marshall

venerdì, febbraio 25, 2011

Là dove il Tempo si è fermato

Sarcastycon, al secolo Marcello, non è più tra noi, ora è là dove il Tempo si è fermato.

Mi hanno dato la triste notizia i suoi familiari, ai quali vanno le mie più sentite condoglianze.
In attesa di pubblicare un post molto più articolato sulla sua figura di ardente e appassionato vignettista, ma anche di studioso di grande cultura - che ha dimostrato di possedere attraverso i suoi altri blog - pubblico queste vignette prelevate a caso dalla sua ricca raccolta d'immagini, che è da considerarsi a tutti gli effetti un ricco archivio dei fatti più salienti avvenuti nella vita politica italiana degli ultimi cinque anni.

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In memoria di Marcello ho pubblicato questo post

domenica, febbraio 20, 2011

I costi/sprechi della cultura

Non ho mai fatto il copia incolla di tutto un articolo di altri, ma questo è talmente benfatto che lo copio integralmente senza modificarlo di una sola virgola. Lo copioincollo così com'è, anche per poterlo inviare a nome mio a certi amici politici che hanno bisogno di tutto il "nostro" forte sostegno.

Dal sito Il Culturista

E’ giusto pagare “ingaggi” a cinque zeri per gli interventi televisivi dei soliti guru della cultura/comunicazione nostrana ? Per essere ancor più espliciti: è corretto, professionalmente ed eticamente, sborsare, come ha fatto “Mamma Rai”, 250.000 (duecentocinquantamila) Euro a Roberto Benigni per spiegare all’italica gente il significato dell’Inno di Mameli ?

La cifra pagata appare francamente sproporzionata rispetto all’impegno del pur bravo attor/comico, che – tra qualche scontata battuta antigovernativa, molta facile retorica patriottica ed un evidente saccheggio di Wikipedia – ha intrattenuto per circa mezz’ora il pubblico dell’Ariston e quello radiotelevisivo.

Ciò che stride di più, nel lucroso impegno di Benigni e di tanti attor /comici come lui, con il cuore a sinistra ed il portafoglio ben attento ai propri affari, è il loro moralismo politico, il “birignao” lacrimevole sui tagli di bilancio e sugli attacchi (da destra) alla cultura, il loro atteggiamento di “precari” dello spirito.

Vittime di facciata, in realtà essi continuano a utilizzare al meglio le loro rendite di posizione, costruite dopo anni di erosione (da sinistra) dell’egemonia culturale, sfruttando abilmente il mezzo televisivo (pubblico e privato), il consenso della grande stampa, gli immancabili appoggi politici (a sinistra) e la dabbenaggine di certa destra, psicologicamente prona nei loro confronti.

E’ accaduto per Benigni, ma accade ogni sera, per personaggi come la Dandini, Fazio, Saviano, la Cortellesi, Crozza, autentiche punte d’iceberg di una presenza costosa, invasiva, economicamente sproporzionata (per il loro reale valore) di centinaia di autentici “assistiti” della cultura.

Nella lista ci mettiamo – tanto per essere chiari – tutti quegli attori, registi, cantanti, affabulatori, opinionisti che, con ingaggi pesanti, dispensano cultura e faziosità, confondono ruolo civile e partigianeria, mischiando – come si dice – l’utile ed il dilettevole, a spese dell’erario, quindi di tutti gli italiani.

Da qui una proposta provocatoria. Sulla scia dell’inizitaiva del Ministro Brunetta, che ha pubblicato, sui siti della P.A., gli stipendi dei burocrati di Stato, perché non rendere trasparenti anche gli “ingaggi” dei guru della cultura nostrana ?

Sarebbe un’operazione trasparenza, questa sì di grande valore morale, nei confronti soprattutto dei cittadini/contribuenti, di tutti i cittadini/contribuenti (di destra e di sinistra) che sono i loro veri impresari. E sarebbe forse anche l’occasione per iniziare a “calmierare” certi ingaggi, guardando, con rispetto, all’Italia della precarietà, dei salari e delle pensioni al minimo. Meno retorica “sociale” insomma e un po’ più di autentica, reale sobrietà, a cominciare dagli esempi personali.


MARIO BOZZI SENTIERI

mercoledì, febbraio 16, 2011

Le donne di Re Salomone

Re Salomone si circondò di molte donne, 700 per la precisione, ma nessuno si sarebbe sognato, nè si sognerebbe oggi di mandarlo sotto processo perchè ebbe così tante donne, altrimenti rischierebbe di creare l'immagine di un ulteriore squilibrato; ciò che nessuno, ovviamente, si sognerebbe di fare.
Mi fa pertanto ridere il fatto che vogliano processare Berlusconi, perchè si dice o si comprovi che egli abbia portato a letto tre donne, peraltro carine, e alle quali poi possa anche aver fatto dei regali.
Ebbè, cosa ci sarebbe di strano, direbbero in qualche parte d'Italia!
Ecco perchè la questione fa ridere (Fantozzi direbbe che è una boiata pazzesca), e fa più male che bene all'Italia, perchè adesso gli stranieri rideranno di noi anche per quello.

Dal sito: Salomone e il suo amore umano

“Or il re Salomone, oltre la figlia di Faraone, amò molte donne straniere: delle Moabite, delle Ammonite, delle Idumee, delle Sidonie, delle Hittee, donne appartenenti ai popoli dei quali l’Eterno aveva detto ai figlioli d’Israele: Non andate da loro e non vengano essi da voi; poiché essi certo pervertirebbero il vostro cuore per farvi seguire i loro dei. A tali donne s’unì Salomone nei suoi amori. Ed ebbe 700 principesse per mogli e 300 concubine” (1 Re 11:1-3).

La concupiscenza di Salomone cresce a dismisura, nella sua vita, infatti, il piacere carnale prende decisamente il sopravvento sull’amore genuino. Disubbidisce ripetutamente alla legge di Dio, perché quando la carne è libera di agire “è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla legge di Dio, e neppure può esserla” (Romani 8:7). Salomone, dominato dal potere della carne, non può, quindi, gradire a Dio, né manifestare amore per Dio, perché “quelli che sono nella carne, non possono piacere a Dio” (Romani 8:8).


Questa ed altre informazioni al riguardo le potrete apprendere dal post di Nessie:
Ostellino: vivere in Russia, pardon al Corriere.
Ma soprattutto dal link indicato in calce al post, questo, invitandovi ad ascoltare l'intervento dei vari ospiti della manifestazione. E' un link dal quale avrei appreso il fatto storico delle 700 donne di Re Salomone.
Aggiornamento
C'è un personaggio che avrebbe superato Re Salomone in numero di donne avute, Don Giovanni, dell'omonima opera lirica di Mozart. Nell'aria Madamina il catalogo è questo, qui magistralmente interpretata da Ferruccio Furlanetto nella parte di Leporello, il segretario tuttofare di Don Giovanni elenca alla "malcapitata" Donna Elvira il numero di donne possedute dal suo padrone in giro per l'Europa. La mette sull'avviso che nella sola Spagna sono già 1003, in Italia sono già 640, in Francia 100, in Turchia 91, e in Almagna 231.

lunedì, febbraio 14, 2011

Viaggio in Sicilia (decima parte)


Palermo, piazza Pretoria, da Wikipedia
La visita che feci a Palermo dal 30 dicembre 1980, fino al giorno di Capodanno del 1981 sarebbe stata ben più coinvolgente se a quel tempo avessi già avuto più precise cognizioni di quanto era avvenuto in quella città nei secoli XV, XVI, XVII: una grande rivoluzione urbanistica e di abbellimento cittadino che aveva richiamato maestranze qualificate, soprattutto architetti, scultori e pittori, ma anche muratori, carpentieri e manodopera comune dai paesi dell'Alto Lario; gente in cerca di lavoro, alquanto carente a quell'epoca nella loro terra. E fu così che in quel periodo avvenne quella famosa immigrazione all'incontrario dal Lario verso Palermo, durante il quale molti abitanti dell'Alto Lario si trasferirono, soprattutto a Palermo, lasciando di fatto vuoti e disabitati i loro borghi di montagna. Credo pertanto non azzardato affermare che in quel periodo i paesi di montagna dei circondari di Dongo, Gravedona e Gera divennero di fatto dei paesi fantasma. In virtù di quel lungo periodo migratorio possiamo anche ben dire che molti dei siciliani attuali hanno sicuramente antiche origini lombarde, perchè da Palermo detti immigrati sicuramente si espansero poi per tutta la regione, contribuendo anch'essi al forte incremento demografico sviluppatosi nell'Isola in quell'epoca. Quell'evento migratorio prolungato, e fatto su larga scala, in questo caso renderebbe plausibile la creazione di un gemellaggio tra le due regioni, Sicilia e Lombardia, o quantomeno tra le due province di Palermo e Como; istituzione che, in questo caso, sarebbe supportata da quegli antichi forti legami di sangue.

C'è un libro, La Signora della Pittura, Sofonisba Anguissola, scritto magistralmente da Daniela Pizzagalli, la quale ogni anno pubblica la biografia di una grande donna di quelle epoche, ma cadute poi lentamente nel quasi dimenticatoio, che descrive assai bene la Palermo del periodo di cui stiamo narrando. Le sue descrizioni sono magniloquenti, così come lo è stato nel caso della storia di Correggio agli inizi del '500. La descrizione che fa di Palermo di quell'epoca è anch'essa talmente accurata, che non mi resta che trascriverla integralmente, confidando nel fatto che l'autrice mi abbia tacitamente ad accordare il permesso di pubblicare il suo seguente brano.

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""Chissà se anche Sofonisba Anguissola, sbarcando a Palermo, sentì nell'aria quella fragranza di violette che il Falzello, nel suo De Rebus Siculis pubblicato nel 1558, assicurava deliziasse tutti i visitatori: un effetto del sale marino scaldato ai raggi del sole cocente.
Dal congestionato traffico del porto, sulle cui banchine si riversavano preziose merci da tutto il mondo, comprese di non essere arrivata in una languida periferia dell'impero, ma nel cuore del Mediterraneo, in un attivo centro di smistamento e di scambi animato da una società colta e raffinata.
Don Fabrizio de Moncada era probabilmente ad attenderla sul molo e Sofonisba , superato l'imbarazzo del primo incontro grazie al suo carattere estroverso e all'esperienza in ogni codice di comportamento, si lasciò guidare, emozionata e curiosa, alla scoperta della sua nuova patria.
La bella città murata si ergeva su mille stratificazioni: a causa della sua posizione strategica sicani, elimi, greci, fenici avevano successivamente popolato quella collina perpendicolare alla linea di costa, situata nella parte più interna di un ampio golfo protetto dai venti, dove gli approdi erano facilitati dalla presenza di due corsi d'acqua, uno a nord, il Papireto, alimentato da numerose sorgenti, l'altro a sud, il Kemonia, a carattere torrentizio.
La prima grande cinta di mura, sulla sommità della collina, era stata cartaginese e risaliva al sesto secolo a.C. La città fu poi conquistata dai romani, dai bizantini e dagli arabi, che ne fecero nel decimo secolo una capitale.
In questo ruolo Palermo aveva vissuto uno sviluppo urbanistico intenso e complesso; all'antico nucleo sulla sommità dell'altura, chiamato dagli arabi al-Kasr, poi il Cassaro, si aggiunsero altri quartieri, costruiti sulle rive dei due corsi d'acqua. L'emiro si era insediato presso il porto, nella cittadella a quattro porte della Kalsa, ma il Cassaro restava il fulcro della città, con la "via marmorea" fiancheggiata dai palazzi delle famiglie più importanti e da moschee, tra cui la stessa cattedrale, trasformata in luogo di culto islamico.
Con la conquista normanna dell'undicesimo secolo il Cassaro era tornato a essere il centro pulsante della città, con il palazzo reale degli Altavilla e le abitazioni della nuova classe dirigente feudale, mentre l'area del porto veniva ripartita tra le varie comunità dei mercanti marittimi, le "nazioni" degli amalfitani, dei pisani, dei genovesi e anche di gruppi stranieri.
Il riassetto del circuito difensivo, tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo, aveva inglobato stabilmente anche le zone abitate oltre il Papireto e il Kemonia. Con la conquista francese dell'Italia meridionale da parte degli angioini, Palermo aveva perso il ruolo di capitale a favore di Napoli, recuperandolo dopo la guerra dei Vespri con l'occupazione aragonese. Sotto la dinastia aragonese furono introdotti in Sicilia criteri di razionalizzazione amministrativa e di trasformazione edilizia.
Il re di Spagna Ferdinando d'Aragona nel 1482 accordò al pretore di Palermo il permesso di demolire strade e piazze "per ornamento e decorazione" della città, che all'inizio del Cinquecento fruì anche del rifacimento della cinta muraria secondo la nuova tecnica di baluardi e fossati.
In una città che viveva da vicino tutte le vicende militari mediterranee, negli anni di massima tensione tra l'impero spagnolo e quello turco, era necessaria una radicale opera di ristrutturazione urbanistica. L'impegno per il rinnovo della cinta fortificata predominava negli intenti dei vari vicerè che si succedevano, a partire da Ferrante Gonzaga che poi, trasferito a Milano, avrebbe portato avanti lo stesso progetto.
La potente cinta bastionata, i cui lavori si sarebbero protratti fino a metà Seicento, avrebbe inglobato la Cittadella realizzata sull'antico Castello a Mare (
http://www.youtube.com/watch?v=A3jtGfyyavU), sconvolgendo l'assetto urbanistico. La funzione di piazzaforte comportava un adeguamento degli spazi pubblici e una diversa dislocazione delle sedi politiche e militari.
Il vicerè Giovanni de Vega a metà del Cinquecento installò la sua sede nell'antico palazzo reale normanno, attorno al quale fu creata una spianata, fiancheggiata dal nuovo quartiere militare spagnolo.
Sempre motivazioni di carattere militare spinsero nel 1565 il muovo vicerè Garcia de Toledo a gettare le fondamenta di un grandioso porto verso nordovest, separato dalla città, e nel '67 ad ampliare e rettificare la via del Cassaro, per prolungarla poi in linea retta fino alla Marina, con un corposo sventramento nel tessuto medioevale.
Si era così compiuta una vistosa operazione urbanistica che, in stretta connessione con i lavori di fortificazione, rinnovava profondamente lo spazio centrale della città, creando un asse longitudinale di comunicazione che in onore del vicerè si chiamò via Toledo (
ora Corso Vittorio Emanuele), con funzione anche cerimoniale di alta rappresentanza, lungo il quale si disposero le piazze con le principali istituzioni cittadine e i più prestigiosi edifici nobiliari e religiosi.
Nel 1567 veniva aperta la piazza che prese il nome dalla famiglia Bologni, tra la cattedrale e la piazza del Pretorio, dove a sua volta il governo municipale rinnovò la propria sede, spianando la piazza per rivolgere su via Toledo il fronte del Palazzo senatorio.

La strada rettilinea, nata con chiari requisiti strategici, restò dominante anche quando sotto il vicerè successivo, Marcantonio Colonna, insediatosi nel '77, divennero meno impellenti le esigenze militari: dopo la vittoria di Lepanto, alla quale lo stesso Colonna aveva validamente contribuito, la minaccia turca sembrava allentata.
L'intera Sicilia viveva un periodo di prosperità. Se all'inizio del Cinquecento contava poco più di mezzo milione di abitanti, a metà del secolo era arrivata a ottocentomila: solo a Palermo, la popolazione era passata da venticinquemila a centomila anime.

L'assetto sociale cittadino presentava l'incontrastato dominio dell'élite nobiliare che, facendo parte del Parlamento, era costretta a risiedere nella capitale, rinsaldando così i legami tra Palermo e i feudi rurali disseminati in tutta l'isola. La classe baronale viveva con magnificenza, accumulando forti redditi dalle proprietà terriere, la cui produzione agricola era molto richiesta sui mercati internazionali.
La voce principale dell'esportazione era il grano, ma erano in forte espansione anche la coltura della vite, quella del gelso, con un importante commercio di seta greggia, e quasi altrettanto sviluppata quella dello zucchero di canna. I "trapetti" siciliani, cioè le manifatture in cui si bolliva il succo delle cannamele per trasformarlo in zucchero, erano i più antichi d'Europa, impiantati al tempo della dominazione araba, ma stava avanzando la concorrenza estera, soprattutto degli olandesi che, giovandosi del lavoro degli schiavi nelle colonie, producevano zucchero a prezzi imbattibili.
La nobiltà terriera aveva reso fastoso lo stile di vita cittadino, moltiplicando feste e celebrazioni, delle quali la trionfante Chiesa postridentina tendeva, come nel resto dell'Italia, ad assumere l'iniziativa e la guida, coinvolgendo tutta la popolazione. La competitività con cui le corporazioni artigiane e le diverse nazioni dei mercanti costruivano chiese e cappelle dimostra l'influenza delle istituzioni ecclesiastiche nella vita della città.""

28/5/2012  Il nome della Signora della Pittura, Sofonisba Anguissola, è stato inserito dopo la pubblicazione del post Sofonisba Anguissola e il suo tempo .

giovedì, febbraio 10, 2011

La fuga degli intellettuali dal Fli

In vista dell'assemblea costitutiva del nuovo soggetto politico Fli, in programma tra domani 11 febbraio e domenica 13, sono già previsti diversi abbandoni, come si legge dall'articolo recensito da Eleonora, che ha per titolo Fli-flop?. Dall'articolo, pare che le maggiori intenzioni di abbandonare il Fli provenga dalle migliori teste del partito, i cosiddetti intellettuali, la cui fuga metterebbe in seria discussione la loro esistenza, così almeno per come si sarebbero presentati a settembre scorso. Senza di loro, dicevano a più voci, l'Italia sarebbe precipitata nel baratro. Mi diedero l'impressione dell'armata Brancaleone che si era presentata come salvatrice della patria: senza di loro ci sarebbe stato il diluvio. Ma che invece non sarebbero durati a lungo, come starebbero a dimostrare le disdette dei vari intellettuali, le cosiddette teste pensanti, sembrava già scritto al momento della loro fondazione. E pare che anche Donna Assunta sia del mio parere, se leggiamo tra le righe di quanto ha detto all'intervistatore Giuseppe Cruciani, nel programma di Radio 24, La Zanzara, di qualche sera fa.
Il Fli ha basato la sua linea politica tutta sull'antiberlusconismo, anzichè sui problemi reali del paese, da portare a compimento (vedere anche i seguenti post: Le manfrine del Fli, Sui gonzi creduloni, Discesa in campo dei PM, e tanti altri, cui si può accedere digitanto la parola chiave che si desidera, nel rettangolino in bianco in alto a sinistra), ma visto che gli è andata male, sul desiderio di far fuori Berlusconi sui vari fronti aperti, hanno inventato il terzo polo, diventando però di fatto subalterni di altri; al che, pian piano i suoi intellettuali, non d'accordo, se ne stanno andando alla chetichella.
D'altronde, ho sempre diffidato dei grandi oratori, quelli dal cervello "finemente arguto", e Fini lo impersona bene un tal personaggio. Ha una gran parlantina, come dimostra anche nel video qui sotto; una grande padronanza della nostra lingua parlata, ma sotto sotto di sostanza ne vedo assai poca. La vetta della sua arte oratoria, l'apoteosi, l'ha toccata nel filmato da 10 minuti qui sotto, nel quale prometteva le dimissioni qualora si fosse scoperto che la casa di Montecarlo era di suo cognato. Ma le dimissioni non le ha ancora date, e, a quanto sembra, se ne guarda bene; intende starsene lì fino alla fine della legislatura!
E' strano che anche tutti gli altri del Fli, oltre agli intellettuali che invece se ne stanno rendendo edotti, non si siano ancora resi conto di essere stati manovrati per un desiderio di vendetta personale di Fini contro Berlusconi! Strano come si siano fatti manipolare così bene. A questo punto, non mi resta che ammettere che sarebbe stato molto meglio un accordo preelettorale con La Destra di Storace. In un post successivo racconterò di aneddoti riferentesi alla sua terra, il cassinate. Leggende metropolitane che sentivo raccontare quando frequentavo quella terra negli anni '70, su furberie, malversazioni, ruberie ai danni dello Stato, quando a Roma governava la vecchia DC, ed era stata fatta la legge sui trasferimenti di risorse dallo Stato ai comuni in base a quanto era stato speso l'anno precedente, più un determinato tasso di interesse per coprire l'inflazione. E il Fli è contrario alla legge sul federalismo fiscale. Anche da quelle leggende metropolitane, che ho vissuto direttamente, se ne potrebbe dedurre il perchè.


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martedì, febbraio 08, 2011

Il federalismo fiscale spiegato chiaramente

domenica, febbraio 06, 2011

Gli illusionisti

Se parlate con chi oggi ha firmato per chiedere le dimissioni di Berlusconi, e chiedete loro una motivazione plausibile e convincente del perchè abbia firmato, vi risponderà con le solite frasi fatte, fritte e stantie, con quelle frasi create ad arte dai vari leader della sinistra, ma niente di proprio e che esca come una novità dal loro cervello. E faccio l'esempio del mio comune, dove anche qui s'è firmato; e con tanto di garebo piantato sulla piazza centrale, proprio di fronte alla chiesa, quasi a voler accalappiare i fedeli che si recavano o uscivano dalle messe. Ma io è più di una volta che non vado più a messa, e non vado più in quella specifica chiesa, che sapora tanto di quel bell'antico che a me piace molto, perchè per accedervi lo potrei fare solo dalla sacrestia dove il parroco d'allora, bontà sua, aveva fatto costruire uno scivolo per le carrozzelle, che però è molto ripido e richiede forza, perizia ed attenzione per poter essere affrontato con una carrozzina manuale, e anche l'accompagnatore deve essere ben robusto, altrimenti da soli non ce la si può fare. Si da il caso che mia moglie non se la senta più di spingermi per quella ripida salita, e non sempre si può trovare un volontario pronto e disponibile per darti una mano. Per questo motivo sto rinunciando ad andare a messa. Ma c'è di più, da parecchio tempo il manto stradale del passo carraio dell'accesso alla sacrestia è dissestato; vi sono tali avvallamenti che, se presi alla sprovvista, con distrazione, senza cautele, possono provocare rovinosi rovesciamenti della sedia a rotelle. Il progetto per uno scivolo più confacente, che permetta anche l'ingresso in chiesa dal lato da dove entrano le persone senza problemi, oppure la sistemazione del manto stradale del passo carraio della sacrestia, pare siano stati chiesti dal parroco fin dal maggio 2009.
Ecco il punto: qui da noi c'è una amministrazione di sinistra, un'amministrazione i cui componenti erano oggi in piazza per chiedere le dimissioni di Berlusconi. Ebbene, traslando le piccole faccende di questo comune alle faccende nazionali, pensate che se a Roma dovesse salire un personaggio della sinistra le cose migliorerebbero? Penso proprio di no e lo deduco dall'accanimento che dimostrano di volersi sbarazzare di Berlusconi in qualsiasi maniera, lecita o non; come stanno dimostrando da 17 anni in qua, anzichè pensare ai problemi reali. Diciassette capi d'imputazione, tanti come gli anni in cui Berlusconi è al Parlamento, tutti smontati, come pure smonterà il caso Ruby. Francamente, io sono tra coloro che ne hanno le tasche piene di questa situazione in cui una fazione vuole abbattere Berlusconi con qualsiasi mezzo. E intanto i problemi reali vengono accantonati, come dimostra il caso del mio comune, dove si escogitano le possibili strategie per restare ancorati al cadreghino, e si trascurano i problemi reali. Ma, nonostante ciò, le cose a Roma si fanno, al contrario di quanto di vogliono far credere i vari Bersani, Casini e Fini, che se le inventano di tutte, alla stregua di illusionisti, pur di denigrare Berlusconi, per impossessarsi loro del potere, anche per vie non propriamente democratiche.

venerdì, febbraio 04, 2011

Italia sprecona

Se a dirlo è stato Luca Ricolfi (*), sociologo e professore ordinario presso l’Università di Torino, e nessuno dei presenti al programma Porta a Porta di ieri sera ha smentito il dato (nemmeno quelli di sinistra del PD e dell'IDV) allora è vero: le varie amministrazioni centrali e periferiche dello Stato italiano sprecano ogni anno 80 miliardi di euro in spese considerate inutili, superflue o fatte a cuor leggero. Spese e sprechi che, se evitati, risparmierebbero allo Stato italiano tre finanziarie da lacrime e sangue, consentendogli per lo meno di pagare gli abnormi interessi sul debito pubblico altrettanto abnorme. Mi stupisco allora del fatto che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano bocci il decreto sul federalismo municipale, dichiarandolo "Irricevibile"
(qui la notizia).
(*) Luca Ricolfi, simpatizzante della sinistra, è, tra l'altro, autore di un ponderoso saggio sulla Sinistra: Perchè siamo antipatici?.
Aggiornamento
A proposito di sperperi, l'amico Al mi ha mandato questa barzelletta che pubblico dietro sua richiesta, senza però assumermi la responsabilità in merito al contenuto.

Una ditta deve assumere un dipendente.
I due dirigenti preposti alla selezione, si chiedono che tipo di domande porre ai candidati.
- Io farei una domandina facile giusto per metterli a loro agio!
- Va bene... li faremo contare fino a 10!

Arriva il primo candidato. E l'esaminatore:
- Ci conti fino a 10 per favore.
- Due... quattro... sei... otto...
- Ma no... con tutti i numeri!
- Sa, io sono postino, e faccio il lato dei numeri pari, per me adesso esistono solo quelli!
- D'accordo... vada pure!

Arriva il secondo candidato.
- Ci conti fino a 10 per favore.
- Uno... tre... cinque... sette...
- Ma no... con tutti i numeri!
- Sa... sono collega di quello di prima, solo che io faccio l'altro lato della strada, quello dei dispari e per me adesso esistono solo quelli!
- Va bene, vada.

Arriva il terzo candidato.
- Per caso anche lei è postino?
- No, ci mancherebbe... io lavoro in comune!
- Oooh, meno male... ci conti allora fino a 10 per favore!
- Asso due tre quattro cinque sei sette fante cavallo e re!


 

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