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sabato, settembre 10, 2011

Gli onorevoli a pane e acqua

Ieri, all'annuncio delle dimissioni di un membro del Consiglio direttivo della BCE, si sono scatenate le vendite su azioni e titoli di stato italiani, facendo chiudere l'indice FTSEMIB a 14020,18, con un ribasso del 4,93 % rispetto la chiusura precedente. L'apertura mattutina non aveva fatto presagire un disastro del genere, tanto che fino alle ore 14 l'indice era sì negativo, ma non di molto. Ma Tantè, in una settimana l'indice è sceso dal livello dei 15500 punti, in tre mesi è sceso dal livello dei 20.000 punti, in sei mesi è sceso dal livello 22500 punti, livello che in un anno aveva faticosamente recuperato tra i mesi di febbraio e maggio.
Juergen Stark, questo il nome del dimissionario, "pare non condividesse la scelta della BCE di sostenere i titoli di Stato di Italia e Spagna con acquisti sul mercato secondario". E quindi, dopo l'annuncio del suo ritiro anticipato dall'incarico, si sono accese ridde di voci, inclusa la possibilità di default per l'Italia, che ha portato allo scatenarsi delle vendite. Sembra che ora tutti vogliano fuggire dalla borsa.

Ma qual'è oggi il porto sicuro ?

Una sola cosa è certa, se avverrà il default dell'Italia, si scatenerà una caccia alle streghe.

E chi siano quelle streghe, è facile individuarle tra coloro che nei primi anni del governo attuale, anni in cui ci si sarebbe ancora potuto fare qualcosa, impegnandosi tutti per la "baracca", per il risanamento della cosa pubblica, essendo stranota a tutti la precarietà dei conti italiani, ci sono invece stati moltissimi che han remato contro, contribuendo così a far si che avvenisse il naufragio che sta avvenendo, anzichè la salvezza certa. Coloro che, anche tra gli scranni dell'opposizione, invece di dare una mano a raddrizzare le precarie sorti del paese, si sono invece cimentati in una sorta di gara a chi la sparasse più grossa, a cincischiare, a far perdere tempo con le note questioni risicole, come quelle dei casi Veronica Lario, Noemi Letizia, Nicole Minetti, il caso Ruby; il caso Fini-Montecarlo-Bocchino, che li ha portati alla loro uscita dalla maggioranza, facendogli fondare quella specie di partito che si sarebbe dovuto occupare di futuro e libertà per l'Italia: ma quale futuro e quale libertà? E in quale prospettiva futura?
In questo stato di cose ai signori del parlamento, l’unico mezzo che i cosiddetti “onorevoli”  avrebbero per recuperare un poco della stima e dell’onorabilità perduta (visto che in questa vicenda hanno dimostrato di averne zero) è quella di stare un anno gratis sugli scranni di Palazzo Madama e Montecitorio, senza stipendi, indennità e quantaltro. Che se la cantino e se la suonino pure, oltretutto ci farebbero recuperare l’anno che hanno perso correndo addietro alle baggianate di cui sopra. Francamente, chi se ne fregava di sapere se e quante donne avesse avuto il premier. A me interesssava solo che governasse bene, per il bene del paese; il resto lasciamolo fare ai giornalisti gossipari che hanno il buon tempo della Marianna (hanno tempo da perdere).

A proposito del lasciare a pane e acqua (o a pane e cipolla, come forse disse Rutelli) gli onorevoli per un anno, mi viene in mente la vicenda per la nomina del successore di Papa Clemente IV. Il 29 novembre 1268, 19 cardinali entrarono nel palazzo papale di Viterbo, per eleggere il suo successore, ma per ben 2 anni e 9 mesi non riuscirono a mettersi d'accordo. Ci volle la cruenta protesta dei viterbesi, che chiusero a chiave (cum clavem, da cui il termine conclave) i cardinali e i loro seguiti nel palazzo, scoperchiarono il tetto, razionarono le vivande e chiusero i bagni.
Quest'ultima restrizione fece innervosire i cardinali, che protestarono con fermezza e minacciarono scomuniche se non fossero stati subito riaperti quelli che loro definivano "i luoghi comodi".
Infine, sfiniti dalle ristrettezze, il primo settembre 1271, con il procedimento chiamato "compromissum", elessero papa Tealdo Visconti di Piacenza, arcidiacono di Liegi, che si trovava in Terra Santa in pellegrinaggio. Il nuovo pontefice non era nemmeno prete, tanto che prima di essere incoronato con il nome Gregorio X, fu
ordinato sacerdote, nominato vescovo e creato cardinale.
Uno dei primi provvedimenti presi da Gregorio X furono le norme per l'elezione di papi, stabilendo che i cardinali si riunissero entro 10 giorni dalla morte del pontefice, che rimanessero insieme senza contatti con l'esterno e che venissero sottoposti a condizioni sempre più disagiate via via che l'elezione si prolungava.
Nei primi tre giorni il vitto sarebbe stato normale, per passare poi a mezza razione fino ad arrivare a pane e acqua.

(Il testo in corsivo è tratto dal sito Tusciaweb.it)


 

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