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martedì, novembre 01, 2011

Cultura finanziaria 9

Mentre tutte le borse europee stanno franando, nel blog di Nicola Porro L'articolo 18 per i privilegiati, buona parte dei commentatori si stanno ostinando a difendere a spada tratta l'articolo 18.  Credo che costoro non abbiano compreso la gravità del momento e che stiano sottovalutando la situazione: questione di carenza culturale. In borsa si sta respirando un'aria da smobilitazione generale. Sembra che tutti gli investitori, grandi e piccoli, si stiano defilando, vendendo al meglio azioni, obbligazioni, compreso i titoli di stato che sembrava l'unico porto sicuro fino a tre mesi fa. In queste condizioni credo ci sia ben poco da fare nell'attaccarsi pervicacemente a qualcosa che tra non molto non ci sarà più comunque; volenti o nolenti, perchè le borse stanno dando chiari segnali di coma profondo del sistema.  
Tornando al blog di Nicola Porro, ho ritenuto di grande interesse un commento di Maralai (Marionanni), che mi accingo a ripubblicare, avendolo lo stesso ricavato da un suo post. 

"Il lavoro e la cultura dell'impresa

Penso che non esista un diaframma netto in grado di separare le due fasce del mondo del lavoro, in cui sino a quindici dipendenti resista il regime del libero arbitrio a sfavore della sicurezza del posto del lavoro, mentre al di sopra di tale fascia regna sovrana la garanzia tout court dell’occupazione stabile. Credo sia venuto il momento di eliminare questa confusione e creare le condizioni perchè si affermi l’impresa e la cultura del lavoro, iniziando anche da una sola assunzione, senza temere di superare il tetto sindacale dei quindici dipendenti. Che si affermi non con le esacerbate resistenze oltranziste, come che il datore di lavoro sia il diavolo in persona, mentre il lavoratore agnello(od anche viceversa).
Oggi più che mai creare impresa non è soltanto rischioso ma problematico, da spaccare la testa anche al più coriaceo degli imprenditori; troppi lacci troppi laccioli di ogni tipo vengono imposti dalla pubblica amministrazione che ne scoraggiano l’avventura imprenditoriale. Ma ancora i costi del lavoro sono talmente elevati non solo da scoraggiare il sorgere delle nuove attività, ma perfino di mandare in fallimento quelle esistenti. Il racconto di una amica romana di questa estate è stato molto emblematico, di come volgono le cose in Italia dove si crea impresa; aveva un’asilo nido privato e delle tre insegnanti due sono andate in congedo per maternità. Sicchè ha dovuto assumere altre due insegnanti sostitutive, e dopo qualche mese anche una di queste ha dovuto lasciare per sopravvenuta gravidanza.
Mi si potrà dire: finalmente, vivaddio che ci sono ancora donne o coppie che vogliono fare figli! Io sono perfettamente d’accordo che la maternità vada concretamente incoraggiata e sostenuta. Ma sostenuta da chi? Dal datore di lavoro che, come la signora romana ha dovuto chiudere l’asilo infantile? Cosa c’entra il datore di lavoro con la gravidanza della dipendente? Ecco una domanda anche ai sindacati che continuano a sorvolare su questi temi, o la politica tutta che se n’è stra fottuta da sempre altamente di affrontare temi impegnativi quali la famiglia e e i suoi costi.
E’ un problema se non un dramma del datore di lavoro l’assistenza di gravidanza e di maternità della donna, quindi della famiglia, o della Previdenza Nazionale? Credo, sono sicuro che anche le lavoratrici del settore privato devono essere abbracciate in toto dall’assistenza nazionale alla pari delle donne del settore pubblico. Perchè il datore o datrice di lavoro deve concorrere nella misura del 50% per far fronde agli elevati oneri del periodo di gravidanza e di maternità della dipendente? Mi pare che soffermarsi soltanto sulla difesa o “offesa” ad oltranza dell’articolo 18 sia trascurare ancora una volta, per difese di tipo corporativo, di discutere seriamente e serenamente di come promuovere la cultura del lavoro, ovvero di quella cultura del fare impresa e di renderla a tutti i livelli, esercizio possibile. Perchè senza impresa non c’è occupazione e senza occupazione non c’è Cristo di ammortizzatore sociale che tenga all’infinito.
Maralai
(marionanni)"

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