Un maestro per imparare a leggere
Era tornato in patria, dunque. Il lascito del Mazzacorati poteva essere anche un tesoro; non gli serviva a niente, per la ragione che si sa (ndr: non sapeva leggere e quindi non poteva leggere la mappa). Quanto a lui, ridotto com'era da mesi di vita alla macchia, farsi scorgere in qualche paese voleva dire essere sospettato e fermato come un probabile malandrino, dei tanti che infestavano la regione. Pure, nascosto in un vecchio tronco l'astuccio (ndr: che conteneva la mappa del tesoro), un giorno si spinse fino al grosso borgo di Codigoro; e come ebbe riconosciuti in una bottega di merciaio dei lunari, pensò che lì sapessero leggere e potessero insegnargli la maniera come s'impara.
Entrò peritoso e con un occhio alla porta. Aveva persa l'abitudine del chiuso e del coperto. Lesse negli sguardi del bottegaio e di alcuni avventori presenti quel che pensavan di lui. E davvero, pareva l'uomo selvatico, che del brutto tempo si rallegra e piange se fa bello.
- Volevo sapere, per gentilezza, - disse, - quanto costano questi lunari, chi volesse comprarne uno.
- Quattro baiocchi, chi li avesse, - rispose il bottegaio, ch'era tondo e grasso, e si dilettava di canzonare il prossimo, e vedendo lui così rispettoso, s'era ingagliardito, e, come suole la gente, dal primo timore era subito passato all'insolenza, strizzando l'occhio a quegli altri.
Scacerni finse di non capire nè vedere.
- E' che bisognerebbe - disse - saper leggere.
- Voi non sapete leggere? - fece quello sfacciato con finto stupore, inarcando le ciglia.
- Sarebbe per una mia nipotina.
- Perchè voi sapete leggere, - insisteva l'altro, prendendolo per melenso. - Basta vedervi, e si dice subito che le vostre scuole dovete averle fatte.
- Per una mia nipotina, - ripetè Scacerni, che a frenarsi sudava già parecchio - che non sa ancora.
- Allora, - disse con degnazione il merciaio, - prima del lunario, compratele un sillabario, alla nipotina. Ecco qua: questo costa dodici baiocchi.
- Non sarebbe per il prezzo...
- S'intende. Che cosa sono dodici baiocchi per un signore? Voi che sapete leggere, con questo libretto insegnate alla nipotina. Le fate da maestro. E ne avete molte nipotine? Una bella famigliuola?
- Già: perchè il libretto, come a dire da solo, senza maestro, non basta mica?
- Si capisce che non basta. A voi.
Gliel'aveva messo sotto gli occhi, a rovescio, e l'ignaro ve li figgeva avidamente, senza accorgersi della malizia.
- E' stampato chiaro, - disse, tanto per dir qualcosa; e sospirò profondamente.
- Vedo che siete dottore: leggete le lettere anche alla rovescia.
Per troppo, era troppo, ma chi pazienta non per paura, è pazientissimo, quant'è insolente il pauroso una volta che crede di poterselo permettere. Così quel bottegaio tondo e lustro. Lazzaro pensava alla virtù e al mistero di quei segnolini difficili, con rispetto e superstizione. Li aveva guardati con tanta intensità e tanto desiderio, che quasi gli girava la testa. Si passò una mano sugli occhi. Non s'era trovato mai in una simile confusione. Guardò l'odioso ometto gongolante e tronfio; gli altri che si divertivano tacitamente alle sue spalle; e si fece umile: sapevan leggere. Adesso sudava freddo, come lo scolaro che non sa la lezione. Disse modestamente, rinunciando a ogni finta:
- Ma da solo, non si potrebbe proprio imparare?
- Lodo la sincerità e la modestia. Provatevi, e vi persuaderete, - rispose con accondiscendenza vanagloriosa il bottegaio letterato e sardonico. - Ecco qua: questa lettera si chiama e si legge A. Leggete.
- A.
- E' la prima vocale, si chiama vocale. Quest'altra si legge B, ma si chiama consonante, seconda lettera dell'alfabeto. Leggete.
- B, - lesse Scacerni; e ripetè, assorto, la lezione: - A, prima vocale; B, seconda lettera dell'alfabeto, consonante.
- Bene. Avete disposizione. Queste, C e D, sono la terza e la quarta lettera.
- Terza e quarta lettera. C e D, ripetè docile.
- Il difficile viene adesso, dopodichè per oggi basterà, per non stancarvi il cervello. Mettete insieme le consonanti e le vocali che avete imparate: così come sta qui, coraggio.
- B, A, - pronunciò stentato Lazzaro fra il divertimento generale; e s'incagliò.
- Vedete il bisogno del maestro? B e A fa Ba. Ripetete e leggete.
- B, A, Ba, - sillabò Scacerni; - C, A, Cia.
- Come Cia? C, A, Ca.
- E perchè mo?
La domanda colse sprovveduto il maestro, che se la cavò come da che mondo è mondo, dicendo:
- Sta scritto nel libro. Volete già dettar legge? C, A, Ca. D, A, Da. Ripetete.
- Bi a ba, ci a ca, di a da, - sillabò Scacerni con docilità e applicazioni così buffe, così contrastanti col suo aspetto, che gli astanti non poterono trattenere le risa. Sorrise penosamente, e:
- Potete ridere, - disse: - avete ragione, perchè voi sapete e io no. Ma se questa che mi fate è una burla, non sta bene, a chi sa, ingannare chi non sa.
Ora gli veniva il dubbio che quei suoni bizzarri fossero uno scherzo per fargli dire una filastrocca scema: bi a ba...Gli montò il sangue alla testa e gli scintillaron gli occhi. Pure si tratteneva ancora.
- Ma che dite: ingannarvi? - diceva con superiorità degnevole il bottegaio. - Quand'uno ha imparato a mettere insieme vocali e consonanti in tutti i modi, sa leggere. Ma non vi crediate sia cosa da niente. Le lettere dell'alfabeto, il mio uomo, sono la bellezza di ventiquattro, due dozzine.
Aveva ripreso tutto il suo ascendente, e la notizia stordiva l'ignorante, e lo sfiduciava:
- Due dozzine...
- Per tutti i versi e in tutte le combinazioni possibili.
- Ecco, - gli confidò vinto Scacerni, - ecco: vi dico francamente che io avrei bisogno di un maestro per imparare a leggere.
Il proposito, in un simile scalzacane ramingo, era così strano, che un nuovo sentimento, al quale del resto era inclinatissimo, dominò nel bottegaio: gli luccicarono gli occhi della più accesa e più indiscreta malizia e curiosità:
- Voi? A leggere? E perchè mai? A che può servirvi? Dunque non sono le nipotine, e nemmeno la cognata, eh?
Traspariva un sottinteso: alla macchia e alla strada, a svaligiare viandanti o a cacciar di frodo, che serviva saper leggere? Non ci voleva altro per rendere a Scacerni la sua dignità. Trasse, senza rispondere, i dodici baiocchi, prese il sillabario, e disse:
- E a voi, quell'uomo, a che serve sapere i fatti miei? Avete mai sentito di quello che sotto la forca domandò: "Il nodo scorre?". Io, fate il caso che se dovessi finire impiccato, vorrei cavarmi il gusto di leggere la sentenza coi miei occhi. E se si trovasse scritto nei libri che voi siete un maestro asino e buffone, vorrei aver la soddisfazione di leggerlo da me. Vi quadra? Sono puntiglioso come quello del nodo, che vi auguro presto.
Il bottegaio durò anni a dire che la più strana fra le strane cose capitate in bottega, era stato un malandrino, un impunito, un brigante, che gli era venuto a comprare un sillabario da dodici baiocchi, per imparare a leggersi la sentenza, quando fosse per andare alla forca. ...
Da: Il Mulino del Po - Riccardo Bacchelli - volume primo, capitolo I, comma III - Mondadori Editore
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