimo coltello" che io mi ero accinto a fare il venditore principiante a ventun'anni, per una di esse.

Le battaglie più feroci si combattevano a Milano; Pavia ne era un pò al margine. E per questo, nei primi tempi della mia attività essa era diventata la mia "oasi di tranquillità". Anche a Pavia dovevo combattere le mie belle "battaglie", ma esse erano un'inezia rispetto a quelle di Milano, dove tutte le cartiere e i grossisti d'Italia erano presenti in massa per vendere. Quel giorno o due la settimana, fuori da Milano, a contatto con la splendida natura del pavese, e la sua gente diversa, mi consentivano di recuperare in pieno le forze e il morale perduti.

venerdì, dicembre 28, 2007

Le tipografie di Pavia e oltre - 6


Se usassimo di più i treni,
l'Italia sarebbe meno indebitata.


Viaggiando in treno, finchè si trattava di andare a visitare i clienti di Pavia, Voghera, Vigevano o Mortara: tutto bene. Qualche problema sorgeva quando dovevo visitare i clienti dei paesi a loro vicini. Ma fortunatamente, le località più importanti del pavese sono quasi tutte servite dalle ferrovie; e questo è un altro dei plusvalori di questa provincia. A favorire gli spostamenti in treno c'erano anche, e penso ci siano tuttora, ottime e accoglienti stazioni. I treni erano puntuali (salvo i periodi di sciopero ferroviario, che erano molto più frequenti di ora), gli orari per le coincidenze erano e sono tuttora ben calibrati. Prima di scrivere, ho dato una scorsa agli orari delle varie linee e ho constatato che sono gli stessi identici di trent'anni fa. Penso, tra l'altro, che l'aver fornito un servizio di tale livello, inalterato in tutto questo lasso di tempo, per l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato abbia comportato, e comporti, un notevole impegno finanziario. E quindi, da questo punto di vista, mi sento di spezzare una lancia a favore delle nostre Ferrovie, e non solo critiche che anch'io spesso le mando, a causa di ciò che noi vediamo come sprechi che mandano continuamente in rosso i loro bilanci, costringendo lo Stato, e quindi la collettività, a ripianarne i debiti. Ma forse, a questo punto, toccherebbe agli italiani farsi più furbi e cominciare ad usare un pò di più i treni a scapito delle auto.

Dovendo quindi far affidamento sulle ferrovie, avevo diviso la zona della provincia di Pavia nelle tre ampie direttrici servite dai treni. Esse erano la Pavia-Mede, la Pavia-Voghera e la Vigevano-Mortara. Per mia fortuna, le tipografie più importanti erano tutte dislocate nei pressi delle stazioni ferroviarie dei rispettivi paesi. E poichè a quel tempo ero di gambe buone, le potevo raggiungere anche a piedi. Posso quindi ben dire che le Ferrovie agevolarono parecchio il mio lavoro. Avevo dodici clienti a Pavia (otto tipografie), quattro a Voghera (tre tipografie), uno ciascuno a San Martino Siccomario, Bressana Bottarone, Casteggio, Broni e Stradella. A Mede, tre clienti (due tipografie). A Vigevano, quattro clienti tipografi ed un importante scatolificio industriale, fornitore di scatole per i numerosi calzaturifici vigevanesi. Tre clienti a Mortara, uno a Garlasco, uno a Cilavegna, uno a Robbio. Clienti minori erano anche a Pieve del Cairo, Lomello e in altre località, ma, tranne che non venissero loro da noi, lasciavamo che si servissero dai grossisti.

Un'altra tratta, la più accattivante, e dal sapore romantico, era indubbiamente la Voghera - Stradella, della linea Alessandria-Voghera-Piacenza. L'aveva caparbiamente voluta Agostino Depretis, il primo primo ministro di centrosinistra del Regno d'Italia vissuto a Stradella e nativo di Mezzana. Osteggiato dalla destra e dall'estrema sinistra (come si vede, gli eventi si ripetono immutabilmente!), per aver "inventato" il trasformismo politico (e per questo criticato anche da noi blogger del Castello, nell'accostamento di Marco Follini), una cosa sicuramente buona però l'aveva fatta: questa tratta ferroviaria. Percorrerla i quegli anni '70, soprattutto nei periodi di primavera avanzata e di inizio autunno, mi dava la piacevole sensazione di viaggiare su un treno di una linea del West.
(segue)
La foto di Pavia vista dall'alto è tratta dal blog di http://www.untourperpavia.blogspot.com/ che ringrazio per la gentile concessione. Sullo sfondo è leggermente visibile anche il ponte ferroviario.

mercoledì, dicembre 26, 2007

Le tipografie di Pavia, e altro - 5


Usciti dalla stazione, si passa di fianco alla statua della Minerva per accedere a Corso Cavour. Da lì, dopo poche centinaia di metri arriverete in Piazza Della Vittoria, il cuore pulsante, il centro nevralgico della città. In quella piazza scoprirete quanto sia bello vivere a Pavia. Poche centinaia di metri a destra vi troverete di fronte al Ponte Coperto: una meraviglia; se volete, potete fare una gradevole passeggiata sul Lungo Ticino. Se invece svoltate a sinistra, nel breve tragitto di poche centinaia di metri passerete davanti alla Antica e celebre Università. Quasi dirimpetto, resterete meravigliati alla vista delle Tre Torri medievali, poste nel contesto di una bella piazza ben curata. Più avanti, proseguendo verso il Castello Visconteo, passerete di fianco al Teatro Fraschini: teatro lirico, reintitolato ad uno dei più grandi tenori pavesi Gaetano Fraschini (Pavia può ora onorarsi di avere uno dei più bravi baritoni viventi, Ambrogio Maestri, insuperabile Falstaff).

All'inizio del Corso, sul lato sinistro, c'era una rinomata cartoleria. La Cartoleria Ottolina, un negozio le cui origini risalivano all'800. Era specializzata in articoli da regalo di pregevole fattura e qualità. Chi percorreva corso Cavour, non poteva ignorarla. Non era ancora esplosa l'epoca dei consumi di massa, per cui certi articoli e le novità si potevano trovare solo in negozi come questo. In quel negozio acquistai alcune penne che ora fanno parte della mia collezione: Pelikan, Ballograf, Paper Mate gold, Parker, Cross. La Ballograf, pur essendo una biro economica, aveva sfondato per due novità: aveva l'impugnatura in legno, ed era molto bombata, ciò che agevolava la scrittura a chi avesse difficoltà a tenere una penna tra le dita. Quel modello d'impugnatura ora si è molto diffuso, tanto da poter sostenere che Ballograf ha fatto scuola in questo campo. La Cartoleria era anche specializzata nella fornitura di buste, buste a sacco, carta da lettera extra strong, carta velina per copie, fogli protocollo uso bollo, blocchi notes, blocchi office agli studi notarili, agli avvocati, ai commercialisti ed agli uffici in genere che si affacciavano lungo tutta la lunghezza del Corso. Cartolerie di analoghe caratteristiche le avevo viste a Milano, in Galleria Vittorio Emanuele II (titolari erano le Sorelle Maglia), e a Monza, in via Vittorio Emanuele II (titolari, gli eredi del Cav.Loma). Tutte, erano state mie clienti e fornivo loro gli articoli testè descritti. I coniugi Ottolina erano estremamente gentili e affabili: con i clienti e i fornitori ci sapevano veramente fare. Passai in corso Cavour circa dieci anni fa, ma il negozio non c'era più; nei suoi locali era stata introdotta un'attività di altro genere che non ricordo. Proseguendo lungo corso Cavour, esso si insinua in piazza Vittoria, dalla quale fuoriesce proseguendo per breve tratto fino ad incrociare il corso di Porta Nuova. Piazza Vittoria è la più bella piazza di tutto il pavese, forse a parimerito, a seconda dei gusti personali, soltanto con la Piazza Ducale di Vigevano.
Piazza Vittoria è una piazza magica nella quale, come per incanto, si viene automaticamente traslati indietro nel tempo, di due o trecento anni. E' a pianta rettangolare con larghezza tripla , o quasi, della sua lunghezza. Il pavimento è in acciottolato del Ticino. Alla destra, entrando sulla piazza, c'è il Duomo e il bel Palazzo Vescovile, il Broletto col suo bello scalone che sà di antichità. A dominare la bella piazza, in bella vista e quasi a ridosso dei portici, si erge la possente Statua equestre del Regisole. Sulla sinistra, negozi, edifici pubblici, banche, uffici. E' in questo lato, sotto i portici, che domina la Pellicceria Annabella, dei Fratelli Ravizza. Nel decennio di cui sto parlando, essa era solita regalare il costo di un taxi a chi, proveniendo in treno dall'estero, o da regioni lontane, faceva scalo alla stazione Centrale di Milano, e poi intendeva proseguire per Pavia a bordo di un'auto. Sotto la piazza vi è un mercato coperto al quale si accede attraverso rampe di scala che si incontrano lungo la piazza. Alla sua sinistra, in una pizzeria dal nome e dalla conduzione tipicamente napoletani, consumavo spesso il pasto di mezzogiorno, assaporando la migliore pizza del pavese; non a caso mi ci recavo spesso con amici, nei fuori lavoro.

Dopo quanto scritto in questi cinque post, ciascuno può immaginare il perchè di un giovane che, essendo timido e di poche parole, all'età di 21 anni, anzichè insistere nella ricerca di un lavoro per il quale aveva studiato, spendendo i sei anni migliori della propria esistenza, opta per un'attività totalmente diversa per affrontare il proprio percorso di vita lavorativa: l'agente di commercio. La quale richiede doti e caratteristiche che, oltre alla conoscenza perfetta degli articoli e dell'azienda per la quale egli si andava a proporre, e alle quali si era preparato con sei anni di gavetta, altro non aveva.
La foto della Piazza Vittoria è di Elena B. E la visita del suo blog è consigliabile a quanti vogliano approfondire la conoscenza di questa città ammaliatrice. Anche Dante era stato "stregato" da una sua Chiesa. http://untourperpavia.blogspot.com/
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domenica, dicembre 23, 2007

Le tipografie di Pavia - 4

Certosa di Pavia - facciata

A tutti, i migliori auguri di Buon Natale.

Ci sono, nella vita di ogni uomo, grandi desideri che si spera di tradurre in realtà. Io, tra gli altri, ho avuto quelli di andare a vivere a Pavia, meglio ancora, nell'Oltrepò Pavese, e precisamente a Varzi, dove avevo già adocchiato una casetta; oppure nel Piacentino, dove avevo già adocchiato una casetta sulla montagna a ridosso di Farini; e che, se non fosse stato per il tornante che lo separa da Bettola, sarei riuscito a convincere mia moglie. Oppure ancora, a Ferrara, Ferrara città, questa volta, anche se non ci sono mai stato. Ma i perchè del mio innamoramento per questa città li ho già scritti in un post pubblicato sul blog di ferrara.splinder. Post che verrà ripubblicato sul mio blog, dopo il dovuto aggiornamento.
Di una cosa sono certo, anche se non ne sono estremamente convinto, a causa di mancanza di prove scientifiche: la patologia di cui soffro non si sarebbe scatenata, almeno nella forma virulenta attuale, se avessi esaudito uno di quei tre desideri. L'ultimo dei tre è stato quello di Varzi. Mi recai a visitare una casa a Bagnarìa, a 5 km prima di Varzi, dopo essermi recato in visita al paese nativo di Pellizza da Volpedo, gradevolissimo comune dell'alessandrino confinante con l'estremo sud della provincia di Pavia. Lì, come in tutto l'Oltrepo, come nel piacentino, e un pò meno nei due capoluoghi di provincia, la vita ha uno scorrere tutto diverso da quello che avviene a Milano e provincia. Se avete modo di visitare i paesi che qui ho citato, lo appurerete voi stessi.

La foga di Milano, rispetto alla calma, a volte solo apparente, di Pavia e della sua provincia, come pure del piacentino, la si riscontra anche nell'ambito grafico tipografico. Le aziende milanesi si appropriano per prime di tutte le innovazioni mondiali nel campo della stampa. Esse, quindi, fanno da cavia in tutte le sperimentazioni. E non è un caso se tra le aziende grafiche milanesi vi è la più alta percentuale d'Italia di turn-over, tra aziende che nascono e aziende che muoiono a causa di fallimenti o abbandoni. Pavia, invece, non ha mai avuto di queste mire espansionistiche innovative. Avevo otto clienti quando presi in mano la zona, e tali erano rimasti quando la lasciai, dieci anni dopo. Però Pavia è stata, nella storia della cartiera da me rappresentata, la migliore piazza lombarda a livello di solvibilità. Nei miei dieci anni non ho mai avuto un insoluto o una qualunque difficoltà d'incasso. E penso, e spero che sia ancora così. Onore al merito, quindi, per questa città che è tra le mie predilette d'Italia.

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Le tipografie di Pavia - 3

Castello Visconteo

Se a Milano c'erano le Arti Grafiche (sto parlando degli anni '70) a Pavia c'erano le Tipografie. E a ben ragione, dato che ciascuna godeva del proprio primato. Milano era, e credo lo sia tuttora, la capitale mondiale della stampa. Milano era conosciuta e rinomata in tutto il mondo per le sue stampe di qualità. Pavia era conosciuta e rinomata, nel mondo degli stampatori di tutt'Italia, e nei luoghi di stampe di qualità a livello internazionale, per la FTP Fonderia Tipografica Pavese che produceva, e ancora produce, oltre agli innumerevoli macchinari che facilitano il lavoro a coloro che si occupano di stampa e cartotecnica, i migliori caratteri mobili tipografici d'Italia. Questa era un'opinione diffusa tra gli stampatori dell'epoca. E infatti, mio suocero, che aveva avuto una tipografia nel Ragusano, era stato un estimatore di detti caratteri, oltre che a quelli della Nebiolo di Torino. Va da sè, quindi, che a Pavia dovesse esistere un connubio perfetto tra produzione di macchinari e caratteri da stampa e utilizzatori degli stessi: quindi tipografie. E poichè la FTP ha origini molto antiche, allo stesso modo credo che Pavia sia stata una fucina di idee nel campo della stampa tipografica, e non solo. Non a caso, credo che la celeberrima PEDALINA - famosa per tutti gli stampatori fino a quell'epoca - venisse prodotta proprio da queste parti. E l'idea sulla "fucina d'idee"mi venne avvalorata dopo frequenti visite di lavoro presso le tipografie del Cav.Luigi Ponzio, e delle antiche tipografie Fusi di Ripa e Tipografia Popolare. Il Cav. Luigi Ponzio era stato anche Presidente e Vice Presidente dell'Associazione che riuniva gli stampatori di Milano e Pavia, la cui sede era a Milano in corso di Porta Vigentina.

nota: chiedo venia per eventuali errori ed omissioni
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sabato, dicembre 22, 2007

Le tipografie di Pavia - 2

Pavia: Il Duomo

Tranne quella di via San Paolo, tutte le altre tipografie erano facilmente raggiungibili anche a piedi. E fu così per quasi un anno. Uscito dalla stazione, il primo cliente da visitare era in corso Manzoni, poi, imboccato il corso Cavour - l'arteria principale del centro storico che va ad incrociare con corso di Strada Nuova, l'arteria di vitale importanza per il centro storico - svoltavo a destra per raggiungere la tipografia di via Rezia. Da qui prendevo per piazza Vittoria, diretto verso corso Mazzini, il proseguimento di corso Cavour al di la di Strada Nuova. In questo quadrante c'erano tre grosse tipografie nel raggio di 150 metri. Erano in via Morazzone, in via Spallanzani e in via Defendente Sacchi. Più fuori mano, molto più in la di piazza Castello vi era la tipografia di via Vigentina, la cui visita ero spesso costretto a saltare per mancanza di tempo. Per andare in via San Paolo, dovevo prendere la corriera, la stessa che poi m'avrebbe riportato alla stazione. Ma, prima di prendere il treno, mi recavo in via Folla di Sotto, dove c'era la più grossa industria grafica di Pavia e del pavese. Quest'ultime, me le giostravo, saltandone a turno una o due delle tre.
La metà dei miei clienti era in Milano. L'altra metà era sparsa nella provincia di Pavia e nel lodigiano. Fare i giri fuori Milano, in particolare a Pavia o Lodi, per me era diventato un viaggio di piacere; complici anche l'ambiente, i paesaggi e la gente diversi da Milano. Con cinque degli otto clienti di Pavia, ma di tre di loro in particolare, avevo instaurato un legame di amicizia. Raramente costoro mi mandavano a casa con le mani vuote.
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Le tipografie di Pavia


Pavia: Ponte Coperto

Giunsi a Pavia, per la prima volta, dopo circa mezz'ora di treno, con partenza dalla Stazione Centrale di Milano, una mattina nebbiosa d'autunno del 1970. Nei giorni precedenti, avevo studiato meticolosamente, avvalendomi anche della preziosa Guida Michelin, il tragitto per arrivarci; notizie storiografiche della città, concentrate particolarmente sul Castello Visconteo, sul Duomo, sull'Università (se vi capita di andare a Pavia, non dovrete mancarvi una visita; il lunedì dell'Angelo è/era aperta al pubblico). A parte, studiai anche La Certosa di Pavia e notizie sull'Alzaia Naviglio Pavese, voluta e fatta costruire da Napoleone Bonaparte, e che ebbe, se pur in modo minore rispetto all'importanza del Naviglio Grande, la sua parte di rilievo nello sviluppo della città di Milano, quanto a via di comunicazione e arteria per i trasporti prima dell'avvento delle ferrovie, e successivamente dei camion. Concentrai l'attenzione sui principali edifici pubblici, sui caratteristici dedali di viuzze medievalrinascimentali formanti quadrati perfetti a delimitare gli isolati; le principali arterie cittadine, con l'ampia Strada Nuova che divide in due parti pressochè equivalenti la città "vecchia", da est a ovest, e che, partendo dal Castello, confluisce nel Ponte Coperto, un ponte di origini romane, distrutto durante la seconda guerra mondiale e ricostruito, che attraversa il fiume Ticino.

Giunsi in treno perchè non avevo ancora la patente di guida. E fino all'autunno successivo andai avanti coi treni, la metropolitana milanese, gli autobus e i tram; e anche con un'auto di fortuna, prestatami saltuariamente dalla mia ditta, dopo che ebbi conseguito la patente.

Ero giunto a Pavia per il mio lavoro di agente di commercio (a quell'epoca ci chiamavamo produttori perchè eravamo dipendenti stipendiati, con una piccola provvigione e il rimborso spese a piè di lista). Vendevo carta da stampa, prodotti cartotecnici, allestiti e quantaltro. I miei clienti principali erano le tipografie.

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mercoledì, dicembre 19, 2007

Tonino l'Indomito


Nel programma In 1/2 Ora di domenica scorsa, c'erano due personaggi sotto torchio, erano Antonio Di Pietro e il Ragioniere dello Stato. Si ragionava di conti pubblici. Ho visto solo i dieci minuti conclusivi, ma tanto mi è bastato per assistere alle gag del Ministro. In un tratto del programma, sono stato col fiato sospeso quando annunciò la diffusione della sua formula per l'azzeramento del debito pubblico. Dopo attimi di attesa, l'annuncio: per abbattere il debito pubblico bisogna abbattere evasione e sprechi. Bella scoperta! Noi bloggers questa scoperta l'abbiamo fatta e diffusa in rete da almeno due anni, e comunque è stata "scoperta" da molto, molto tempo prima. Nulla di nuovo, quindi, da parte del Signor Ministro. Avrebbe invece dovuto spiegare i motivi per cui chi può evade, e anche questo, è da dire, avviene da sempre. E la motivazione di fondo, quella che mette a posto le coscienze di molti italiani, di fronte a questo abominevole vezzo, è che si fa un pessimo uso del denaro pubblico, per cui l'evasione viene giustificata e perdonata dalle singole coscienze. Io, in questo caso, sono tra coloro che perdonano questo genere di peccato.

Per esempio, che la Regione Toscana abbia istituito l' Assessorato alla Pace e Perdono a me è sembrata una forma di spreco di denaro pubblico, soprattutto di questi tempi in cui mancano soldi per il sostegno alle famiglie bisognose locali (nel mio piccolo comune ci sono due clochard: non se n'erano mai visti). Ne avevo parlato in un post, di tale assessorato, e mi ha scritto, alcuni giorni fa, lo stesso Assessore o qualcuno del suo staff, molto adirati.

Altra forma di spreco di denaro pubblico è il rimborso elettorale ai partiti, almeno nella modalità in uso (un tot per ogni avente diritto al voto, distribuito proporzionalmente ai partiti, per ogni tornata di voto, anzichè per cinque anni di legislatura completa). Anche di questo, Di Pietro ne ha parlato nella trasmissione. Lui e Fini sono favorevoli all'abolizione del rimborso elettorale. Ma perchè, allora, il ministro Antonio Di Pietro non comincia lui stesso a dare il buon esempio su questo fronte, resituendo allo Stato i 22 milioni di Euro (circa 43 miliardi di Lire) fin qui ricevuti dal suo partito personale per rimborsi elettorali? Con un atto del genere conseguirebbe diversi scopi: darebbe il buon esempio e aiuterebbe lo Stato più che mai bisognoso. E col suo esempio gli evasori avrebbero meno giustificazioni dalla loro stessa coscienza.

mercoledì, dicembre 12, 2007

Consigli per il tempo libero!

Quattro anni fa, andai a visitare la sezione locale di Forza Italia; la segretaria è una nostra amica di famiglia. Guardandomi attorno, i miei occhi si fissarono su un libro per me inedito: Montanelli e il Cavaliere di Marco Travaglio con prefazione di Enzo Biagi. La segretaria, visto il mio interesse e visto il suo desiderio di disfarsene - come mi confessò tempo dopo - non stette a pensarci molto, e me lo regalò. Avevo ancora soltanto una vaga conoscenza dell'autore, ma con un corso celere colmai la lacuna. Tantè che quel libro è ancora in quello scaffale, così come ce l'avevo depositato: chi di voi lo volesse, glielo regalo; altrimenti ne farò miglior uso come fermaporte o combustibile per caminetti. Dall'ultimo post di Siro, scopro infatti che l'autore del libro in questione mi sembra abbia facilità di inventiva. Alcune specifiche accuse del Travaglio, a Berlusconi, e che saranno sicuramente riportate in qualcuno dei vari suoi libri, si basavano su argomentazioni e "prove" riportate da un terzo "scrittore" su di un proprio "scritto". Ecco il passo del post di Siro, cui si riferisce il presente post, e contenente le bufale nelle quali è caduto Travaglio; bufale che poi ha propinato ai suoi lettori e ascoltatori.

Nel post in questione, Siro, parlando dell'allontanamento di Luttazzi dal programma Decameron, ricorda l'intervista fatta da costui nel 2001 a Marco Travaglio...

...[concluse il programma (Daniele Luttazzi: nota mia) rivendicando la sua intervista a Travaglio del 2001, quella che accusò il Berlusca di mafiosità a venti giorni dalle elezioni: “Il nostro colloquio raccontava fatti reali, che nessuno ha mai smentito. Mi hanno accusato di non aver permesso il contradditorio, ma che bisogno c’era, visto che abbiamo riferito la pura e semplice verità?”. Già, che bisogno c’era? Era talmente attendibile, quell’intervista, da addurre come prova principe delle sue accuse la perizia Giuffrida, un documento che appena cinque mesi fa è stato disconosciuto come falso dal suo stesso autore......] .

La Perizia Giuffrida, appunto, dalla quale Travaglio aveva costruito tutte le sue congetture diffamatorie contro Berlusconi.
Oggi, apprendo che Berlusconi pare sia stato nuovamente iscritto nel Registro degli Indagati di Napoli per presunti tentativi di corruzione.
Bè, sapete cosa dico? Dico che a furia di panzanate e di "invenzioni" contro Berlusconi, non credo più a niente che sia scritto o detto contro di lui. A niente di diffamatorio contro Berlusconi, che sia detto da telegiornali, quotidiani, settimanali ecc. Insomma, è andata a finire come la storia di "Al lupo! Al lupo!" che alla fine non ci credette più nessuno.

A coloro che perdono tempo prezioso a costruire prove tendenti a demolire il carisma di Berlusconi, dico di dedicarsi al volontariato. Per esempio: il Centro di riabilitazione/aggregazione, da me frequentato, ha bisogno di numerosi volontari per l'accompagnamento, da casa al Centro e viceversa, di bambini provenienti da tutto il Nordmilanese. Bambini, ma anche adulti affetti dalle più svariate forme di disabilità. Questo sarebbe un modo più intelligente di occupare il tempo, anzichè costruire castelli in aria contro Berlusconi.

venerdì, dicembre 07, 2007

Storia di un comunista d.o.c.

Ogni tanto, Siro (a lato, il link) tira fuori dal suo cilindro qualche neologismo, qualche concetto inedito che mi fa trasalire. Siro è un blogger di giovane età, eppure può far la barba a tanti anziani. Ieri ha coniato il titolo imprenditore senza rischio d'impresa. Concetto straordinario che racchiude in due parole quella che è la sostanza di un uomo. Termine usato per raffigurare l'essenza di un personaggio molto celebre, descritto da Siro nel suo ultimo post: Caduta massoni. Quel personaggio io lo conosco da trent'anni, eppure non ero ancora arrivato ad appuntargli quel titolo di imprenditore senza rischio d'impresa. Eppure ero a conoscenza dei suoi raider borsistici, uno dei quali ha riguardato un'azienda che ho molto frequentato: le Cartiere Sottrici Binda S.p.A.
I fatti:
Flavio Sottrici, proprietario dell'omonima cartiera Arturo Sottrici, con stabilimenti ad Olgiate Olona e Vedano Olona, fece un salto di dimensioni ciclopiche. Con poche mosse, e facendo leva sul debito, acquisì le Cartiere Sterzi S.p.A. e le Cartiere della Nuova Valtellina, entrambe in amministrazione straordinaria. C'erano in vendita anche le Cartiere Binda, glorioso titolo della borsa milanese. La CIR intervenne in sostegno di Flavio entrando nel capitale delle Cartiere Sottrici e curandone la quotazione in borsa. Dopodichè, acquisirono le Cartiere Binda, fecero la fusione per incorporazione e cambiarono la loro denominazione in Cartiere Sottrici Binda SpA, quotate alla borsa di Milano. In tutto questo trambusto le quotazioni subirono un impennata vertiginosa. Ma era tutto un castello di sabbia. Quando le azioni Sottrici Binda SpA ebbero raggiunto il massimo possibile, la CIR, al cui vertice sedeva Carlo De Benedetti, vendette tutte le sue azioni sul mercato e uscì dall'impresa industriale con una superlauta plusvalenza. Il tutto a danno dei piccoli azionisti che ci rimisero tutto. In pratica avvenne la stessa cosa di quando De Benedetti entrò nel capitale del Vecchio Banco Ambrosiano, che era in difficoltà. Il suo ingresso fece lievitare le quotazioni. Quando queste raggiunsero una cifra ragguardevole, De Benedetti ne uscì con una plusvalenza di 80 miliardi di lire, lasciando i piccoli azionisti con i cerini accesi in mano.
Questi è De Benedetti, comunista d.o.c. Però i vari Santoro e Travaglio se la prendono sempre e solo con Berlusconi, come è stato col programma Anno Zero di ieri sera, che io non ho visto, ma che ho visto commentato dal blogger Le Barricate (linkare Il Castello, per accedervi).

giovedì, dicembre 06, 2007

Omar, l'islamico buono

Concludo brevemente la storia nella quale Omar è il personaggio di spicco. Brevemente perchè riguarda soprattutto un fatto personale la cui esperienza potrebbe interessare a non più di 50.000 italiani. Anzi, a non più di 10.000 persone che nell'arco di cinque anni costituiscono i nuovi casi denunciati di sclerosi multipla. E di queste una piccola fetta viene colpita dalla forma classificata come paraparesi spastica.
Per chiudere il racconto, onde potermi dedicare ad un altro piacevole filone - sì, questa volta piacevole, almeno per me - descrivo i fatti salienti di quel 6 novembre, giorno in cui è avvenuta la svolta che mi era già stata preventivata dovesse avvenire cinque anni fa: la sedia a rotelle.

Dunque, quel 6 novembre mi recai dal fisiatra a seguito di una mia richiesta urgente. La mia rigidità muscolare era abnormmente aumentata in pochi giorni, nonostante il ciclo cortisonico da poco concluso e il raddoppio del miorilassante muscolare, Lioresal 25 mg. Uscire di casa, prendere l'ascensore, fare sei gradini, percorrere il vialetto per arrivare all'automobile, richiese un tempo 10 volte superiore: mezz'ora di orologio contro i cinque o sei minuti abituali; e senza raccontare delle traversie.

Il ritorno fu peggio che l'andata: il blocco era pressochè totale. In lontananza, vide e s'avvide del fatto Omar, l'islamico buono. C'erano anche altri presenti, ma lui senza che io lo chiamassi, lo cercassi, lo implorassi, si precipitò verso di noi, io e mia moglie, alla quale ordinò di andare a prendere una sedia. In un qualche modo riuscimmo a raggiungere la pavimentazione in marmo lucido all'interno del caseggiato, dopodichè mi spinse, io seduto, all'interno dell'ascensore. E così facendo mi portò fino in casa. Se ne andò soltanto dopo essersi assicurato delle mie condizioni psicofisiche. Dal giorno seguente esco di casa solo con la sedia a rotelle.

E così concludo frettolosamente il racconto su Omar perchè voglio pubblicare il mio "Omaggio a Ferrara e Milano", avendo letto, sul Corriere, dell'esistenza di un progetto per la riapertura di un ramo dei gloriosi Navigli di Milano.

sabato, dicembre 01, 2007

Omar, una storia italiana

Ringrazio Nemo, per l'apprezzamento che fa del mio blog un suo toccasana. E ringrazio Giovanni Tombolato di Progetto Emilia ( www.progettoemilia.org ) che, nel post "Cristianesimo", mi ha messo al corrente di due loro importanti iniziative e mi ha chiamato "mitico marshall", risollevandomi il morale abbastanza provato. Ultimamente ho dovuto limitare la presenza nel blog perchè dai primi di novembre, forse anche in concomitanza con l'arrivo del freddo, ho avuto una improvvisa recrudescenza della mia patologia che, per gli spostamenti fuori casa, mi obbliga a servirmi, spero solo momentaneamente, della sedia a rotelle. A questo proposito, avevo accennato, in un commento a Nemo, del mio obbligo morale di dover raccontare la storia di Omar, un egiziano. Racconto che andrebbe anche letto in coda al post "Cristianesimo", perchè pensato in quella circostanza. Penso anche che dati i tempi e data la mia simpatia per il Partito della Lega Nord (anche se non sono ancora un loro elettore), data la mia simpatia per Monsignor Maggiolini, data la mia simpatia per le organizzazioni del tipo Maialino-day, molti resteranno sorpresi nel leggere questo post a favore di un islamico. Ma tantè, glielo devo.

Omar, nome di fantasia, è emigrato qui da noi, in cerca di un lavoro, poco più che ventenne. Eravamo agli inizi degli anni '90. In quel periodo, nel mio grande condominio avevamo grossi problemi con le imprese di pulizia. Tra l'88 e il '92, il loro turn-over avveniva ogni 3/6 mesi. Io ero tra i consiglieri. Ricevevamo continue lamentele, spesso molto dure, circa la qualità del servizio di pulizia scale, ascensori, vetrate, vialetti, ecc. In quei tre o quattro anni andammo avanti a sostituire, e quindi vagliare e testare nuovi appaltatori. In una di quelle ennesime sedute, si presentò Omar.

Seppur vagamente, ricordo ancora quella sera in cui egli fu invitato ad entrare nella sala al cui tavolo erano seduti quattro o cinque consiglieri, me compreso, e l'amministratore. Ricordo chiaramente che fui tra i sostenitori della sua assunzione: mi aveva ispirato la grande fiducia, "a colpo d'occhio", che avevo riposto in lui. Il tempo mi ha dato ragione, perchè ancor oggi è lui e la sua impresa che effettua tutti i servizi di pulizia, manutenzione, giardinaggio, sostituzione portiere quando occorre, ecc. All'inizio svolgeva tutte le mansioni come dipendente di un suo zio, titolare di partita IVA, oggi è lui stesso ad essere diventato un grande imprenditore con parecchie decine di persone al suo servizio: infatti lavora per una trentina di condomini. Nel frattempo, ha acquistato casa qui da noi, è diventato uno dei condomini modello, fa il consigliere da alcuni anni, e ci dà una grande mano nel "tenere a bada" le altre tredici famiglie (su un totale di 200 condomini) extracomunitarie, proprietarie o inquiline, che nel frattempo si sono insediate qui da noi.

Mi fa obbligo aggiungere che vi furono due fattori concomitanti che influirono a farmi sponsorizzare la sua candidatura: non c'era ancora la tensione e quindi la prevenzione che c'è attualmente verso gli extracomunitari, in particolare verso gli islamici, e in quel periodo ero talmente immerso negli studi sull'Antico Egitto, che tutto ciò che sapeva di Egitto riempiva la mia vita galvanizzata dalle curiosità e interessamenti per quell'Antica Civiltà. Era un periodo per me fecondo di ricerche spasmodiche di libri, documenti e filmati che trattassero di quell'argomento. Questo fatto fu un vero colpo di fortuna per Omar perchè convinsi tutti della bontà in una sua assunzione.

Il giorno 6 novembre Omar mi ha ripagato dell'amore che ho per il suo Antico Egitto, e del quale lui ne è a conoscenza.

(Segue)


 

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