Le tipografie di Pavia
Pavia: Ponte Coperto
Giunsi a Pavia, per la prima volta, dopo circa mezz'ora di treno, con partenza dalla Stazione Centrale di Milano, una mattina nebbiosa d'autunno del 1970. Nei giorni precedenti, avevo studiato meticolosamente, avvalendomi anche della preziosa Guida Michelin, il tragitto per arrivarci; notizie storiografiche della città, concentrate particolarmente sul Castello Visconteo, sul Duomo, sull'Università (se vi capita di andare a Pavia, non dovrete mancarvi una visita; il lunedì dell'Angelo è/era aperta al pubblico). A parte, studiai anche La Certosa di Pavia e notizie sull'Alzaia Naviglio Pavese, voluta e fatta costruire da Napoleone Bonaparte, e che ebbe, se pur in modo minore rispetto all'importanza del Naviglio Grande, la sua parte di rilievo nello sviluppo della città di Milano, quanto a via di comunicazione e arteria per i trasporti prima dell'avvento delle ferrovie, e successivamente dei camion. Concentrai l'attenzione sui principali edifici pubblici, sui caratteristici dedali di viuzze medievalrinascimentali formanti quadrati perfetti a delimitare gli isolati; le principali arterie cittadine, con l'ampia Strada Nuova che divide in due parti pressochè equivalenti la città "vecchia", da est a ovest, e che, partendo dal Castello, confluisce nel Ponte Coperto, un ponte di origini romane, distrutto durante la seconda guerra mondiale e ricostruito, che attraversa il fiume Ticino.
Giunsi in treno perchè non avevo ancora la patente di guida. E fino all'autunno successivo andai avanti coi treni, la metropolitana milanese, gli autobus e i tram; e anche con un'auto di fortuna, prestatami saltuariamente dalla mia ditta, dopo che ebbi conseguito la patente.
Ero giunto a Pavia per il mio lavoro di agente di commercio (a quell'epoca ci chiamavamo produttori perchè eravamo dipendenti stipendiati, con una piccola provvigione e il rimborso spese a piè di lista). Vendevo carta da stampa, prodotti cartotecnici, allestiti e quantaltro. I miei clienti principali erano le tipografie.
(segue)
Giunsi in treno perchè non avevo ancora la patente di guida. E fino all'autunno successivo andai avanti coi treni, la metropolitana milanese, gli autobus e i tram; e anche con un'auto di fortuna, prestatami saltuariamente dalla mia ditta, dopo che ebbi conseguito la patente.
Ero giunto a Pavia per il mio lavoro di agente di commercio (a quell'epoca ci chiamavamo produttori perchè eravamo dipendenti stipendiati, con una piccola provvigione e il rimborso spese a piè di lista). Vendevo carta da stampa, prodotti cartotecnici, allestiti e quantaltro. I miei clienti principali erano le tipografie.
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