I farlocchi della A2A
Farlocco, sciocco sprovveduto.
Il mondo dei personaggi che orbitano attorno alla borsa, e ci campano sopra, è piena di farlocchi, ovvero taroccatori, improvvisatori, gente di poco valore che parla tanto per parlare. E i mezzi di comunicazione, che basano loro articoli sulle dichiarazioni di costoro, ne diventano in certo qual modo complici, perdendone in credibilità e reputazione.
La storia borsistica di A2A, ex Azienda Elettrica Municipale di Milano, fusasi con l'omologa bresciana, diventando così A2A, è l'ennesima dimostrazione di quanto i piccoli risparmiatori, che investono in borsa, sono considerati e trattati come il classico parco dei buoi, vittime dei farlocchi di cui sopra, pronti per essere scannati.
Questo blog contiene storie delle disgrazie occorse a piccoli azionisti di Telecom, Tiscali, Finmeccanica, Fiat, Saras, Pirelli, Unicredit e tante altre. Ora è il turno di A2A. Di ciascuna si potranno poi trovare tutte le giustificazioni possibili per le loro debacle, ma ciò che resta ai piccoli risparmiatori cassettisti è il rammarico per la grossa perdita subita.
Ricordo ancora il bel servizio che le fece TgRai, ai tempi del collocamento in borsa, avvenuto circa 15 anni fa. Un servizio che metteva in risalto il grande valore intrinseco della società, partendo dagli impianti idroelettrici che detiene in Valtellina.
Credo che in questi circa 15 anni le azioni di AEM abbiano toccato anche la quotazione di 6 euro, e ieri, al quinto giorno di ribasso consecutivo, e dopo l'annuncio che quest'anno non distribuirà dividendo, l'azione è scesa sotto i 0,7 euro, perdendo un ulteriore 4% rispetto al giorno precedente. Un bel tonfo, paragonato ai massimi raggiunti negli anni addietro.
Tra le cause, si viene a scoprire che nell'azienda ci sono 23 amministratori, che, secondo Bruno Tabacci, assessore al Bilancio del Comune di Milano (Milano e Brescia detengono il 27,4 % ciascuna di A2A) "sono una cosa che grida vendetta, non si amministra con questi numeri di consiglieri, con stipendi che sono una schiaffo alla crisi" e l'acquisizione della montenegrina Epcg, costata circa 500 milioni di euro, è stata definita "una decisione sbagliata" .
Tutto questo avveniva mentre i farlocchi ne tessevano le lodi.
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