L'Argentina insegni
(seguito de: La casta politica)
Anni fa, era il ’97 o ’98, conobbi una famiglia italo-argentina: marito, moglie e un figlio in età scolare. Lui era nativo del Veneto ed emigrato bambino in Argentina. Lei, nata a Buenos Aires, era di origini pugliesi. Una coppia ben assortita: lei bella e affascinante, lui distinto e raffinato. Venivano nel mio negozio, assieme o alternandosi, un paio di volte al mese, per spedire fax in Argentina; tornavano dopo qualche giorno a ritirare la risposta. Andarono avanti così per tre o quattro anni. Nonostante il fascino e la raffinatezza, i loro occhi emanavano un non so che di profonda malinconia e tristezza. Erano venuti a stare nel mio comune perchè vi abitava una zia materna di lei. I fax di risposta che ricevevano erano di loro amici o parenti rimasti là in Argentina, e tutti accompagnati da allegati con disegni e scritti fatti da bambini che inneggiavano all’amore fraterno, alla pace, alla speranza di un futuro migliore, al ritorno della prosperità dei bei tempi andati. Ricordo che alla vista di quegli allegati, ad entrambi luccicavano gli occhi. Da questi fax, avevo compreso il perché della loro profonda tristezza e malinconia. Difficilmente parlavano della loro vita, ma a poco a poco, mettendo assieme le frasi che riuscivo loro carpire, di volta in volta, avevo compreso che là in Argentina avevano posseduto un piccola industria metalmeccanica: meccanica fine. Erano “scappati” in quegli anni, dopo che avevano compreso che in seguito alla grande crisi dell’Argentina dei primi anni ’90, essa non si sarebbe più risollevata se non con provvedimenti straordinari o azioni di forza. Insomma, prevedevano già quello che poi sarebbe successo gli anni successivi, dal 1999 in poi. Riuscirono a vendere alla meglio giusto in tempo e tornare in Italia e vivere di rendita: nei loro discorsi non c’era più alcuna ambizione di creare alcunché, tantomeno qua in Italia, dove stavano cominciando a rendersi conto di quello che prima o poi succederà anche qui da noi, se non verranno presi provvedimenti drastici.
Nell’immaginario collettivo popolare, negli anni dal ’50 all’80, l’Argentina era considerata ancora un paese ricco, ben più ricco dell’Italia, tantè che il flusso migratorio di italiani verso quella nazione, iniziatosi nell’800, ebbe una coda ancora negli anni ’50 e ’60. La loro maggior ricchezza era anche palpabile tanto che l’industriale argentino De Tomaso - tanto per fare un esempio -potè permettersi, negli anni ’70, di acquistare la ex Innocenti di Milano Lambrate (qualcuno potrebbe asserire che gli fu regalata).
Tornando alla coppia italo-argentina, nonostante la loro diffidenza e riservatezza, tutte le volte che chiesi loro come mai un paese così ricco sia finito così male, essi mi rispondevano sempre allo stesso modo: era stata colpa dei politici, i quali avevano rubato, dissipato, dissanguato la nazione.
Qui da noi, in Italia, il furto di denaro pubblico è stato studiato e portato avanti con metodo, intelligenza e furbizia, in nome del sociale e della democrazia, ma sempre saccheggio è.
A Clemente Mastella, in uno dei suoi post, ho commentato che per dare prova di onestà e amor di patria, dovrebbe restituire allo stato i contributi INPS che la Rai gli ha versato quando si è messo in aspettativa da loro, per fare il politico. Chissà se mi ascolterà?
E questa è solo una goccia di quel che dovrebbero e potrebbero fare i politici per salvare l'Italia.
(a seguire)
Anni fa, era il ’97 o ’98, conobbi una famiglia italo-argentina: marito, moglie e un figlio in età scolare. Lui era nativo del Veneto ed emigrato bambino in Argentina. Lei, nata a Buenos Aires, era di origini pugliesi. Una coppia ben assortita: lei bella e affascinante, lui distinto e raffinato. Venivano nel mio negozio, assieme o alternandosi, un paio di volte al mese, per spedire fax in Argentina; tornavano dopo qualche giorno a ritirare la risposta. Andarono avanti così per tre o quattro anni. Nonostante il fascino e la raffinatezza, i loro occhi emanavano un non so che di profonda malinconia e tristezza. Erano venuti a stare nel mio comune perchè vi abitava una zia materna di lei. I fax di risposta che ricevevano erano di loro amici o parenti rimasti là in Argentina, e tutti accompagnati da allegati con disegni e scritti fatti da bambini che inneggiavano all’amore fraterno, alla pace, alla speranza di un futuro migliore, al ritorno della prosperità dei bei tempi andati. Ricordo che alla vista di quegli allegati, ad entrambi luccicavano gli occhi. Da questi fax, avevo compreso il perché della loro profonda tristezza e malinconia. Difficilmente parlavano della loro vita, ma a poco a poco, mettendo assieme le frasi che riuscivo loro carpire, di volta in volta, avevo compreso che là in Argentina avevano posseduto un piccola industria metalmeccanica: meccanica fine. Erano “scappati” in quegli anni, dopo che avevano compreso che in seguito alla grande crisi dell’Argentina dei primi anni ’90, essa non si sarebbe più risollevata se non con provvedimenti straordinari o azioni di forza. Insomma, prevedevano già quello che poi sarebbe successo gli anni successivi, dal 1999 in poi. Riuscirono a vendere alla meglio giusto in tempo e tornare in Italia e vivere di rendita: nei loro discorsi non c’era più alcuna ambizione di creare alcunché, tantomeno qua in Italia, dove stavano cominciando a rendersi conto di quello che prima o poi succederà anche qui da noi, se non verranno presi provvedimenti drastici.
Nell’immaginario collettivo popolare, negli anni dal ’50 all’80, l’Argentina era considerata ancora un paese ricco, ben più ricco dell’Italia, tantè che il flusso migratorio di italiani verso quella nazione, iniziatosi nell’800, ebbe una coda ancora negli anni ’50 e ’60. La loro maggior ricchezza era anche palpabile tanto che l’industriale argentino De Tomaso - tanto per fare un esempio -potè permettersi, negli anni ’70, di acquistare la ex Innocenti di Milano Lambrate (qualcuno potrebbe asserire che gli fu regalata).
Tornando alla coppia italo-argentina, nonostante la loro diffidenza e riservatezza, tutte le volte che chiesi loro come mai un paese così ricco sia finito così male, essi mi rispondevano sempre allo stesso modo: era stata colpa dei politici, i quali avevano rubato, dissipato, dissanguato la nazione.
Qui da noi, in Italia, il furto di denaro pubblico è stato studiato e portato avanti con metodo, intelligenza e furbizia, in nome del sociale e della democrazia, ma sempre saccheggio è.
A Clemente Mastella, in uno dei suoi post, ho commentato che per dare prova di onestà e amor di patria, dovrebbe restituire allo stato i contributi INPS che la Rai gli ha versato quando si è messo in aspettativa da loro, per fare il politico. Chissà se mi ascolterà?
E questa è solo una goccia di quel che dovrebbero e potrebbero fare i politici per salvare l'Italia.
(a seguire)
7 Comments:
Argentina. Quanti italiani si sono trasferiti nelle pampas ? Credo che il 50% delal popolazione argentina sia di origine italiana. Gente che ha lavorato sodo e che, dopo il crollo, ha saputo rimboccarsi le maniche e ricostruire. Noi partiamo da una situazione privilegiata: non siamo ancora crollati. Dobbiamo sperare che Prodi crolli prima che faccia crollare l'Italia.
By Massimo, at 15 ottobre 2007 alle ore 18:04
Massimo,
concordo con la tua conclusione.
Sembrano tanto intelligenti, quelli che ci governano, e invece sono ciechi come le talpe: non vedono quello che potrebbe accadere di là da un anno, che dico, di là da sei mesi. Figurati, quindi, se sono in grado di vedere nel futuro prossimo. Da qui, la loro grande ignoranza.
By marshall, at 15 ottobre 2007 alle ore 18:13
Marsh, siamo vicini all'Argentina?
Ci conviene restare nell'Euro?
Vedo che chi ha fatto i mutui col tasso variabile è in affanno totale....
By Nessie, at 15 ottobre 2007 alle ore 23:48
e pensa ke qui abbiamo 3 milioni e rotti di volontari ke elargiscono un euro cadauno per plebiscitare il nuovo ke avanza, tal veltroni walter di professione politico da 40anni.
guarda, sinceramente mi auguro ke da noi vada a finire proprio così, tirerò la cinghia e qua in campagna me la caverò lo stesso e poi vuoi mettere la gioa di vedere tanti fessi camminare con le kiappe aperte....
By LL, at 16 ottobre 2007 alle ore 13:56
Nessie,
sì, siamo vicini all'Argentina.
Un altro dei campanelli d'allarme è quello che viene dal settore bancario. Da giovedì 11, le azioni di Unicredit hanno perso circa il 6%, per via del suo coinvolgimento in derivati venduti a clienti privati ed amministrazioni pubbliche. Si parla di 1 miliardo di euro di potenziali perdite per i clienti; perdite che la banca potrebbe essere costretta a rinegoziare. La notizia del loro coinvolgimento è stata resa pubblica domenica sera a Report, ma i "furbi ben informati" lo sapevano già da giovedì: è giovedì che è iniziata la caduta del titolo in modo inspiegabile.
Ad ogni modo, per me questo è un altro campanello d'allarme per l'Italia, del quale parlerò in un prossimo post.
Per quanto riguarda l'Euro, abbiamo tutta la convenienza a restarci dentro, finchè ci tengono. Le altre nazioni, che hanno quasi tutte i parametri a post, stanno facendo da puntello alla nostra quota di moneta che, senza l'Euro verrebbe svalutata di almeno il 20%.
Tutto quanto sopra, sono ovviamente mie supposizioni.
By marshall, at 16 ottobre 2007 alle ore 20:20
Cosa dovrebbe fare Mastella?
restituire il maltolto???
"restituire" non e un vocabolo sul dizionario di Mastella al suo posto usa sempre "prendere"..
ciao
sarc.
By Anonimo, at 19 ottobre 2007 alle ore 21:03
Marcello,
ho scoperto, su Panorama, che un altro grande moralizzatore - il tutore dei valori italici - pare sia entrato in politica per farsi gli affari suoi, a spese della collettività.
Insomma, il più pulito ha la rogna.
Quanto a rendere, poi, non ci pensa proprio nessuno.
p.s.
la festa del "maialino day" si farà vicino a Fornovo sul Taro. Mi farò vivo con un post.
By marshall, at 19 ottobre 2007 alle ore 23:18
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