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venerdì, febbraio 24, 2006

In ricordo di Ugo La Malfa

Nei prossimi venti anni l’Italia dovrà dire addio al sogno tanto perseguito da Berlusconi, quello dell’aliquota unica o doppia. Questo avvenimento dovrà comunque essere vissuto con giusta rassegnazione e con grande rispetto per chi ha perseguito quel sogno senza riuscire a realizzarlo.
Nei prossimi venti anni dovranno essere spese energie per la lotta all’evasione fiscale preceduta però dal controllo assolutamente rigoroso della spesa pubblica e dovrà inoltre essere messo ancora maggior impegno nella ricerca di meccanismi di equità nell’imposizione fiscale: condizioni assolutamente indispensabili che daranno un senso e uno stimolo significativo a chi combatterà la lotta all’evasione ma anche per chi ne subirà consapevolmente le conseguenze. Ciò che, bisogna ammetterlo, piaccia oppure no, ha già iniziato a fare questo governo col segnale dato mediante il taglio del finanziamento della spesa pubblica.

Ero ragazzo e sentivo parlare e discutevamo tra coetanei delle epiche battaglie parlamentari di Ugo La Malfa, intransigente critico e controllore dei conti dello Stato. Fu proprio negli anni di sua permanenza in Parlamento e nel Governo che avvenne il “Miracolo Economico Italiano” e che l’Italia vinse il premio simbolico della moneta più stabile e più forte d’Europa, primato che si mantenne, seppure con inizio di incrinature, per ricorsi sempre maggiori al debito estero, fin quasi alla fine degli anni ’70. Ma tutto questo era plausibile e ampiamente condiviso dalla maggior parte: era avvenuta la ricostruzione, si dovevano finanziare le grandi opere e l’Italia era nel frattempo diventata la settima potenza industriale del mondo: per i ragazzi consapevoli di allora, tutto questo era motivo di grande orgoglio e amor di patria.

Il venir meno della forza di contrasto di Ugo La Malfa, e la minore efficacia dei suoi compagni di partito, dalla fine anni ’70 segnò l’inizio dei conti pubblici fuori controllo per l’Italia e con esso le svalutazioni a ripetizione della lira sulle altre monete i cui effetti sono evidenti a tutti. Un esempio fra i tanti: se per un buon appartamento ci volevano 15 milioni nel ’75, ora ce ne vogliono 500.

Nell’ultimo ventennio del secolo scorso, l’Italia ha fatto molto, soprattutto in campo sociale, ma ha anche sprecato e sperperato molto: ce lo dice la storia analizzando fatti ed effetti e l’infallibilità del senno di poi. Non era mai accaduto prima, dall’Unità d’Italia, che il debito pubblico decuplicasse in 20 anni: si è voluto fare il passo più lungo della gamba. Ora per raddrizzare i conti, se vogliamo risalire lentamente la china, dobbiamo rassegnarci a un ventennio di rigore pubblico: quali governi potranno assicurarcelo?
Ecco perché l’addio all’aliquota unica dovrà essere considerata con rispetto per chi non è riuscito e non potrà realizzarla.
E saranno proprio i più ricchi con le loro aliquote marginali, e le altre misure necessarie che ho citato sopra, a rimettere a posto i conti dissestati dello Stato e con essi le sorti del suo futuro.

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