Esempi di possibile elusione/evasione
Da Il Giornale.it
sabato 24settembre 2011
Cene in ristoranti esclusivi con i parenti fatti passare per colleghi di lavoro. Taxi a gogò trasformati in materiale di cancelleria. Scampagnate all’estero con i familiari nelle vesti di improbabili docenti. Aldo Schiavone, giurista, professore di diritto romano, intellettuale appollaiato sulla rive gauche, è nei guai. Dalle colonne di Repubblica tuonava come Savonarola contro il degrado del Paese, trascinato alla deriva dal regime berlusconiano. Nella vita di tutti i giorni aveva cancellato la distinzione fra pubblico e privato. Fra soldi suoi e soldi della collettività. O almeno questa è l’idea che si è fatta la procura di Firenze. Il pm Giulio Monferini ha appena chiuso una lunga indagine che coinvolge Schiavone e altre sette persone, collocate in punti strategici del sistema accademico italiano. In sostanza la cricca avrebbe gestito spensieratamente il denaro del contribuente: la gestione dissennata, fra assunzioni pilotate di amici degli amici e benefit mascherati di vario genere, ammonterebbe a 3 milioni di euro. Una cifra impressionante se si tiene conto che il periodo incriminato è tutto sommato breve, dal 2006 al 2009. E riguarda solo uno spicchio del mondo degli atenei fiorentini. In particolare l’inchiesta si concentra su tre enti d’eccellenza: l’Istituto di studi umanistici, Isu; l’Istituto italiano di scienze umane, Sum; il Consorzio interuniversitario di studi umanistici.
Tre centri d’alta formazione che la mentalità comune colloca volentieri in un ambiente rarefatto. Lontano dal mondo, dalle sue peggiori consuetudini e dalle sue tentazioni. Invece, secondo la procura di Firenze, che agli indagati contesta a variotitoloilpeculato,l’abusod’ufficio, la truffa aggravata e il favoreggiamento, andava in un altro modo. E Schiavone, ex direttore dell’Isu e del Sum, sarebbe al centro di questa storia.
Ma dai e dai, il moralista e i suoi amici sono inciampati, sempre che le accuse reggano al vaglio dell’udienza preliminare, nei loro eccessi. E nei loro lussi, mal mimetizzati. Le Fiamme gialle hanno messo insieme un libro intero di fatture, ricevute, scontrini irregolari. Milleecinquecento documenti contraffatti che aprono uno squarcio su un catalogo di furbizie e debolezze. Siamo, saremmo, il condizionale è d’obbligo, dalle parti di quell’Italia che predica contro la deriva dei costumi dal pulpito dell’indignazione ma poi, al riparo della propria reputazione, arraffa quel che può.
Sembra impossibile, ma lo Schiavone sotto accusa è lo stesso Schiavone che su Repubblica ha artigliato con toni apocalittici il regime berlusconiano incupendosi per lo sfascio di un paese senza regole. «Una nazione in dissolvimento morale - pontificava a febbraio dell’anno scorso-ormai in balia di una disastrosa deriva di comportamenti ». In un altro editoriale, intitolato addirittura «La politica come merce », Schiavone si esercitava sul passaggio di alcuni deputati dall’opposizione alla maggioranza di centrodestra per denunciare «qualcosa di più profondo, qualcosa che attiene strutturalmente al berlusconismo». Ovvero, «l’idea della politica come merce, e non come regole e procedure; come semplice scambio e non come metodo e come insieme di principi e valori non negoziabili». Alla fine di questo sottile ragionamento l’esimio professore tirava la sua sprezzante conclusione sotto forma di domanda retorica: «Se si è abituati a pensare che tutto quel che conta l’interezza delle nostre vite - passa attraverso il mercato, se tutto si può comprare e si può vendere in quanto ha il suo (giusto) prezzo, perché questo non deve riguardare anche l’ambito parlamentare?».
Chissà come commenterebbe Schiavone questa pagina di vergogna; ma, per il momento lo scandalo è in cortocircuito con il suo nome prestigioso. La procura ha concluso il proprio lavoro: è stata ricostruita la mappa delle disinvolte spedizioni con mogli e parenti al seguito in Inghilterra, Turchia, Francia, Stati Uniti. E sono saltati fuori rimborsi per missioni non previste, indennità maggiorate, note spese firmate da docenti ignari presi di peso da Internet. Una serie di comportamenti inqualificabili. Il tutto mentre l’università si mobilita contro i tagli. I tempi sono grami, ma c’è chi trova il modo per rimpinzarsi alla greppia dello Stato.
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