marshall

domenica, settembre 23, 2007

Un Santo per i nostri tempi


"Tra' due liti d'Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto, ché troni assai sonan più bassi,

e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria"

Così ricominciommi il terzo sermo;
e poi, continuando, disse: "Quivi
al servigio di Dio mi fei sì fermo,

che pur con cibi di liquor d'ulivi
lievemente passava caldi e geli,
contento ne' pensier contemplativi.

Render solea quel chiostro a questi cieli
fertilemente; e ora è fatto vano,
sì che tosto convien che si riveli.

In quel loco fu' io Pietro Damiano [...]"
(Dante, Paradiso, Canto XXI, 106-121)

Mi ha colpito la lettura - su Famiglia Cristiana n°38 in edicola - della breve biografia di San Pier Damiani (1007-1072). Mi piace molto la descrizione della figura di questo grande santo che ne fà l'autore, don Ugo Facchini. San Pier Damiani, una figura molto adatta ai nostri tempi. "Eremita, monaco, cardinale di movimento: innamorato di Cristo e della Chiesa".
Sono tre i punti della sua biografia sui quali si è focalizzato il mio vivo interesse.

- Era un momento particolarmente difficile per la Chiesa. Erano frequenti casi di simonia e gomorria nell'ambito ecclesiastico. Su questi due argomenti san Pier Damiani scrisse il Liber gratissimus (contro la simonia) e il Liber gomorrhianus. Nel 1057 Stefano IX, anche lui monaco, divenuto papa per forza, lo creò cardinale vescovo di Ostia. Seguì due linee guida poste al centro della sua attività apostolica: "il ritorno alla tradizione intesa come metro su cui la Chiesa deve continuamente misurarsi e il riferimento alla sede apostolica in funzione di guida di verità, perchè munita del sigillo della vicaria di Cristo". "Fu lui il principale ispiratore del famoso decreto del 1059 con cui Niccolò II stabilì che l'elezione papale fosse fatta dai soli cardinali".

- Iniziò ad essere il cardinale di movimento. Inviato a Milano, con un soluzione geniale pose fine allo sciopero liturgico che era scoppiato nel 1059 perchè "quasi tutti i chierici erano stati ordinati simoniacamente". Compì poi missioni in Francia, dove risolse diatribe al limite del possibile. Fu due volte a Montecassino, e a Firenze dove fu chiamato per risolvere il caso del vescovo Pietro accusato di simonia. Già vecchio e malato, nel 1069 si recò in Germania davanti all'imperatore Enrico IV e ne impedì il divorzio.

- "Difese la libertà di parola nella Chiesa, il dovere di reciproca correzione fra i suoi membri fino all'ultimo laico". "Diede grande importanza all'aspetto socioeconomico, affermando che i beni della terra appartengono a tutti e che le ricchezze della Chiesa spettano per diritto ai poveri". "Ricordava ai monaci che, se nel comprare un vestito spendono troppo, hanno rubato, perchè si sarebbe potuto aiutare un povero".

Quest'ultimo punto è quello che più mi ha colpito. Affermando che i beni della terra appartengono a tutti, fu lui stesso a praticare questo insegnamento. Nonostante gli alti, impegnativi e defaticanti incarichi dai quali non potè disimpegnarsi, visse la sua vita di povertà, col pensiero rivolto agli eremi da lui fondati, primo tra questi quello di Gamogna nel quale vi dimorò più a lungo, dopo quello di Fonte Avellana.

(segue, col riferimento al nostro tempo)

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