marshall

lunedì, aprile 17, 2006

Italia schiava del deficit

Riprendo il ragionamento sul debito pubblico, iniziato ieri con la mia amica di Lodi.
Nel 1981 esso era di 290.000 miliardi, nel 1991 era di 1.600.000 miliardi e nel 2001 era di 2.600.000 miliardi. Al termine di questo secondo governo Berlusconi, sarà ancora aumentato, vedremo le cifre ufficiali, ma sarà sotto i 3.000.000 di miliardi di lire, che poi tradurremo in euro.

Se andiamo ad analizzare vedremo che negli anni ottanta ebbe una forza di accelerazione come quella di un aereo supersonico, negli anni novanta come un’auto da corsa, in questi ultimi cinque anni come un tram di Milano. Quindi, in questo ultimo scorcio, è andato via via decelerando. Ciò che mi fa rabbia è che quando evidenzio queste cose, c’è chi fa orecchio da mercante.
Anche l’agenzia Moody’s, la quale aveva detto che, per attuare le grandi riforme nel nostro paese, sarebbe stato più opportuno votare per la sinistra, aveva però riconosciuto che la velocità di crescita del nostro debito pubblico ha perso forza di accelerazione.
Ciò che mi fa ulteriormente rabbia è che i leader del centrosinistra, durante l’ultima campagna elettorale, hanno cavalcato sarcasticamente lo slogan che, anche in questa legislatura, nonostante Berlusconi al governo, il debito pubblico era aumentato: mi si perdoni il termine, ma non potevano fare una critica più sciocca di questa.
Staremo a vedere loro, alla prova dei fatti!

L’ideale sarebbe, per l’alto livello di debito in cui ci dobbiamo districare, che esso cessasse di crescere: cioè accelerazione a zero. Dovremmo perciò caricare il debito pubblico nel bagaglio della macchina e cominciare a viaggiare a pieno carico con tutto il peso di questa zavorra inutile, ma che saremo costretti a portarci appresso per tutto il viaggio. Avremo quindi una velocità di marcia ridotta al minimo, un consumo di carburante portato al massimo e senza la possibilità di chiedere aiuto a nessuno, se non a noi stessi, in caso di avarie o di guasti.

Ragioneremo, in un altro post, sugli scenari futuri dell’Italia. Intanto chi avesse qualche idea da proporre, si faccia avanti con i commenti.


 

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