Tutti a casa
Credo siano solo grandi perdite di tempo lo stare a discutere e dibattere continuamente sull'Articolo 18. Il vero problema principale rimane quello di invogliare individui a creare nuove imprese, così che possano assumere nuovo personale. Ma cavillosità, burocrazia, tassazione esasperante non invogliano certo a che ciò avvenga. Si sta ripetendo, in maniera più drammatica, quello che successe alle cartiere italiane negli anni '80, primi '90.
Da un mio annuario risulta che nel dopoguerra c'erano in Italia oltre 400 cartiere, che producevano i tipi più disparati di carte, da quelle per giornali e riviste, a quelle per buste e sacchetti, a quelle per moduli a striscia continua, a quelle per carte da parati, e così via. Ma limitiamoci a queste elencate e andiamo a vedere che fine hanno fatto quelle cartiere.
Nel periodo indicato alcune delle attività menzionate andarono in profonda crisi, e molte aziende del settore furono così costrette a chiudere, fallire o ridimensionarsi. Le insolvenze crebbero esponenzialmente, trascinando nel vortice le cartiere fornitrici. Rifarsi con le esportazioni era praticamente impossibile, non restava quindi che ridimensionarsi e ristrutturarsi. Ma ridimensionarsi fu una pratica impossibile: i licenziati si rivolgevano ai sindacati che proprio in virtù dell'articolo 18 facevano ottenere il reintegro ai loro assistiti. Alle cartiere, per liberarsi della parte in esubero, non restava che la via della trattativa, con offerte di denaro ai malcapitati. Era diventata normalità che chi veniva licenziato chiedesse una buona uscita come minimo di 50-100 milioni di lire, che, grazie all'appoggio dei sindacati, finivano immancabilmente per ottenere. Quelle cartiere col tempo chiusero, lasciando tutti a casa. Sparirono così dal mercato nomi storici come Binda, Sottrici, Sterzi, Donzelli, Vita Mayer.
Foto: ex Cartiere Binda - dal sito EuroMilano - Progettare la Trasformazione
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