marshall

domenica, febbraio 26, 2012

Un lavoro per Adriano


Parafrasando un titolo della triologia di Bacchelli, La miseria viene in barca, mi viene in mente di parlare della miseria che viene dal globo, di miseria importata dalla globalizzazione. E parlare di difesa ad oltranza dell'Articolo 18, in condizioni di globalizzazione dei mercati, senza però parlare anche di regole uguali per tutti i suoi partecipanti, è come stare a discutere di lana caprina, di argomenti privi di consistenza.
Della crisi, che aveva investito da tempo le vetrerie di Murano, ne aveva già parlato Fausto in un post del 24 febbraio 2010, illustrandone le tre cause: alti costi della  produzione, mancanza di ricambio generazionale, arrivo massiccio di vetro prodotto in Cina. La crisi si è fatta devastante, se ha costretto alla chiusura una vetreria storica di Murano, la Vetreria Elite. Vi lavora un amico di Fausto, il maestro vetraio Adriano (foto sopra, dal blog della Alloggi Barbaria), che resterà senza lavoro, assieme ad altri dipendenti. La ditta chiuderà definitivamente i battenti il prossimo 29 febbraio 2012, e in questa vicenda l'Articolo 18, inteso come vogliono resti i sindacati, non potrà fare proprio nulla. La notizia della chiusura è scritta nell'aggiornamento aggiunto in calce allo stesso post. Con la chiusura anche della Vetreria Elite stiamo assistendo impassibili al progressivo sgretolamento di tutte quelle attività storiche che hanno contribuito a mantenere alto nei secoli il valore del Made in Italy. La graduale morte di tutte le vetrerie di Murano, così come si prospetterebbe, sarà così un altro pezzo della nostra storia che morrà
L'arte dei maestri vetrai di Murano è legata inestricabilmente alla storia di Venezia, e dunque dell'Italia. Ha origini nel 1291 sull'isola, allora disabitata, quando i veneziani vi trasferirono tutte le fornaci cittadine, allontanando così il rischio d'incendi proveniente dalle stesse. Per la storia del vetro di Murano, e alle sue tecniche di produzione, rimando alla consultazione del post sulla lavorazione del vetro di Murano.


Ultime finiture di una coppa di vetro di Murano - dal blog di Fausto

martedì, febbraio 21, 2012

Tutti a casa


Credo siano solo grandi perdite di tempo lo stare a discutere e dibattere continuamente sull'Articolo 18. Il vero problema principale rimane quello di invogliare individui a creare nuove imprese, così che possano assumere nuovo personale. Ma cavillosità, burocrazia, tassazione esasperante non invogliano certo a che ciò avvenga. Si sta ripetendo, in maniera più drammatica, quello che successe alle cartiere italiane negli anni '80, primi '90.
Da un mio annuario risulta che nel dopoguerra c'erano in Italia oltre 400 cartiere, che producevano i tipi più disparati di carte, da quelle per giornali e riviste, a quelle per buste e sacchetti, a quelle per moduli a striscia continua, a quelle per carte da parati, e così via. Ma limitiamoci a queste elencate e andiamo a vedere che fine hanno fatto quelle cartiere.

Nel periodo indicato alcune delle attività menzionate andarono in profonda crisi, e molte aziende del settore furono così costrette a chiudere, fallire o ridimensionarsi. Le insolvenze crebbero esponenzialmente, trascinando nel vortice le cartiere fornitrici. Rifarsi con le esportazioni era praticamente impossibile, non restava quindi che ridimensionarsi e ristrutturarsi. Ma ridimensionarsi fu una pratica impossibile: i licenziati si rivolgevano ai sindacati che proprio in virtù dell'articolo 18 facevano ottenere il reintegro ai loro assistiti. Alle cartiere, per liberarsi della parte in esubero, non restava che la via della trattativa, con offerte di denaro ai malcapitati. Era diventata normalità che chi veniva licenziato chiedesse una buona uscita come minimo di 50-100 milioni di lire, che, grazie all'appoggio dei sindacati, finivano immancabilmente per ottenere. Quelle cartiere col tempo chiusero, lasciando tutti a casa. Sparirono così dal mercato nomi storici come Binda, Sottrici, Sterzi, Donzelli, Vita Mayer.  

Foto: ex Cartiere Binda - dal sito EuroMilano - Progettare la Trasformazione

domenica, febbraio 19, 2012

Archeologia a Villa Monastero



Filmato e descrizione caricato da

Il nome ricorda l'origine della villa: un antico monastero di suore cistercensi soppresso nel 1567 e acquistato due anni dopo da Paolo Mornico di Cortenova in Valsassina. Fu Lelio, figlio dell'acquirente, a trasformare agli inizi del Seicento il convento in una signorile residenza, che rimase proprietà della famiglia Mornico fino a metà dell'Ottocento.
Ampie trasformazioni dell'architettura e del parco furono apportate dai successivi proprietari, in particolare dal tedesco Walter Kees, che l'acquistò alla fine dell'Ottocento, e da Marco De Marchi, che ne entrò in possesso nel 1925 dopo la confisca avvenuta durante la prima guerra mondiale.

(Tratto dal libro "Ville e giardini del Lago di Como" Enzo Pifferi Editore).
----------------------------------------
Gli anni '60 furono un periodo assai fertile per l'archeologia lariana. Nella splendida cornice di Villa Monastero a Varenna, si tennero infatti una serie di convegni per fare di volta in volta il punto della situazione. Di quelle riunioni furono registrati gli atti confluiti poi in volumi a stampa, sicuramente ancor oggi pietre miliari per i pionieri dell'archeologia. Ho passato l'estate del 2010 su uno di quei volumi dedicato alle Fortificazioni del Lario, e alcuni dei pezzi che mi avevano attirato maggiormente li ho poi riassunti nei post Musso e il Medeghino e Forte Fuentes

Non sono studioso di archeologia in senso lato, però mi ha sempre affascinato il piacere della scoperta. Negli anni in cui si svolgevano quella serie di convegni a Villa Monastero, io ero intento a leggere il libro La scoperta di Troia, scritta dallo stesso archeologo Heinrich Schliemann.



Più tardi mi venne la passione per la civiltà Egizia dei Faraoni, ma questa è un'altra storia, riscandagliata nel più recente passato assieme a Marcello  .

giovedì, febbraio 16, 2012

Negozi che riaprono


La Barca di Venezia riapre

In tempi come questi, la notizia diffusa in rete da Fausto M. ha del sensazionale.  Una  notizia  che  è anche di buon auspicio per tutti i bambini italiani che nasceranno in questo periodo:  quando saranno grandi, l'Italia sarà forse migliore.
Neanche un mese fa dedicai un post a tutti quei piccoli negozi che sono costretti a chiudere. Diedi così notizia della chiusura di quel tipico negozietto veneziano di frutta e verdura, La Barca, famoso soprattutto per quei turisti in cerca di location di famosi film. E il negozio La Barca, della famiglia Tiozzo, era diventato celebre per aver fatto da cornice ad una famosa scena nel film Indiana Jones e l'ultima crociata  (in questo post il video amatoriale di un turista a Venezia in cerca di location del film).



Il negozio La Barca era stato gestito ininterrottamente per 63 anni, fin dal 1947, dalla famiglia Tiozzo. Il 24 dicembre scorso il negozio fu costretto a chiudere per raggiunti limiti di età. Il celebre negozio, molto ben avviato, non trovava elementi giovani disposti a proseguire l'attività. Fare il fruttivendolo è infatti un lavoro duro, che implica gravosi sacrifici: levatacce mattutine per recarsi nei mercati ortofrutticoli a procurare i prodotti da mettere sui banconi per la vendita.



La notizia fantastica è che lunedì 13 febbraio 2012 il negozio La Barca ha ripreso l'attività. Dopo solo 50 giorni dalla chiusura, i veneziani, sgomenti per la chiusura di un loro simbolo, hanno trovato il modo di fargli riavviare l'attività, individuando nei tre giovani subentrati i degni sostituti dei signori Tiozzo.  

In tema di chiusura generalizzata dei piccoli negozi, questa è una gran bella notizia, degna di essere fatta conoscere. 
------------

Foto tratte dal blog della Alloggi Barbaria Venezia, per gentile concessione

mercoledì, febbraio 15, 2012

Tassazione dividendi azionari

Dicono che Victor Uckmar sia il più famoso fiscalista e tributarista italiano, e questa settimana Rai 1 gli sta tributando l'onore di ritagliargli uno spazio di 5 minuti al giorno, all'interno della rubrica TG1 Economia.
Sono però rimasto perplesso da quanto gli ho sentito dire ieri. Secondo lui i redditi da dividendi andrebbero tassati per almeno il 50%, anzichè il 20% come sarebbe tuttora. E dico sarebbe perchè in realtà tale tipologia di redditi in capo a piccoli azionisti subisce già una tassazione secca del 47,5%, indipendentemente dal reddito di ciascuno. Al 20 % che si paga all'atto dell'incasso, bisogna infatti aggiungere un 27,5% che le società pagano sull'Utile Lordo, prima di distribuire il dividendo. Sono quindi perplesso per questa affermazione, fatta oltretutto da un luminare del settore (vedi al link L'imposta sui profitti societari - l'IRES). In pratica credo si auspichi che i redditi da dividendo vengano tassati per intero una seconda volta; il che sarebbe troppo.

Faranno quindi il bene del paese quei tributaristi che non seguiranno Uckmar su questa strada, perchè ciò provocherebbe l'allontanamento definitivo dei piccoli risparmiatori dall'investimento azionario.

martedì, febbraio 14, 2012

Comparazioni

Ricevo e pubblico:  

Comparazioni 

Stati Uniti 
Abitanti 300.000.000  
Senatori 100
Deputati 435                                                

Italia
Abitanti 60.000.000
Senatori 315
Deputati 630                                       

Se negli Stati Uniti facessero come noi, avrebbero:
Senatori 1575
Deputati 3150

Se in Italia facessimo come negli Stati Uniti, avremmo:
20 senatori
87 deputati

Chissà come staremmo tutti meglio !!!

lunedì, febbraio 13, 2012

Cultura finanziaria 11

Dai commenti n. 97 e 98 di No Caste del post di Nessie Dobbiamo fermarli!
Non conoscendo di greco e di latino, nè tanto meno, o solo superficialmente di filosofia, il motivo del contendere con No Caste è nato da una mia errata interpretazione del termine nihilo, che d'acchito ho semplicisticamente tradotto in nulla, e da lì è venuto fuori il creare moneta dal nulla. Se non fossi andato su Wikipedia sarei ancora lì a chiedermi come si possa sostenere per valido il principio secondo cui per risolvere i problemi causati dall'enorme debito pubblico italiano basterebbe aumentare la base monetaria attraverso la "creazione" di nuova carta moneta circolante. In buona sostanza, il commentatore che avesse voluto farsi intendere immediatamente da una più vasta platea, avrebbe dovuto esprimersi con maggior semplicità, esponendo il pensiero filosofico che sta alla base del suo ragionamento:  "Non riceverai mai nulla dalla vita se non darai qualcosa in cambio".

Vengono pertanto qui trattate questioni relative a:
- creazione di denaro ex nihilo
- banche centrali pubbliche o banche private autorizzate a produrre banconote e coniare monete?

""Come scrive Silvio (ndr: altro blogger di cui al post Sovranità monetaria), in questa materia una richiesta di chiarimenti o una semplice replica, rischiano sempre di partorire una valanga di parole, finendo inevitabilmente per “appesantire” il Blog (che dovrebbe essere “dinamico”), col risultato di ...

- La creazione di denaro “dal nulla” la evocate, implicitamente, tu e Johnny 88 quando paventate il rischio di ritrovarsi un giorno con le tasche piene di foglietti colorati privi di valore e in stato di iper-inflazione.
Come si potrebbe arrivare a questo se non – appunto – “creando” denaro dal nulla, senza una reale garanzia in deposito? Solo, dimenticate che dal 1971 in avanti QUESTA è la regola (con i risultati che tutti possiamo verificare). E dunque rinnovo la mia domanda: perché negare agli Stati ciò che si concede con tanta facilità a privati cittadini (i proprietari delle Banche Centrali) i quali hanno in vista solo il proprio interesse?
- ...

Mi permetto di ricordare che la creazione di denaro ex nihilo non è una supposizione, ma un FATTO, illustrato da filosofi ed economisti talmente poco “eretici” da guadagnarsi il premio Nobel.
E riconosciuto da lord William Paterson, fondatore della Banca d’Inghilterra: «Il Banco lucra gli interressi sul denaro che crea dal nulla», frase riportata alla voce “Banca” dell’Enciclopedia Britannica, non sul Mein Kampf di Adolf Hitler...

- A mio modesto parere, non si può scindere il tema del debito, da quelli della sovranità monetaria e della proprietà della Banca Centrale.
Il Giappone gode di una soltanto “parziale” sovranità monetaria, essendo la sua Banca Centrale di proprietà privata. Ma già questo gli concede vantaggi che noi non possiamo neppure sognarci: concordare la “creazione” di denaro (piaccia o meno, è questo il tema centrale), i tassi di interesse e il cambio. Ciò che lo pone al di fuori della speculazione che investe gli Stati dell’eurozona, i quali affidano la propria sovranità ad un Istituto artificioso e anomalo.
Pur con tutti i suoi problemi, e al contrario di noi, il Giappone è al riparo dai pescecani, nonostante il debito al 200% del Pil. L’Argentina, viceversa, fallì avendolo al 60%. La differenza tra i due Stati consiste in questo: il primo è sovrano (benché parzialmente); il secondo aveva delegato la sua sovranità alla Fed, come noi l’abbiamo delegata alla Bce.

Non volevo mancare di rispetto né a te, né alla “casalinga di Voghera”: ammiro tutte le casalinghe italiane e i loro sforzi per conciliare il pranzo con la cena.
Lo affermo “pour cause”, avendo dovuto intaccare per il terzo anno consecutivo i miei sudatissimi risparmi.
Intendevo solo esprimere, e lo ribadisco, che ritengo la natura del debito un po’ più complessa di come viene solitamente raccontata.
Ad esempio, una persona dotata di normale discernimento è portata a ritenere le banconote circolanti in Italia una “ricchezza” e non un “debito”. Invece non è così, stante che il suo ammontare viene messo in bilancio come “passivo” dello Stato nei confronti della Bce. Anche questo è debito, anzi: è “signoraggio”...

- Per inveterata abitudine cerco di tenermi lontano – quando possibile – dai luoghi del malaffare. Sicché non ho bazzicato la Borsa neppure per tre secondi...
Ma mi sconcerta sapere che chi ha con essa una frequentazione trentennale non riesca ad interpretarne gli “orientamenti”, pur dotato di tanta esperienza. Significa che non c’è nulla di razionale e che la strombazzata capacità di auto-regolamentarsi del “mercato” è solo una balla da raccontare ai gonzi. E in realtà è tutto in mano a un pugno di biscazzieri che fanno e disfano a loro piacimento.

Viviamo in un’epoca di passaggio e di grandi mutamenti, a scorno di chi – appena qualche anno fa – profetizzava la fine della Storia.
Io stesso (malgrado abbia cominciato a battermi da quando sedevo sui banchi di scuola) non ho ancora capito se siamo alla vigilia del trionfo totale della Grande Bestia o stiamo assistendo al suo scalciare selvaggio prima dell’agonia.
Certo è, comunque vada a finire, che “dopo”, niente sarà come prima.""

sabato, febbraio 11, 2012

Dervio


Ricevo e pubblico.
Di Angela Acerboni
Notizie storiche su Dervio, correlate al post La via del ferro.

Anticamente Dervio era popolata dai Liguri ai quali fecero seguito i Celti e, nel II secolo a.c., i Romani. Questi ultimi valorizzarono il territorio e lo difesero costruendo fortificazioni come quella di Castelvedro. Dopo la caduta dell'Impero romano si instaurarono a Dervio le popolazioni longobarde. All'inizio dell'anno 1000, con la costituzione delle pievi, Dervio passò sotto l'amministrazione della Chiesa di Milano. Nel Medioevo Dervio e Corenno diventarono borghi, in quanto comuni liberi e cintati da mura. Tra il 1384 e il 1389 vennero redatti gli Statuti di Dervio, con i quali vennero dettate precise regole sulla vita civile e sociale. Dervio restò al Ducato di Milano fino al 1500, secolo in cui vi furono anni di dominazione spagnola
Nel 1630 i Lanzichenecchi invasero il territorio, portando la peste che decimò notevolmente la popolazione. Negli anni seguenti si impossessarono del territorio i francesi al comando di Napoleone e quindi gli austriaci. Con l'Unità d'Italia, proclamata nel 1861, e soprattutto grazie all'operosità dei cittadini, Dervio conobbe un notevole sviluppo industriale.
Eventi Festival Internazionale del cinema d'animazione e fumetti;E' una manifestazione che si svolge tutti gli anni dal 1999 e che richiama una grande quantità di pubblico e di ospiti importanti da tutto il mondo.
Festa Ss. Pietro e Paolo;E' la patronale. Si celebra il 29 giugno.

Da vedere a Dervio
Luogo Note Aggiuntive
Castello di Dervio Detto anche Castello di Orezia, viene citato per la prima volta in documenti del 1039-1040. Apparteneva alla famiglia Cattaneo che, nel 1377, cedette a Dervio terreni e beni.
Castello di Corenno Risale al XIV secolo e apparteneva alla famiglia Androni.
Chiesa dei Ss. Quirico e Giulitta L'edificio esisteva già nel 1814. E' stato dichiarato monumento nazionale grazie al suo campanile risalente all'XI secolo e conservato in ottimo stato. Presso l'altare si può ammirare un dipinto in cui sono rappresentati Giulitta e Quirico come madre e figlio, entrambi martirizzati per non aver rinnegato la fede cristiana
Arche Andriani Si trovano nella frazione di Corenno. Si tratta di tre arche funebri del XIV secolo e realizzate per i membri della famiglia Andriani
Casa magni in Villa E' una casa patrizia appartenuta alla famiglia Magni presente a Dervio dal XVII secolo
Affreschi della chiesa di Corenno Si trova nella chiesa di S. Tommaso di Canterbury, edificio risalente al 1290 circa. Tali affreschi, di grande valore artistico, risalgono al XIV e XVI secolo
Castelvedro In località Mai si trovano i resti di un'antica fortificazione risalente al V-VI secolo costruita per contrastare la discesa dei barbari
Fiume Varrone Il corso d'acqua nasce dal Pizzo Tre Signori e, a monte dell'abitato di Dervio, presenta un letto vario e interessante situato in un contesto naturalistico di notevole interesse.

  

giovedì, febbraio 09, 2012

Il deficit spending positivo

Nel commento di SILVIO, di cui al post precedente, c'è un passaggio, questo...

Il “deficit spending positivo” (che equivale alla distribuzione di ricchezza netta da parte dello Stato a beneficio della comunità) è praticamente illimitato (a meno che non emergano fenomeni inflattivi dovuti a diminuzione della produzione) se c'è la volontà politica di porlo in essere, poiché la creazione di nuova moneta è fatta ex-nihilo, pigiando bottoni o stampando moneta cartacea e metallica. Svantaggi = 0% - Vantaggi 100%.

...spiegabile con un fatto storico avvenuto nel XVI secolo sulle sponde occidentali del lago di Como, raccontato nel post Musso e il Medeghino, ed è in linea col commento. In pratica il Medeghino aveva creato due zecche, a Musso e a Mesozzo

nelle quali vi produsse monete in profusione, tante a seconda del bisogno di moneta circolante, per sostenere il "giro d'affari" dell'economia in continua crescita.

mercoledì, febbraio 08, 2012

Sovranità monetaria

Sarò inesperto in materia, ma il commento qui sotto, di Silvio, a me indirizzato tramite questo post di Nessie, non mi convince del tutto. Par quasi di capire che agli stati sovrani venga concessa la possibilità/diritto di autofinanziare all'infinito il proprio debito, stampando carta moneta. E il tutto, magari e/o apparentemente, senza pagare pegno. Se così fosse mi chiedo allora a che servirebbe arrabattarsi e lavorare.
"...sono convinto che  Marshall, se conoscesse a fondo il meccanismo di emissione della moneta “fiat” sovrana da parte di uno Stato (in coordinamento con la Banca Centrale pubblica) come la Svizzera (che ha sovranità monetaria quasi totale), non scriverebbe quello che ha scritto.

Il “deficit spending positivo” (che equivale alla distribuzione di ricchezza netta da parte dello Stato a beneficio della comunità) è praticamente illimitato (a meno che non emergano fenomeni inflattivi dovuti a diminuzione della produzione) se c'è la volontà politica di porlo in essere, poiché la creazione di nuova moneta è fatta ex-nihilo, pigiando bottoni o stampando moneta cartacea e metallica. Svantaggi = 0% - Vantaggi 100%.

Pertanto, negli Stati a moneta “fiat” sovrana, il “debito pubblico” non corrisponde a debito ma a trasferimento di ricchezza dallo Stato al sistema economico-finanziario e ai cittadini.
Corrisponde invece effettivamente a DEBITO solo nei sistemi taroccati dagli oligarchi (esempio: l'Eurozona) ove la moneta non è sovrana ma appartenente alle cosche private globali.

Per quel che riguarda gli Usa, UK e Giappone (che hanno sovranità monetaria parziale con Banche Centrali private) il guaio in cui versano i loro popoli consiste nel fatto che i relativi governi hanno deciso di adottare (su ordine degli squali finanziari) il “deficit spending negativo” (aggravato dal pareggio di bilancio) fatto apposta per finanziare Wall Street e lasciare quasi a secco Main Street e i cittadini (oberandoli poi con tasse e balzelli di ogni genere)."


Vi è però, sul debito pubblico italiano, una verità sconcertante incancrenita. Una amara verità che da almeno quaranta anni porta allo scontro non troppo velato tra evasori e dissipatori di risorse pubbliche. La loro logica è sempre la seguente: perchè pagare le tasse, se poi tra gli amministratori del denaro pubblico c'è chi ne approfitta per arricchirsi furbescamente alle nostre spalle? L'ultimo caso superscandaloso è quello che vede coinvolto Lusi della ex Margherita, e magari dietro al suo paravento chissà quanti altri. Il numero di tali generi di furti e rapine li ha dati ieri sera a Ballarò Giacomo Vaciago, il quale, snocciolando dati di organismi internazionali, ha detto che le nostre operte pubbliche, a parità di lavori, costano il 30 % in più che in altri paesi; e che a qualunque livello di assessorato esistono regalie e tangenti tali da far lievitare gli effettivi costi. L'arringa di ieri sera Giacomo Vaciago l'ha conclusa dicendo che per tutti questi si dovrebbero spalancare le porte delle patrie galere.


 

Heracleum blog & web tools