L'arte del governare
L'illustre commissione redasse un documento latino in risposta, zeppo di citazioni dai Padri della Chiesa, dai Codici e dalle Decretali, accompagnato da un breve riassunto in volgare, una sorta di trattatello sul buon governo che affermava: se non è lecito a un signore esigere dazi e gabelle in misura da eccedere le consuetudini, è pur accettabile che vi ricorra in caso di ineluttabile necessità, come sarebbe la difesa dello Stato dai nemici. Si tratta quindi di stabilire se una guerra è giusta o ingiusta. Nel primo caso si possono gravare i sudditi di imposte, ma essi debbono però essere difesi dai soprusi e dalle violenze dell'esercito; in caso contrario, il principe è responsabile e deve risarcire chi è stato danneggiato. Se non ha la possibilità di arrivare alle vittime, distribuirà ai poveri le somme destinate al risarcimento, secondo il consiglio del vescovo o del papa.
La parte conclusiva del discorso esaminava il comportamento di Filippo Maria, definito un principe liberale nelle elemosine e nient'affatto proclive a esagerare con le tasse, che era obbligato a imporre per le necessità belliche; d'altra parte era impossibilitato a un'integrale restituzione perchè non avrebbe più avuto fondi per l'esercito, indispensabile alla stabilità dello Stato. Per assicurare la sua salvezza eterna sarebbe bastato pentirsi degli abusi passati e non ricaderci, frenare le spese superflue e difendere la morale, punendo le bestemmie e il lusso sfrenato delle donne; vigilare sulla correttezza dei pubblici funzionari e favorire una riforma dell'amministrazione e dei costumi di chiese e monasteri. Infine avrebbe dovuto pensare alla sua successione, in modo che lo Stato potesse continuare a vivere tranquillo, prospero e rispettato.
Immagini da Wikipedia
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