
Voglio essere profumo: dopo tanto parlarne, non potevo non assistere al film. E l'esito è stato dei più soddisfacenti, superiore ad ogni mia più rosea aspettativa. Se avevo avuto qualche dubbio, su "forza" e validità del film, esso è stato fugato. L'argomento trattato è demodè, fuori moda, e quindi il timore di una qualche delusione, rispetto a quanto di positivo avevo scritto del film, era stata messa nel conto.
Nel film, della durata di due ore, la parte dialogante la fa da padrone, e ciò mi aveva reso un po scettico circa la tenuta della soglia d'attenzione del pubblico. Il fatto che il film sia terminato con un prolungato applauso, è il segno inequivocabile dell'intento raggiunto.
Anche se non c'è alcun nesso tra i due film, il dialogare sul Gesù Chiamante e la genuinità della fede del protagonista, fanno istintivamente andare al capolavoro di Georges Bernanos, Dialoghi delle Carmelitane. Per non tediare il pubblico con scene statiche, regista, fotografo e forse più ancora il montaggista hanno avuto l'accortezza di inserire soventi e rapidi cambi di scena. In tre casi è addirittura possibile intravvedere la maestria tipica di registi consumati. Con cambi di scena a volte improvvisi e imprevisti, seguendo il filo logico del tema, i dialoghi avvengono in luoghi sempre diversi, eccettuato per quelli che si svolgono all'interno del seminario di Venegono Inferiore. I quali sono però di breve durata, e con scene abbastanza movimentate, che mettono anche in risalto le bellezze architettoniche del seminario e le bellezze paesaggistiche circostanti. Le scene dialoganti più lunghe e più intense, sono sicuramente quelle del ritorno a casa della novizia, per una pausa di riflessione, e quella della coppia di fidanzati in crisi, a causa di lei che si era innamorata di un altro (è la scena più "drammatica", trasmessa anche nella presentazione del film, su Rai3), che però il regista fa magistralmente interrompere nei punti oltre i quali avrebbero potuto annoiare. Insomma, la preoccupazione maggiore del regista, unitamente a quella degli operatori e dei montaggisti, è stata quella di non tediare con dialoghi pesanti, e di variare spesso il campo scenografico.
Senza nulla togliere al merito di tutti gli altri attori, la parte del protagonista è stata intepretata magistralmente da Fabio Sironi, che nella vita di tutti i giorni fa il tecnico aziendale. Si è calato a meraviglia e con meticolosità nei panni del personaggio, il seminarista Francesco, dietro il quale si cela il lissonese Alessandro Galimberti, un personaggio vero, realmente vissuto, morto prematuramente un anno prima della consacrazione al sacerdozio.
Di Francesco mi ha colpito una frase del dialogo avuto con Susanna, fatto sul suo sentiero di casa, mentre l'accompagnava (foto sopra, dal set).
E' un passo mirabile che induce a riflessione. Lo trascrivo integralmente, ricavandolo dal dvd del film, in vendita nelle sale dove viene proiettato.
Ad un dubbio prostrante di Susanna, Francesco risponde:
"E' come se fossimo legati a Gesù con una corda...e ogni volta che facciamo qualcosa di sbagliato spezziamo la corda in due. Ma se poi capiamo l'errore che abbiamo commesso e ne facciamo tesoro per crescere. riannodiamo la nostra corda con Gesù e se tu, su una corda tagliata fai un nodo, la distanza che ti separa dalla cima si riduce..."
La frase ci fa entrare nell'ambito dei grandi temi della fede, cari a questo blog e ad alcuni suoi lettori. Affrontarlo non è però nell'intenzione attuale di questo post, e lo rimando pertanto ad altra sede. Il tema di fondo potrebbe essere:
Conoscenza di Gesù, Dio di misericordia e Dio d'amore.
La foto è tratta dalla
Fotogallery del film