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venerdì, giugno 30, 2006

Solidarietà come alibi

Belle le battute fatte dal presidente del consiglio Romano Prodi al 14° Congresso UIL
Bella quella sull’evasione fiscale “E che dovremmo fare? Chiudere gli ospedali?”
Si, perché secondo lui “il livello del fuggi-fuggi dal fisco è arrivato, secondo le ultime stime (nota mia: le stime fatte da chi?) “a 200 miliardi, pari a 7 punti del Pil, pari all’intera spesa sanitaria nazionale”.
E l’altra dove si augura che “la concertazione esca dal letargo in cui è stata in questi ultimi 5 anni”
L’altra dove invita il nord “a non sentire lo stato come un avversario, ma come un sostegno”.
Non può promettere meno tasse (nota mia: ma in campagna elettorale le aveva promesse), però denuncia con foga “gli inimmaginabili sprechi trovati nei ministeri (nota mia: è tutto a parole, tutto da provare con dati di fatto)” .

Parole, parole, e battute come è solita fare questa nostra sinistra e che, nei cinque anni di governo Berlusconi, ho sentito rimbombare continuamente.

Poi però a smentire tutti i discorsi sull’evasione e sui suoi numeri c’è uno studio di quel noto Istituto di Mestre che smentisce, con i dati e con i numeri reali, tutto quanto detto da Prodi. E se quello studio verrà ampiamente illustrato e divulgato, contribuirà a dare del parolaio anche a Romano Prodi.

Una piccola chicca, per il presidente Romano Prodi, a sottolineare il grande senso di disagio e frustrazione che sentono i cittadini lavoratori e produttivi, in tema di tasse e solidarietà e quanto i loro discorsi siano lontani e fuori dalla realtà.
E’ la lettera di un emigrante argentino, poi rientrato in Italia ed ora ritornato, e per sempre, in Argentina. Lettera pubblicata sul Corriere del 28 giugno a pagina 35.
Eccone la trascrizione parzialmente ridotta:
“Alcuni anni fa anch’io avevo pensato di tornare in Italia, sperando di trovare condizioni di vita migliori…..Dopo due anni di lavoro autonomo sono di nuovo scappato per la disperazione: ho infatti dovuto constatare che l’Italia è uno dei pochi paesi al mondo dove sembra ancora essere in vigore la schiavitù: per ogni 100 euro guadagnati, il primo anno avrei dovuto spenderne 120 in tasse dirette e indotte. Nulla mi è rimasto nelle tasche. Visto l’andazzo me ne sono tornato in Argentina.
Le imposte che avrei dovuto pagare allo Stato italiano sono ancora da pagare e se vogliono questi soldi, vengano pure qui in Argentina a prenderli: li aspetto”.
(fine prima parte - segue)

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